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Germania, l'altra faccia dell'intransigenza

19/05/2015

Un'analisi complessiva, sia sul fronte politico che economico, del modello tedesco lascia intravedere una Germania bifronte, certamente con molti problemi, ma anche con diversi aspetti positivi

A sinistra, ma per altri versi anche in altre aree dello spettro politico, in Italia come nel resto dell’Unione Europea, le vicende dell’euro ed ora quelle della Grecia, che vedono la Germania come araldo intransigente delle fallimentari politiche di austerità in atto nel nostro continente, hanno portato ad un marcato deterioramento dell’immagine del paese teutonico.

E certamente non si può non restare sconcertati a sentire i discorsi di uno Schauble sulla Grecia o a leggere i commenti, ancora più duri, sulla politica europea fatti da tanti economisti di quel paese, che pensano, tra l’altro, che le politiche della Merkel verso l’eurozona e, in patria, verso il mondo del lavoro, siano troppo accomodanti. E’ noto, ad esempio, che il Consiglio degli esperti economici, che fornisce pareri al governo tedesco, vede al suo interno la presenza di un solo keynesiano, Peter Bofinger, che si sente, secondo le sue stesse dichiarazioni, come una specie di ultimo mohicano.

Ma, nel criticare anche duramente, come ci sembra giusto, le posizioni del nostro vicino sulle vicende europee, bisogna, a nostro parere, fornire ogni tanto un quadro più complessivo di quel paese sia sul fronte politico che su quello economico, quadro che appare molto articolato e fa intravedere una Germania per molti versi bifronte, certamente con molti problemi da una parte, ma anche con diversi aspetti positivi dall’altra.

sul piano politico

Come suggerisce Alain Minc (Minc, 2013), la Germania può essere forse considerata, per alcuni versi, il paese più democratico d’Europa. Il Cancelliere si trova intanto a dover gestire la cosa pubblica di fronte ad un forte potere del Bundestag, che marca molto da vicino l’azione del governo. Esso deve poi ottenere su alcuni temi il via libera anche del Bundesrat, oggi dominato dai partiti di sinistra e di centro-sinistra, mentre si trova anche a governare in coabitazione. Il sistema federale concede ancora ai lander uno spazio chiave su molte materie, come l’educazione e le infrastrutture. Bisogna poi aggiungere il ruolo di tutela della Corte Costituzionale, in particolare su tutti i temi di possibile trasferimento di sovranità all’Europa. E il sistema sembra funzionare.

Nel paese è poi presente, come ci ricorda ancora Minc, una società civile molto forte e vitale. C’è una miriade di associazioni, fondazioni, gruppi vari, confessionali e non, che portano avanti un’azione importante in materia sociale, culturale, morale. Esse hanno così pesato molto, a suo tempo, nell’ascesa del movimento pacifista. I media hanno infine una rilevante indipendenza dal mondo politico ed economico.

La dialettica tra società civile e politica appare un elemento chiave della democrazia tedesca.

Niente a che fare su questi fronti, ad esempio, con la linea attuale del nostro governo, che spinge semmai ad accentrare nelle mani del presidente del consiglio una quantità esorbitante di poteri, senza adeguati bilanciamenti, mirando anche alla sostanziale disarticolazione della società civile.

Ovviamente, poi bisogna considerare che fanno da contropartita a questi aspetti le strategie basate su di una politica di austerità e di stretto equilibrio di bilancio, con le durissime mosse imposte in tale quadro ai paesi in deficit. Ricordiamo soltanto, a questo proposito, che la Germania, per la sua potenza economica e la sua stabilità politica, si è trovata, forse senza auspicarlo, a guidare di fatto l’Europa, compito cui il paese e la sua classe dirigente non erano preparati; il problema è quello che essa non ha idee adeguate per aiutare a spingere nella giusta direzione il continente e questo non può che incidere molto negativamente sulle prospettive della stessa Europa e dell’eurozona.

sul fronte economico

Anche in questo caso appaiono abbastanza evidenti diversi elementi positivi del modello tedesco. Ne ricordiamo solo alcuni.

I rapporti di forza tra capitale industriale e capitale finanziario in Germania sembrano quasi rovesciati rispetto agli altri paesi occidentali. Il sistema finanziario appare strutturalmente debole, con una sola banca, la Deutsche Bank, veramente forte, ma distratta dalle sue attività mondiali; il resto del sistema ha grossi problemi. Anche nel settore assicurativo abbiamo una situazione simile. Da tempo è stato poi molto ridimensionato l’intreccio azionario tra banca e impresa che ha caratterizzato a lungo il modello tedesco.

Al centro del sistema c’è invece un settore industriale sostanzialmente sano, tra l’altro poco incline, oltre che ai giochi finanziari e a quelli di borsa, alle manipolatorie tecniche di marketing o a quelle della comunicazione; esso basa la sua forza quasi esclusivamente invece sulla qualità delle sue produzioni, su di una specializzazione verso dei segmenti alti di mercato, che permettono di pagare dei salari relativamente alti ad una manodopera molto qualificata.

