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La scommessa rosso-verde

06/06/2014

I rossi e i verdi/ La strada per cambiare l'Ue passa da una cooperazione tra le forze rosso-verdi del nuovo Parlamento e da un superamento delle divergenze. A partire da quelle su debito e unione bancaria. Parla Sven Giegold, eurodeputato e capolista dei Verdi in Germania

«Questione ecologica e uguaglianza sociale sono strettamente intrecciate»: non ha dubbi Sven Giegold, eurodeputato 45enne, capolista dei Verdi in Germania alle elezioni del 25 maggio. Esponente della sinistra del partito, Giegold è stato nella scorsa legislatura uno dei principali avversari del Trattato di libero scambio Usa-Ue (Ttip).

Quali sono le priorità del gruppo verde nel nuovo Europarlamento?

Dopo l'avanzata degli antieuropeisti, serve un profondo rinnovamento dell'Ue, sul terreno democratico ed economico. Per questo ci proponiamo come megafono dei movimenti civici che si battono per l'ambiente e i diritti: l'Ue deve rispondere ai bisogni delle persone, non delle lobby. E chiediamo investimenti in settori come la difesa del clima, l'efficienza energetica, la formazione, e tutto ciò che può condurre a far crescere l'occupazione: se perdura lo status quo, aumenterà l'antieuropeismo.

A proposito di economia, come giudica il «piano Marshall» della Confederazione europea dei sindacati?

Sull'idea di fondo siamo d'accordo: noi parliamo di «green new deal», un pacchetto di investimenti a tutela dell'ambiente e per promuovere la giustizia sociale. C'è affinità con il piano dei sindacati, ma pensiamo che per finanziarlo non serva generare nuovo debito pubblico, perché abbiamo ricchezza privata sufficiente in Europa, anche in Paesi come Italia e Grecia: si tratta solo di tassarla adeguatamente.

Quale spazio d'intesa vede fra il suo gruppo e quello della Sinistra unitaria (Gue), dove siedono le forze del partito della Sinistra europea di Alexis Tsipras?

Sulle politiche sociali c'è la possibilità di un lavoro comune. Occorre però chiarire alcune cose. A proposito del tema del debito, io penso che un limite alla sua crescita ci debba essere: il mondo occidentale vive in un'enorme bolla di ricchezza privata e debito pubblico, e la finanza è totalmente sovradimensionata. Per questo siamo contrari a far crescere ancora la bolla del debito: su questo punto c'è una divergenza con il Gue. Ma la differenza principale è un'altra: il Gue si è sempre opposto ai passi concreti per rafforzare l'integrazione europea. Un esempio concreto è il «no» all'unione bancaria, alla quale noi Verdi siamo invece favorevoli, perché significa mettere sotto il controllo pubblico le grandi banche nazionali.

La Sinistra europea (Se) dice: «più Europa va bene solo se vuol dire più democrazia». È sbagliato?

Anche noi vogliamo un'Europa più democratica. Per capire le differenze fra noi e la Se occorre restare sul terreno delle misure concrete: sull'unione bancaria, «più Europa» ha significato anche «più democrazia». Il gruppo Gue ha votato contro, non cogliendo il grande significato di questo passo in avanti, ma concentrandosi su dettagli.

Sulle questioni economiche un punto che vi divide dall'«area Tsipras» è anche il giudizio sul Fiscal compact: in Germania il suo partito l'ha votato, così come ha sostenuto tutti i cosiddetti «piani di salvataggio» della Grecia. La vostra posizione non è in contraddizione con la lotta all'austerity?

Occorre distinguere i piani. Sul Fiscal compact le do ragione: al Bundestag avremmo dovuto votare contro. Era la posizione che sostenevo e ho dato battaglia nel partito, ma ho perso e ha prevalso (di poco) un'idea diversa dalla mia. Attenzione, però: se in Germania è stata fatta una scelta sbagliata, nell'Europarlamento i Verdi hanno votato contro il Fiscal compact. Sui «piani salva-stati», invece, penso che abbiamo fatto la scelta corretta: li abbiamo sostenuti, pur riconoscendone le criticità, perché in Germania la divisione fondamentale era tra chi voleva aiutare la Grecia e chi l'avrebbe lasciata crollare. Faccio notare che la maggioranza dei tedeschi era contraria agli aiuti: se fosse finita così, probabilmente sarebbe stata la fine della moneta unica. Vorrei che fosse chiaro: in Germania la discussione purtroppo non era sulle condizioni del «salvataggio», ma sull'opportunità di aiutare il Sud Europa oppure no. Solidarietà contro egoismo.

Nonostante le differenze fra il gruppo verde e il Gue, l'unica possibilità che abbiamo per cambiare l'Ue – a partire dai trattati – passa innanzitutto da una cooperazione tra queste forze, non trova?

Certamente la cooperazione è necessaria, ma per fortuna nell'Europarlamento ci sono geometrie variabili: una situazione che, rispetto ad un rigido schema maggioranza-opposizione, rende più facile influenzare i contenuti delle norme. Quindi non si deve immaginare una coalizione stabile, ma una collaborazione sui temi: Verdi, Gue e socialdemocratici sono uniti sull'Europa sociale e sugli investimenti sostenibili nell'economia. Sull'aumento della democrazia nella Ue cominciano i problemi, perché nel Gue ci sono alcune forze che pensano alla democrazia solo in termini nazionali. Quanto ai trattati, il cambiamento che anche noi vogliamo è possibile solo con larghe maggioranze, nel Consiglio e nel Parlamento: servono compromessi, che non sempre il Gue è disposto ad accettare. Piaccia o no, se vogliamo cambiare le cose non abbiamo alternativa: o siamo disposti a fare accordi, o tutto resterà com'è. E questo vale anche per il debito di Paesi come la Grecia: noi Verdi tedeschi siamo al fianco del popolo greco, ma pensiamo che non servano le azioni unilaterali, ma le soluzioni condivise.

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