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Imprese e Ue sotto processo multinazionale
Imprese transnazionali e diritti: una sentenza del Tribunale dei popoli condanna l’Ue, gli stati membri e quelli sudamericani per non aver protetto i propri cittadini
Chi fosse interessato a comprendere in che modo le politiche attuate dalle imprese transnazionali europee e dall'Unione europea si traducono in violazioni dei diritti umani, può trovare un'analisi dettagliata e approfondita nell'ultima sentenza del Tribunale permanente dei popoli, che è il risultato dell'intenso lavoro dell'udienza svoltasi a Madrid nel mese di maggio scorso. Questa rientra nel percorso inaugurato a Vienna nel 2006 e proseguito a Lima nel 2008, in occasione dei quali il Tpp ha analizzato e qualificato giuridicamente gli impatti che le politiche promosse dal modello economico neoliberale e l'operato di numerose imprese transnazionali europeee hanno sul diritto dei popoli. In entrambi gli incontri, il Tribunale ha potuto contare su note personalità del campo giuridico, economico, sociale e politico; sulla testimonianza dei rappresentanti della Rete Enlazando Alternativas - composta da una pluralità di attori sociali, Ong, movimenti, sindacati, comunità contadine e indigene, vittime invisibili della logica dello sviluppo senza popoli – e su un lungo percorso di approfondimento della dialettica tra diritto dei popoli ed economia iniziato negli anni ‘90 (le sentenze sono consultabili su www.internazionaleleliobasso.it). L’udienza di Madrid ha segnato un passo importante nell'analisi della struttura politica, finanziaria e giuridica dell'Unione europea. L’insieme dei casi presentati, che hanno coinvolto tutti i settori di sfruttamento delle risorse, ha ricostruito il sistema di permissività, illegalità e impunità in cui si muovono le imprese e il ruolo svolto dalle politiche istituzionali delle banche multilaterali di sviluppo (Banca interamenricana di sviluppo, Banca mondiale, Banca europea per gli investimenti), dalle istituzioni finanziare internazionali, come il Fondo monetario internazionale, e dalle istituzioni come l’Unione europea. Con gli Accordi di associazione, gli accordi di promozione degli investimenti e i trattati di libero commercio, l’Unione europea ha scelto di utilizzare le imprese come attori principali della sua espansione economica e della sua capacità competitiva a livello globale, promuovendo in questo modo un preciso modello e una specifica concezione dello sviluppo. Durante la sessione, è stato ampiamente dimostrato che attraverso i trattati di libero commercio, l’Unione europea garantisce libertà di movimento agli investimenti, favorendo parallelamente politiche di drastica riduzione delle spese sociali e di privatizzazione dei servizi pubblici essenziali.
Le conseguenze della supremazia data alla crescita economica e all’irrazionalità che regola i meccanismi finanziari sono drammatiche: il Tribunale ha registrato un aumento delle disuguaglianze, della povertà, della discriminazione e una limitazione alle possibilità di accesso ai diritti umani fondamentali per gran parte della popolazione di questi paesi.
I dati raccolti dal Tribunale si pongono, dunque, in evidente contraddizione con i principi che hanno ispirato la costituzione dell’Unione europea, tradizionalmente vincolata al rispetto dei diritti umani: sono i principi espressi nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e quelli contenuti nell’articolo 10A del Trattato dell’Unione Europea, modificato dal Trattato di Lisbona, che stabilisce che l’azione dell’Unione a livello internazionale deve reggersi sui principi di democrazia, di stato di diritto, sull'universalità e indivisibilità dei diritti umani e le libertà fondamentali. Se da un lato, il Tribunale ha constatato ancora una volta la fragilità del diritto internazionale dei diritti umani e l’inconsistenza giuridica della responsabilità sociale corporativa (che è volontaria, unilaterale e giuridicamente non vincolante), dall'altro, ha verificato il consolidamento in atto della lex mercatoria e del potere delle imprese. Scegliendo la via del mercato, l’Unione europea non si è di fatto opposta formalmente alle regole della crescita senza limiti e alle sue conseguenze.
Per queste ragioni, il Tribunale ha dichiarato che l’Unione europea, gli Stati membri e quelli sudamericani non hanno adempiuto agli obblighi di protezione dei diritti dei loro cittadini dinanzi alla condotta delle imprese, che hanno favorito attraverso la concessione di licenze, la flessibilizzazione di norme a livello lavorativo, ambientale e tributario. Il Tribunale ha riconosciuto la loro complicità nel peggioramento della qualità della vita di numerose comunità del continente, per averle private delle risorse necessarie per una vita dignitosa, e nell'aver favorito il reiterarsi di casi di violazioni dei diritti umani da qualificarsi come crimini contro l’umanità. Nel lungo elenco di raccomandazioni e misure individuate dal Tribunale, si possono citare in maniera esemplificativa la creazione, da parte del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, di un Codice di condotta obbligatorio per le imprese transnazionali; l’ampliamento della competenza della Corte Penale Internazionale; la creazione di un Centro di valutazione degli impatti delle imprese transazionali in ambito europeo. Il Tribunale ha ritenuto imprescindibile e urgente chiedere alle istituzioni europee di modificare la Direttiva 2004/35/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea del 21 aprile 2004 sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale; di eliminare le patenti sulle medicine generiche e di sospendere tutti i progetti da realizzarsi su erritorio indigeno e quelli per cui già si prevedono impatti negativi sulle vite delle persone e dell’ambiente. Tra le raccomandazioni si legge anche quella della protezione delle vittime e dei testimoni che, nel linguaggio del Tribunale, corrisponde all'obbligo di restituzione della loro identità di vittime, della dignità e titolarità dei diritti che gli sono stati negati.
In allegato, la sentenza del Tribunale (in spagnolo)
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