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Perchè il futuro sarà rinnovabile

13/06/2015

Il grande freddo/La copertura entro la metà secolo del 100 percento della domanda elettrica con le rinnovabili orienterà le strategie di un numero crescente di paesi. Ma non sarà un processo inerziale: occorrono scelte politiche forti, che forse verranno dopo la Conferenza di Parigi

Le rinnovabili diventeranno centrali negli scenari energetici mondiali, ma il percorso per arrivare ad un loro ruolo egemonico va studiato con intelligenza perché sono ancora molti gli ostacoli da superare.

Questa evoluzione sarà più facile nella generazione di elettricità, considerato che quella “verde” diventerà meno cara dei kWh delle centrali termelettriche in un numero crescente di paesi. Se oggi questo è vero solo per alcune realtà, come in Brasile e in Cile, dal prossimo decennio il minor costo delle rinnovabili porterà benefici economici ad una larga parte dell’umanità oltre a limitare i rischi di un catastrofico cambiamento del clima.

Ma, se si amplia lo sguardo all’insieme dei combustibili fossili, la situazione appare più complessa. Gli investimenti mondiali indirizzati verso carbone, petrolio e gas sono ancora più che doppi (oltre 1 triliardo $) rispetto a quelli delle rinnovabili e dell’efficienza. Se non si riescono a modificare le strategie degli stati produttori e delle multinazionali, che imperturbabili vogliono continuare l’esplorazione dell’Artico o lavorare le sabbie bituminose, l’obiettivo dei 2 °C non sarà raggiunto. Da qui l’importanza del movimento “Divest Fossil” che sta iniziando ad ottenere risultati anche in Europa.

Ma facciamo un passo indietro per capire come si sia avviata la corsa delle rinnovabili elettriche e valutare quali potranno essere le evoluzioni future.

Le sorprese della storia

Si parla spesso in Europa di incentivi eccessivi, sfuggiti al controllo dei governi. Certamente, se solo fosse stata prevista la chiusura di molte centrali e la crisi delle utility, le istituzioni avrebbero gestito in modo molto diverso il sostegno alle rinnovabili.

Una crescita “controllata” avrebbe limitato gli incrementi delle bollette, ma la diffusione del solare e dell’eolico sarebbe stata modesta, con il risultato che i prezzi di queste tecnologie sarebbero oggi ancora elevati. In sostanza, è stata la sorpresa del crollo dei prezzi a spiazzare le politiche energetiche determinando la diffusione su larga scala e cambiando il paradigma della produzione centralizzata del secolo scorso.

E’ vero però che il peso del cambiamento è stato sostenuto solo da alcuni paesi, mentre ora i bassi prezzi avvantaggiano tutto il mondo, ad iniziare da quella fetta di umanità, 1,3 miliardi di persone, priva di energia elettrica che avrà accesso a questo servizio in tempi molto più brevi di quanto stimato solo qualche anno fa.

Ma va detto che i paesi che hanno svolto il ruolo di apripista avrebbero potuto capitalizzare meglio il loro impegno. Ad esempio, avviando una sinergia europea sul versante produttivo in grado di fronteggiare l’ondata asiatica delle tecnologie.

I drivers del prossimo sviluppo delle rinnovabili

Proprio i paesi di frontiera, come Germania, Italia, Danimarca, Spagna, adesso devono affrontare nuove sfide. Si tratta infatti di governare l’ulteriore crescita delle rinnovabili e di trasformare la rete.

Il contesto è però molto diverso rispetto allo scorso decennio. Da un lato pesa l’incidenza degli incentivi sulle bollette. Dall’altro le utility oscillano tra la difesa del ruolo delle proprie centrali e la necessità di cambiare il modello di business proprio a favore delle rinnovabili, dell’efficienza e delle soluzioni smart.

Possiamo immaginare che all’attuale periodo di transizione, caratterizzato da un rallentamento delle installazioni, seguirà una ripresa finalizzata al raggiungimento di obiettivi ambiziosi imposti dall’accentuarsi della crisi climatica. La copertura entro la metà secolo del 100% della domanda elettrica con le rinnovabili orienterà infatti le strategie di un numero crescente di paesi.

Ma occorre avere una visione che vada oltre la generazione elettrica (come ha già fatto la Danimarca, vedi l’approfondimento nel libro 2 °C).

Un aiuto alla decarbonizzazione delle economie verrà dallo sviluppo della mobilità elettrica, destinata a esplodere alla fine del decennio, che consentirà di ridurre la dipendenza dal petrolio.

La diffusione delle tecnologie verdi sarà certamente facilitata dal calo dei prezzi che, nel caso del fotovoltaico, porterà ad un ulteriore dimezzamento entro il 2025. Ma le evoluzioni future in questo settore dipenderanno soprattutto dalle modalità con cui verranno trasformate le regole del mercato elettrico.

Le rinnovabili elettriche si sono imposte grazie ad una “forzatura”. Adesso si deve accelerare la sostituzione dei combustibili fossili anche negli altri ambiti, occorre preparare la prossima ondata. Le tecnologie verdi si imporranno perché ambientalmente più sostenibili, più resilienti, più efficaci per la sicurezza e, infine, anche più economiche.

Ma non sarà un processo inerziale. Occorrono scelte politiche forti, che forse verranno dopo la Conferenza di Parigi. Ad esempio, con l’adozione nel medio periodo di una seria carbon tax. E si dovrà invertire l’attuale rapporto degli investimenti, con l’accoppiata rinnovabili+efficienza in grado di raccogliere il doppio delle risorse destinate ai fossili. La campagna per disinvestire da carbone, petrolio e gas, che recentemente ha visto scendere in campo anche l’autorevole giornale The Guardian, potrà facilitare questo progressivo spostamento degli interessi.

 

 

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