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Biodiversità per sopravvivere

28/03/2014

Cambio di stagione/Il vecchio continente perde 450 milioni all'anno per la distruzione dell'ecosistema. Nonostante le norme all'avanguardia

La perdita di biodiversità è una crisi silenziosa in tutto il mondo che si riflette sul nostro futuro, portando già oggi ad un depauperamento progressivo di quello che la natura ci offre (acque dolci, mari, foreste, ecc.) in servizi ecosistemici , che bisogna rendere finalmente visibili nel calcolo della ricchezza nazionale, come auspica il Programma internazionale Teeb (The economics of ecosystems and biodiversity). Proprio nell'ambito del Programma Teeb è stato calcolato che il 3% del Pil globale all'anno viene perduto a causa della distruzione della biodiversità. Per l'Unione europea questa perdita ammonta a 450 milioni di euro l'anno.

La sfida per l'Europa nel contrastare queste tendenze, secondo il Wwf, deve partire dalla Rete Natura 2000, il network dei siti naturali protetto ai sensi delle Direttive comunitarie "Habitat" e "Uccelli", che copre il 18% dell'intero territorio europeo. Destinare risorse economico-finanziarie per passare ad una gestione attiva della Rete Natura 2000 è fondamentale, quando si pensi che già oggi i benefici economici derivanti dall'esistenza di questo network sono valutabili in 300 miliardi di euro l'anno (dati Ce) e che più in generale i posti di lavoro che sono garantiti dai servizi ecosistemici e dalla tutela della biodiversità è stimato in 14,6 milioni.

In 20 Stati dell'Unione il Wwf ha avviato la campagna "Creare una nuova Europa per il Pianeta", con la quale chiede innanzitutto ai candidati all'Assemblea di Strasburgo di contrastare il declino della rete di aree protette europee, rafforzando la legislazione comunitaria e destinando fondi che derivano anche dalla Politica agricola comune e dalla Politica regionale di coesione; dare attuazione a quanto previsto dalla Strategia europea sulla biodiversità, cogliendo l'occasione fornita dalle verifiche di medio termine previste nel 2014-2015; aumentare i contributi comunitari per bloccare o ridurre la perdita di biodiversità nel mondo.

Ma c'è un obiettivo politico-istituzionale più generale che si ottiene con questo impegno sul tema della biodiversità (come su quello delle scelte energetiche e climatiche) ed è la difesa del primato mondiale dell'Europa per aver creato in questi ultimi trent'anni un sistema di normative e regolamenti in campo ambientale tra i più avanzati su scala globale. Sistema che va conservato e rafforzato, visto che è sottoposto a continui attacchi delle lobby economico-finanziarie speculative e d'interessi anche illegittimi che lo vogliono indebolire e in alcuni casi anche smantellare.

Nel contesto europeo, è bene ricordare che l'Italia è un paese ricchissimo di biodiversità. Rispetto al totale di specie presenti in Europa, nel nostro Paese si contano oltre il 30% di specie animali e quasi il 50% di quelle vegetali, su di una superficie di circa 1/30 di quella del continente. Complessivamente il 12% del territorio italiano è tutelato da aree protette, in linea con gli obiettivi delle convenzioni internazionali, mentre il 21% del paese rientra nella Rete Natura 2000.

Il nostro Paese ha quindi una grande responsabilità nei confronti della tutela attiva di un bene comune qual è la biodiversità visto lo stato di deterioramento progressivo della Rete Natura 2000, assediata dall'espansione edilizia incontrollata e dallo sviluppo non programmato delle infrastrutture, e per dare attuazione alla Strategia nazionale della Biodiversità, a cui sinora non è stato destinato un soldo. Ciò succede mentre il Wwf segnala che il 31% dei vertebrati in Italia ancora oggi è a rischio estinzione o che habitat fondamentali quali le zone umide e i sistemi dunali costieri e le stesse aree golenali dei fiumi, tranne in rari casi, sono stati cancellati nella geografia del Paese da anni di dissennato cannibalismo del grigio sul verde, rubandoci il passato e non dando alcuna garanzia per il futuro.

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