Un’altra caratteristica che vogliamo sottolineare è la decisa riconversione energetica. In quindici anni il paese ha portato circa il 30% della sua produzione di energia elettrica verso le tecnologie del solare e dell’eolico, dando un grande contributo alle questioni del clima del pianeta (Friedman, 2015), fornendo anche una grande spinta all’industria relativa, spingendo in basso i costi di produzione del settore, oggi competitivi con quelli delle produzioni tradizionali.

Su di un altro fronte, il paese sembra riuscito a ottenere il quasi pieno impiego senza inflazione.

Ma qui cominciano, come è noto, anche i problemi. Un’analisi del mercato del lavoro tedesco non può che ricordare anche la riforma avviata nel 2003 dal governo Schroeder. Con essa si è registrata la creazione dei cosiddetti minijob, che oggi interessano 7,5 milioni di persone e, più in generale, la precarizzazione e la liberalizzazione dei rapporti di lavoro. La riforma ha avuto delle conseguenze negative sul tessuto sociale del paese, mentre è aumentato il numero dei cittadini che vive sotto la soglia della povertà e si sono incrementate in misura rilevante le diseguaglianze dei redditi.

Al centro delle debolezze prospettiche del paese c’è poi l’invecchiamento della popolazione; vi si registra un tasso di natalità tra i più bassi del mondo. Sino ad oggi il colpo è stato sostanzialmente parato con l’immigrazione, ma ora sembra sorgere una crescente opposizione dell’opinione pubblica sul tema.

Intanto la specializzazione internazionale delle sue produzioni potrebbe non essere una rendita eterna; tra l’altro, i cinesi stanno già risalendo diverse delle filiere produttive del paese, mentre, per altro verso, la dinamica del commercio internazionale sta rallentando fortemente.

La possibilità di una politica rivolta a spingere molto di più sulla crescita del mercato interno invece che sulle esportazioni continua ad essere respinta dai gruppi dirigenti del paese. Così, tra l’altro, la Germania sta investendo meno dei suoi vicini europei. Gli investimenti privati sono scesi di 7 punti percentuali sul pil negli ultimi venti anni, mentre quelli nelle infrastrutture pubbliche sono il 30% al disotto della media Ocse. Qualcuno ha calcolato che sarebbero necessari ogni anno stanziamenti aggiuntivi di 80 miliardi di euro per recuperare il ritardo.

l’anima buona e quella cattiva

In un suo lavoro teatrale, L’anima buona di Sechuan, Bertolt Brecht presenta due personaggi apparentemente molto diversi, Shen Te, donna buona e caritatevole con il prossimo e Shui Ta, suo cugino, invece cattivo e molto duro. In realtà poi si scopre che di tratta di una sola persona, che si traveste per assumere di volta in volta i due ruoli al fine di difendersi da un mondo troppo impegnativo altrimenti da gestire.

Senza portare molto avanti, anche per mancanza di spazio, il confronto tra i personaggi di Brecht e la posizione bifronte della Germania, non si può negare che ci siano alcune relazioni tra il paese buono e quello cattivo. Così, ad esempio, il salvataggio portato avanti a suo tempo da parte della UE delle finanze greche e di quelle spagnole è stato governato soprattutto in modo tale da far rientrare le banche tedesche che avevano fatto dei prestiti incauti ai due paesi. D’altro canto, il lavoro precario e malpagato sta infiltrandosi in vari modi anche nei settori di punta del made in Germany, già caratterizzati da una politica di alti salari, mentre si deve registrare una incapacità del paese di valutare gli effetti perversi a livello internazionale delle politiche che portano invece conseguenze virtuose all’interno.

conclusioni

E’ almeno da qualche secolo che in Europa la Germania appare un paese certamente molto ingombrante, ma comunque imprescindibile per qualsiasi decisione di rilievo a livello continentale.

Le politiche portate avanti dall’attuale governo tedesco per quanto riguarda l’Europa appaiono inaccettabili e quindi vanno certamente per quanto possibile combattute; in questo momento il sostegno all’attuale governo greco appare un aspetto importante di tale lotta. Ma bisogna combattere avendo ben presente la situazione complessiva del paese, paese che certamente non ha solo una presenza negativa in Europa e nel mondo.

A nostro parere, in termini generali, il problema fondamentale che a questo proposito abbiamo di fronte non è tanto quello di evitare di avere un’Europa tedesca, ma quello di cercare di spingere tale paese in direzione di un rilevante cambiamento in alcune delle sue strategie; senza tale cambiamento e senza una spinta adeguata verso la costruzione di un’Europa politica, il nostro continente appare probabilmente destinato a soccombere.

 

Testi citati nell’articolo

-Friedman T., Germany, the green superpower, www.nytimes.com, 6 maggio 2015

-Minc A., Vive l’Allemagne!, Grasset, Parigi, 2013

 


 


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