Home / Archivio / europa / Il Portogallo risorge, ma la gente vive peggio

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Archivio

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

Il Portogallo risorge, ma la gente vive peggio

18/04/2014

Le pagine della crisi/Il programma di aiuti della troika sta finendo, ma si pensa a un'assistenza «cautelare». Per governo e Ue c'è la ripresa, ma l'indice di benessere è crollato

Sono passati quasi tre anni da quando il Portogallo era costretto a chiedere un finanziamento esterno a Fmi, Ue e Bce. Da allora molte cose sono cambiate, prima di tutto i protagonisti: il primo ministro socialista José Socrates è stato sostituito dal conservatore Pedro Passos Coelho, al Fmi Christine Lagarde ha preso il posto di Dominique Strauss-Kahn e all'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem è subentrato a Jean-Claude Junker. Ad accrescere una certa sensazione di distanziamento rispetto ad un passato che per quanto vicino appare oggi già molto distante, il rimpasto di due tra i principali protagonisti dell'attuazione del Memorandum stilato con la Troika: il ministro delle Finanze, Vitor Gaspar, nominato direttore del Dipartimento affari fiscali del Fmi, e Alvaro Santos, ex ministro dell'Economia, passato all'Ocse.

Anche il programma di assistenza è in dirittura d'arrivo, quindi molto presto Lisbona dovrà tornare a finanziarsi interamente sui mercati, così come successo pochi mesi fa all'Irlanda. Tuttavia sono in molti a nutrire dei dubbi sulla possibilità concreta che ciò accada. Un'ipotesi alternativa vorrebbe che, almeno per i primi mesi, il ritorno a una libera contrattazione si accompagni a un ulteriore programma di assistenza "cautelare", di cui però non sono chiari né i termini né le condizioni.

Su cosa succederà a giugno è quindi difficile fare previsioni, soprattutto perché, nell'imminenza delle elezioni europee, governo e Commissione europea si guardano bene dal diffondere cattive notizie. Al momento si preferisce dare risalto ai dati positivi che un "miracoloso" quarto trimestre del 2013 ha rivelato sia sul versante del Pil, che cresce dell'1,6%, che sul fronte dei consumi, + 1,7%. Nel 2013 ad aumentare è stata anche la produzione industriale, +7,5%, la popolazione occupata, +30 mila unità, e il rapporto tra esportazioni e importazioni, pur ancora negativo, passato da -2,8 a -2,5 miliardi di euro.

Eppure, lo scenario reale ha un che di inquietante: il debito pubblico è passato dal 100% al 130% del Pil con conseguente aumento della spesa con i tassi di interesse (da 4,8 miliardi nel 2010 a 7,2 nel 2012). Un debito considerato insostenibile da una settantina di personalità di tutti i quadranti politici, che hanno diffuso un manifesto nel quale la questione della ristrutturazione è collocata in modo esplicito. Infatti, a fronte di una crescita delle spese con i tassi di interesse, la spesa pubblica è complessivamente scesa di 11 miliardi (da 89 miliardi nel 2010 a 78 nel 2012). La differenza è chiaramente data dai tagli allo stato sociale, alle pensioni, alla funzione pubblica e alle sue remunerazioni, che hanno subito un drastico e costante ridimensionamento (taglio diretto, aumento dell'Irpef e aumento dei contributi previdenziali).

Il cambiamento nelle condizioni materiali di vita è stato registrato dall' Instituto Nacional de Estatística, che annualmente pubblica un indice di benessere. Pari a 100 il valore iniziale nel 2004, nel 2012 questo è sceso a 85. Particolarmente colpito è l'indice relativo a «lavoro e reddito», precipitato a quota 70. Anche la sperequazione della ricchezza è tornata a crescere, passando dal 33,7 al 34,5 dopo che nel quinquennio precedente aveva riscontrato una evoluzione negativa di circa 4-5 punti percentuali. Così non stupisce che anche sul versante dell'indice di sviluppo umano stilato dall'Onu il Portogallo subisca un arretramento dalla 40º alla 43ª posizione, avvicinandosi pericolosamente alla serie B dei paesi più sviluppati.

I sondaggi indicano un momento di bonaccia. Alle elezioni amministrative del 2013 il Partido Social Democrata (Psd) e il Centro Democrata Social (Cds) avevano ottenuto poco più del 34%. Ora sono accreditati di un 37% che permetterebbe loro di evitare una pesante sconfitta alle prossime europee e garantirsi un qualche margine di successo per le prossime politiche del 2015. I movimenti nati in concomitanza delle primavere arabe e che tanta speranza avevano suscitato parrebbero scomparsi dalla scena. All'orizzonte non si scorgono formazioni capaci di impensierire più di tanto l'equilibrio che dalla Rivoluzione dei Garofani regge il paese e che vede nell'alternanza al governo tra il Partido Socialista , da un lato, e il Psd e il Cds dall'altro, ma manca ancora un anno e il futuro è gravido di incognite.

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti