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L'economia oltre l'economia

23/07/2009

Con la bancarotta del mainstream tornano i giganti del passato, da Marx a Keynes: sulle loro spalle possiamo camminare ma non accomodarci

La crisi che sta colpendo l’intero globo fa sorgere in molti ambienti, anche assai diversi fra loro, domande sulla validità della teoria economica. Development, una rivista multidisciplinare lontana dal mainstream dominante nell’accademia e nelle istituzioni economiche, sta per fare uscire un numero speciale dedicato alla questione se non sia tempo di andare “beyond economics”. The Economist, sempre decisamente a favore del liberismo economico e politico, dedica l’editoriale e due altri articoli del numero del 18 luglio alla crisi della teoria economica. A dispetto di quanto teorizzato e assicurato da molti economisti anche nel recente passato, l’economia mondiale è precipitata nella crisi più grave dagli anni ’30 della Grande Depressione. Il continuo processo di deregolamentazione, liberalizzazione e assottigliamento degli interventi pubblici non ha prodotto quello che la teoria diceva. La fede incondizionata dell’economia nel mercato e nelle sue capacità autoregolative è stata violentemente messa in crisi dalla realtà. Non è quindi il caso di andare al di là dell’economia e affidarsi ad altri strumenti per comprendere quello che avviene e come uscire dalla crisi?
Ma che cos’è l’economia? È davvero possibile pensare questa disciplina come un corpo monolitico che condivide metodi, analisi e ideologie? La risposta da dare è decisamente negativa e per dimostrarlo si possono richiamare i contributi di tre economisti che non sono assimilabili al mainstream attuale e che offrono importanti indicazioni per la comprensione della reale dinamica delle economie di mercato e delle loro inerenti contraddizioni. Sono tre economisti che appartengono al passato più o meno recente: Marx (1818-1883), Keynes (1883-1946) e Minsky (1919-1996).
Marx analizza il modo in cui l’ineliminabile conflitto distributivo tra redditi da capitale e redditi da lavoro spiega in ultima analisi le crisi che periodicamente colpiscono le economie di mercato. Keynes mostra come le economie capitalistiche possano precipitare in una trappola di persistente stagnazione, o semi-stagnazione, da cui è difficile uscire se non grazie a significativi interventi pubblici di diverso tipo e natura. Minsky, infine, analizza il funzionamento di complessi e sofisticati mercati finanziari e mostra come le economie di mercato siano periodicamente attraversate da fasi di grande ottimismo che portano a esposizioni debitorie non sostenibili e il conseguente insorgere di crisi. Il patrimonio analitico e teorico lasciatoci da questi economisti, così come da altri, non dovrebbe essere sottovalutato, né tantomeno dimenticato.
Questi economisti sono stati largamente ignorati dall’economia mainstream per molto tempo. Oggi, nel mezzo dell’attuale crisi, alcuni cominciano, seppur timidamente, a rifarsi ai loro contributi per tentare di meglio comprendere gli eventi correnti e trovare soluzioni che non siano la semplice fede nelle capacità taumaturgiche del mercato. Chi, fuori dal mainstream, ha sempre richiamato l’importanza di questi economisti oggi va giustamente orgoglioso di quanto si sta verificando.
Questo però non può giustificare alcun tipo di compiacimento. Va bene richiamare i “giganti” del passato e trarre ispirazione dai loro contributi, ma sarebbe errato pensare che il semplice studio delle loro opere e la diffusione del loro pensiero siano sufficienti per far fronte alla crisi attuale e per condurre efficacemente un dibattito critico con il mainstream. Al contrario, è necessario un grande impegno innovativo e creativo per far fronte ai problemi di oggi, che non si può pensare siano immutati rispetto a quelli considerati da Marx, Keynes o perfino Minsky. Come diceva proprio Marx, la storia non si ripete mai due volte.
La semplice enumerazione di alcuni dei pressanti problemi odierni ci dà un’idea di ciò. Il ruolo delle nuove grandi economie emergenti (Cina, India, Brasile), la natura pervasiva dei problemi ambientali e climatici, i problemi di genere sia nel mondo ricco che in quello povero sono tutte questioni su cui gli economisti del passato hanno poco da offrirci. Per affrontare questi e altri problemi ci si può “sedere sulle spalle dei giganti”, ma per andare più lontano e non semplicemente per una comoda passeggiata disquisendo sulla loro grandezza.

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