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Cemento promesso e cemento reale
Grandi annunci per grandi opere: a guardare dentro le cifre si scopre che non ci sono risorse in più, ma un rimpasto di fondi esistenti. Mentre avanza il fai da te abusivo
Con la crisi in corso a livello mondiale ed i suoi effetti negativi, non poteva mancare anche in Italia il rilancio delle grandi opere per salvarci dalla recessione. Dopo settimane di annunci e numeri in libertà, il Cipe di venerdi 6 marzo ha deciso: ci sono ben 17,8 miliardi per le infrastrutture, il tutto accompagnato da grandi proclami mediatici per il nuovo via libera al Ponte sullo Stretto. Ma andando a scavare tra i numeri siamo alle solite: le risorse non sono aggiuntive, ma sono state reperite da fondi già esistenti, riaggiustati per costituire il “fondo Matteoli” da dare in pasto all’emergenza.
Prima di tutto dai 17,8 miliardi vanno tolti circa 7 miliardi di lavori che sono quelli che le società autostradali sono impegnate a realizzare con “proprie risorse”, in cambio di proroghe delle concessioni ed aumenti tariffari. Investimenti come l’autostrada Tibre Parma-Verona della società AutoCisa bloccata a Bruxelles perché la robusta proroga della concessione è oggetto di procedura d’infrazione, così come la proroga della Serenissima, la società autostradale Brescia-Padova.
Tra questi lavori a carico delle concessionarie c’è anche l’Autostrada della Maremma della società SAT: costo 3,8 miliardi da reperire con tariffe (cinque volte la media nazionale) e con una proroga di 18 anni della durata della concessione. Proroga contro cui Verdi ed Associazioni ambientaliste hanno già presentato all’Unione Europea un reclamo per la violazione della direttive in materia di appalti e concessioni. Va poi ricordato che il progetto autostradale della Maremma è alla fase preliminare, deve essere redatto quello definitivo e per il tratto laziale è stato stabilito dallo stesso Cipe che, a causa delle modifiche di progetto adottate, dovrà essere rifatta la procedura di Valutazione Ambientale. Se poi sommiamo anche le forti contestazioni locali e degli ambientalisti al progetto è quanto meno azzardato sostenere che si tratta di un’opera cantierabile entro il 2009.
Togliendo quindi dai 17,8 mld le opere delle concessionarie autostradali restano dunque circa 10,8 miliardi di risorse pubbliche che provengono per 2,1 mld dalla Legge Finanziaria 2009 (legge obiettivo) e per 8,7 mld dai fondi FAS (Fondo Aree Sottoutilizzate) per la parte nazionale. Risorse già esistenti dunque.
Su fondi FAS è bene ricordare che si tratta di risorse decise nella finanziaria 2007 dal Governo Prodi per le aree sottoutilizzate ed in particolare il Mezzogiorno d’Italia, di circa 65 miliardi (suddivisi tra parte nazionale e parte da assegnare alle regioni) per gli anni 2007-2013, destinati ad infrastrutture, formazione, sostegno al lavoro ed alle imprese, di riqualificazione urbana e territoriale, risamento ed innovazione per l’ambiente.
Quindi prenderne una parte rilevante per grandi opere significa sottrarre risorse a progetti già programmati: da questo l’arrabbiatura dei ministri Scaiola, Gelmini, Bondi e Prestigiacomo di fronte alla decisione dell’ultimo Cipe.
Analizziamo adesso come sono stati assegnati i 10,8 miliardi: interventi ferroviari (2,750 mld)), interventi stradali ( 2 mld), reti di trasporto urbane (1,510 mld), Ponte sullo Stretto (1,300 mld), edilizia scolastica (1 mld), difesa del suolo (0,8 mld), edilizia carceraria (0,2 mld), schemi idrici (0,15 mld).
Anche qui una bella sorpresa: dentro ogni capitolo c’è una lista di opere ma non è stato deciso quanto si assegna davvero a ciascuna, perché le opere costano assai di più dei fondi disponibili. Prendiamo il caso delle ferrovie, ci sono 2,750 mld per quattro opere che all’incirca costano circa 10 miliardi in totale. Sono il terzo valico Milano-Genova (costo 5 miliardi ed è decisamente inutile come sostengono le ferrovie), l’AV Treviglio-Brescia (2 mld il costo), oneri ambientali pregressi per l’AV Bologna-Firenze (forse a causa della condanna per danno ambientale del Consorzio Cavet per i lavori in Mugello) ed infine il primo stralcio dell’asse Pontremolese. Le decisioni saranno prese in futuro ma intanto i giornali parlano di 900 milioni da destinare al terzo valico Mi-Ge e 1800 milioni per la Treviglio-Brescia. Stesso meccanismo per il gli interventi stradali: opere per circa 15 miliardi di lavori e risorse per 2 miliardi, con una priorità per la Salerno-Reggio Calabria. (vi sono anche delle % territoriali da rispettare).
Positivo lo stanziamento per le reti urbane, ma anche qui vi sono scarse risorse per tante opere ( e non tutte intelligenti come la metropolitana di Parma e Bologna).
Il principio è quello dunque di distribuire a pioggia le risorse per cominciare i lavori, poi si vedrà: proprio il contrario dei tempi certi/costi certi di cui sentiamo continuamente parlare.
Cè poi il rilancio del Ponte sullo Stretto, con l’assegnazione di 1,3 miliardi alla società Stretto di Messina Spa: le stesse risorse che il Governo Prodi nel dicembre 2006 aveva destinato ad infrastrutture utili di Sicilia e Calabria, definanziando e sospendendo l’iter del progetto del Ponte di Messina.
Va ricordato che il progetto preliminare costa 6,1 miliardi, che deve ancora essere redatto ed approvato quello definitivo con tutte le numerose prescrizioni ed incognite progettuali da risolvere, c’è una procedura d’infrazione aperta in sede europea per la violazione di direttive ambientali e non è tra i progetti finanziati con risorse europee tra le reti TEN.
Il piano economico e finanziario deve essere rifatto, come annunciato dal presidente Ciucci, perché i presupposti con cui era stato costruito prevedeva il coinvolgimento dei privati con capitali propri: gli stessi che adesso in tempo di crisi battono cassa al Governo per vedersi finanziare al 100% tutte le opere.
Il governo fa quindi ripartire la sua opera simbolo ma è evidente che tutto questo non ha niente a che fare con l’avvio di cantieri in tempi rapidi per contrastare la crisi economica e la disoccupazione.
Questa volta è rimasto inascoltato anche il ministro Brunetta, che con un interessante articolo “la leva della manutenzione” proponeva di investire nell’adeguamento e riqualificazione dei beni della Pubblica Amministrazione, per dare reddito ed occupazione e far ripartire il paese. Così come l’Ance ed i costruttori che avevano insistito per un piano di piccole e medie opere da avviare subito per 3.5 miliardi di euro, mutuati anche della esperienze in corso in Spagna e Francia.
Grandi opere, grandi numeri, grandi annunci, è invece la filosofia scelta dal governo per contrastare la crisi.
Ma addesso i costruttori verranno ripagati con il Piano Casa annunciato da Berlusconi, che vuole rimettere in moto l’edilizia abolendo il permesso di costruire e premiando con il 20-30% in più di cubature ogni intervento. E’ la resa dello stato alla speculazione ed ai palazzinari, il colpo finale alla devastazione del territorio ed alle periferie degradate.