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La trattativa Grecia–Ue non è un gioco
“Dilemma del prigioniero” o “gioco del pollo”? Come ha notato lo stesso ministro greco delle finanze forse la trattativa Grecia-Ue si muove verso una prospettiva pan-europea
Non si può certo esultare per il temporaneo esito di questa fase del negoziato fra Atene e “le Istituzioni europee” (ex Troika). Per quest’ultime, era intangibile il debito greco. Per Atene, era prioritario rivedere le misure di austerità. Ma le attese dell’elettorato Syriza resteranno ancora in buona parte frustrate. Prima di questo temporaneo approdo delle trattative, le mosse soprattutto linguistiche utilizzate dalle due parti avevano assunto caratteri di confronto strategico. E, considerando che Varoufakis notoriamente insegna Teoria matematica dei giochi, era prevedibile che una fitta schiera di giornalisti , economisti e politici, si sbizzarrisse nel diagnosticare quale fosse il quadro in cui la trattativa stava avvenendo; e quali fossero le scelte strategiche delle parti in campo.
Secondo alcuni (Anatole Kaletsky, ad esempio, che scrive sul Financial Times) emergeva un’ incompleta, o errata applicazione della Teoria. Varoufakis stava puntando una pistola alla propria tempia credendo che in tal modo avrebbe potuto costringere la controparte a trattare. Kaletsky considerava totalmente sbagliato e perdente l’agire del ministro. Dove, più che applicazioni della Game Theory, vedeva un oscillare tra aggressività e debolezza.
Altri opinionisti – carta stampata, web e TV - si sono impegnati invece nello spiegare al largo pubblico cosa fosse e come funzionasse il modello di gioco chiamato Dilemma del prigioniero (peraltro già piuttosto noto perfino attraverso il film su Nash). Si dava per scontato che fosse quello il quadro teorico cui ricondurre il confronto in corso. E ciò accadde anche nel mondo politico. Alcuni, come nel caso di Padoan, hanno creduto di assistere a un tentativo, peraltro non realistico e non destinato al successo, di applicare il modello in questione. Posizione parzialmente poi riveduta dal ministro nei giorni successivi all’intesa del 20 febbraio, col dichiarare che la trattativa era riuscita e che in qualche modo erano “tutti vincitori”. Più complessa l’analisi dell’economista francese Jacques Sapir, cui sembrava che Varoufakis si muovesse con l’apparente intenzione di sfidare Schäuble al gioco denominato Chicken’s Game (“Gioco del Pollo”nell’impropria traduzione italiana): due automobili lanciate una contro l’altra in un rettilineo; perde chi sterza per primo ovvero il più prudente. Se questa era la prospettiva di gioco, allora si poteva prevedere un vincitore pieno di fronte a un completo perdente. Sul rischio cui la Grecia si esponeva, inutile soffermarsi. Riguardo alla controparte, un cedimento avrebbe compromesso irreparabilmente, secondo Sapir, la credibilità tedesca , reso labile il rispetto degli impegni assunti dai debitori ; e minato la severa persuasività delle istituzioni europee. (Per inciso, su temi come la credibiltà, il rispetto degli impegni e la solvibilità, occorrerebbe non dimenticare quanti debiti mai rimborsati abbia accumulato la Germania negli ultimi cento anni; anche verso la Grecia. E ricordare che solo un decennio fa sembrò che il Modell Deutschland declinasse e che Berlino rappresentasse un problema per l’UE. )
Tornando agli ultimi giorni e riconsiderando, con Sapir, il negoziato sotto una luce diversa, si poteva supporre che Varoufakis giocasse un’altra carta ancora: quella della coercive deficiency: un modello formalizzato da Schelling, dove si teorizza che la parte svantaggiata possa tentare di vincere aggravando ulteriormente la propria debolezza; e così costringendo moralmente l’avversario a cedere. Ma già l’avverbio “moralmente” potrebbe mettere in discussione l’assunto di piena (e pari) razionalità dei giocatori. Assunto incluso istituzionalmente nelle premesse teoriche della Game Theory. Ma poi variamente declinato, per più aspetti anche trasgredito, dagli stessi studiosi della matematica dei giochi. Così come può non trovare riscontro la parità di forze tra i giocatori, assunta a livello puramente teorico. Il Chicken, per esempio, è un gioco che, pur basandosi teoricamente su una forma simmetrica, può mostrare una sostanziale asimmetria se risulta che una delle due parti è di fatto più forte; o più audace, determinata, pronta al peggio. E può dimostrarlo con un precommitment, una decisione irreversibile e credibile di andare comunque allo scontro. E’ una di quelle situazioni in cui si sceglie “razionalmente” di essere (o di mostrarsi) “irrazionali”. Ma poi ci sono molti altri modelli di gioco, su cui non è qui il momento di soffermarsi. Basterà tener presente che anche dove sembra regnare incontrastata la fredda razionalità dell’autointeresse, permane pur sempre, nell’interazione economica o politica, l’ombra dell’incertezza, dell’indeterminabilità Oppure l’appello a un interesse superiore, che supera gli interessi momentanei e particolari dei singoli attori.
Lo stesso Varoufakis, mentre la trattativa è ancora in corso, invita a non restare nel ristretto terreno dei modelli da lui stesso studiati; a non dare per scontate le ragioni particolari dei giocatori; e a prevedere che nelle deliberazioni finali, dovrebbe (e potrebbe) prendere il sopravvento un altro tipo di motivazione: quella di andare verso una prospettiva realmente pan-europea.
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