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I numeri della Grecia

18/02/2015

E così anche l’incontro dell’eurogruppo sulla Grecia dello scorso lunedì è andato male. Il giorno dopo la borsa perde qualcosa e lo spread sale ancora. Gli organismi europei, guidati dalla Germania, sembrano riluttanti ad ammettere il fallimento delle loro strategie di austerità e ad aprire nuove vie

Trattative sono in corso e un nuovo incontro è previsto per venerdì, ma le prospettive appaiono incerte. Possiamo soltanto analizzare i punti del contendere ed ipotizzare delle possibili soluzioni.

La liquidità

Quanto tempo abbiamo prima che la Grecia entri in default? Il governo afferma di avere liquidità ancora per alcuni mesi, ma i funzionari europei pensano che i soldi potrebbero finire entro marzo; ciò significa comunque che c’è qualche settimana di respiro per mettere a punto un’intesa.

In ogni caso, in marzo la Grecia dovrebbe versare al Fondo 1,4 miliardi di euro e 3,5 miliardi di euro in giugno. Sino alla fine dell’anno il paese dovrebbe pagare 22,5 miliardi a vari organismi. Senza tali pagamenti verrebbe dichiarato il default del paese.

Intanto le banche registrano un costante ritiro di denaro da parte dei depositanti; ma l’estensione di credito per altri 5 miliardi di euro da parte della BCE permette forse di avere un certo respiro. Sui crediti di emergenza (Ela) destinati dalla BCE alle banche sarà comunque detta una parola importante oggi.

A fronte degli impegni finanziari sopra ricordati, l’Europa ha offerto con sconcertante insistenza l’estensione per qualche mese del programma di bailout, programma che scadrebbe a fine febbraio, con il possibile versamento di ulteriori 7,2 miliardi. Ma il nuovo governo non vuole più sentire parlare di troika e rifiuta quindi l’idea. Esso chiede invece la possibilità di emettere Buoni del Tesoro per 10 miliardi, nonché di ottenere, come da precedenti promesse, i 1,9 miliardi di profitti fatti dalla Bce sui bond greci; questo a parte le eventuali necessità del sistema bancario.

Si tratterebbe di un programma di emergenza in attesa di concordare un piano alternativo. Ma l’accettazione dell’impostazione greca significherebbe per i tedeschi riconoscere che i precedenti programmi di austerità sono falliti, conclusione difficile da ingoiare.

Si potrebbe quindi o trovare un compromesso tra le due impostazioni o aprire una discussione su di un terzo piano di aiuti, del tutto nuovo, le cui caratteristiche sono difficili da determinare. Ma, in questo ultimo caso, si tratterebbe di una lotta disperata contro il tempo.

I debiti

Il totale del debito pubblico è di circa 321 miliardi di euro, pari al 177% del pil. Circa l’80% di esso è detenuto da organismi della zona euro: per 25 miliardi dalla Bce, per 142 dal Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità), per 53 miliardi da parte degli altri paesi dell’area e ancora per 32 dal Fondo Monetario; il rimanente 20% è sul mercato.

Da tempo però tutti sanno che la Grecia non riuscirà mai a ripagare il suo debito e quindi, riconoscendo la realtà, sono state a due riprese allungate le scadenze e ridotti gli interessi per i fondi Mes e per quelli posseduti dai vari paesi. Il debito nominale è rimasto lo stesso di prima, ma nella sostanza gli è stata data una sforbiciata, secondo la ben nota formula dell’extend & pretend (allunga le scadenze e fai finta che nulla sia cambiato). Alla fine il carico del debito nel bilancio pubblico per molti anni si limiterà alle obbligazioni possedute dalla BCE, dal fondo monetario e dai privati.

Si potrebbe ora arrivare ad una nuova ristrutturazione: Syriza chiede che i prestiti europei siano indicizzati alla crescita dell’economia e che le obbligazioni detenute dalla BCE siano sostituite da titoli perpetui nei quali, nella sostanza, si pagano solo gli interessi. Il 20% circa posseduto dai privati non sarebbe in alcun modo toccato.

Forse, sorprendentemente, questo appare il tema su cui è più facile trovare un accordo.

Il surplus di bilancio

Secondo i piani della troika, per ripagare i debiti la Grecia dovrebbe mantenere, a partire dal 2016, un surplus annuo di bilancio pari al 4,5% (per il 2015 era richiesto “solo” il 3%), ciò che equivarrebbe a far morire di fame i greci per una o due generazioni. Ma come è possibile che dei politici e degli economisti esperti siano arrivati a tali richieste?

Syriza chiede che il surplus sia ridotto all’1-1,5%, ciò che permetterebbe di portare avanti una parte almeno del programma elettorale e puntare ad una ripresa dell’economia in qualche modo trainata dai consumi.

La ridiscussione del programma

Il nuovo governo accetta di avallare il 70% di quanto concordato dal precedente governo, ma di cambiare la parte restante con delle nuove misure, studiandole con l’Ocse.

Tra l’altro, la troika aveva imposto un vasto programma di privatizzazioni. Il nuovo governo lo aveva bloccato. Ma ora esso dovrà forse accettare qualche compromesso sul tema, dal momento anche che i principali beneficiari ne sarebbero Cina e Russia, paesi coinvolti su molti dei progetti di sviluppo del paese.

Nulla si sa che cosa potrà poi succedere alla promessa riforma del mercato del lavoro, altro tema ideologico su cui insistono la Germania e Bruxelles a tutela dell’ordine neoliberista e per paura, in caso di concessioni alla Grecia, del contagio delle idee; ma in questo caso Tsipras e i suoi dovrebbero tenere le loro posizioni.

È facile invece immaginare che gli obiettivi di riorganizzazione dell’amministrazione, di lotta alla corruzione, nonché all’evasione fiscale, saranno invece, almeno formalmente, condivisi da tutti.

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