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I diritti non sono un costo
L’immigrazione costituisce davvero un rischio per la sostenibilità del nostro sistema economico? Dati alla mano, l'allarme che tanto appassiona i movimenti xenofobi e nazionalisti pesa per il 2,07 percento sulla spesa pubblica. Un'anticipazione del rapporto “I diritti non sono un costo”, che verrà presentato a Roma il 29 novembre
"Noi moriamo disoccupati voi pensate a Rom e immigrati". È il testo di uno striscione con il quale è stata "accolta" a Lamezia Terme il 19 luglio scorso la Presidente della Camera invitata dal sindaco a partecipare alla cerimonia di conferimento della cittadinanza italiana a 422 bambini e ragazzi "figli dell'immigrazione" nati in Italia. La protesta, tutt'altro che spontanea, non rappresenta un caso isolato. Gli slogan, i manifesti, i discorsi e i post sui social network che agitano lo spettro di una crescente competizione tra cittadini italiani e stranieri sul mercato del lavoro così come nell'accesso al welfare sono numerosi. Ne costituisce fra tutti l'esempio iconografico più classico il manifesto elettorale diffuso a San Benedetto del Tronto nel marzo 2011: alcuni cittadini stranieri sono rappresentati in fila mentre chiedono l’assegnazione di case popolari, l’accesso ai servizi sociali, agli asili e alle scuole. In fondo alla fila si trova un cittadino italiano. Il titolo del manifesto recita: “Indovina chi è sempre l'ultimo”. (1)
Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di messaggi veicolati da minoranze chiassose ma estreme e non rappresentative dell'opinione pubblica. Giusto. Tuttavia, se insieme a questi segnali registriamo anche quelli che emergono dai sondaggi internazionali che hanno indagato la "percezione" che i cittadini nativi di diversi paesi hanno dell'impatto dell'immigrazione sui conti pubblici (2) e i frequenti riferimenti di amministratori e rappresentanti istituzionali a fatidiche "soglie" oltre le quali l'intolleranza verso i cittadini stranieri sarebbe "da considerarsi automatica" (3), è facile comprendere che il discorso sull'insostenibilità sociale ed economica dell'immigrazione è tutt'altro che poco diffuso nel dibattito pubblico. Un discorso che potrebbe incontrare un consenso crescente in una società che sta affrontando con grandi difficoltà gli esiti della crisi economica ancora in corso.
I diritti non sono un "costo" raccoglie l'ultima parte di un percorso di ricerca che ha voluto confrontarsi con l'esigenza di contrastare i luoghi comuni e le inquietudini più diffuse che identificano la presenza di cittadini stranieri come un "peso" insostenibile per il nostro sistema economico e sociale. (4)
In tutti i rapporti prodotti lungo questo percorso, abbiamo esplicitato che il nostro punto di partenza non è neutrale. Non condividiamo l'approccio economicista che ispira troppo spesso le scelte dei decisori politici e li induce a disegnare le politiche migratorie sulla base di una fredda e spesso sbrigativa misurazione dei "costi/benefici" che caratterizzerebbero il fenomeno migratorio. Ci sono, lo ribadiamo, diritti umani e sociali universali che dovrebbero essere garantiti a tutti, incluso il diritto a migrare.
Ma combattere la xenofobia, le discriminazioni e il razzismo significa anche confrontarsi con l'esigenza di influenzare il dibattito pubblico offrendo argomentazioni sufficientemente solide per cambiarne l'indirizzo. Quello del rapporto tra immigrazione, sistema economico e welfare è uno degli argomenti più utilizzati per alimentare l'intolleranza e l'ostilità verso chi proviene da altrove. È dunque opportuno contribuire a tematizzarlo nel modo più corretto possibile.
Le domande con le quali abbiamo voluto confrontarci sono sostanzialmente tre.
L’immigrazione costituisce davvero un rischio per la sostenibilità del nostro sistema economico e di welfare?
I provvedimenti discriminatori adottati a livello locale negli ultimi anni, tesi a limitare l’accesso dei cittadini stranieri ad alcune prestazioni sociali, si fondano su un qualche inoppugnabile presupposto empirico?
E infine: le politiche migratorie e sull'immigrazione sin qui realizzate sono le più giuste e le più "sostenibili" dal punto di vista degli equilibri della finanza pubblica?
I dati e le informazioni raccolti ci consegnano una risposta negativa a tutte e tre le domande.
Naturalmente qualsiasi rappresentazione di un fenomeno complesso è condizionata dal punto di vista di chi lo osserva, dall'ambito di indagine prescelto e dalle metodologie utilizzate per osservarlo. Per rispondere alle domande sopra indicate, I diritti non sono un "costo" propone in primo luogo un quadro aggiornato della popolazione straniera residente in Italia (capitolo uno), della sua distribuzione nel mercato del lavoro, del suo impatto fiscale e del suo contributo al Prodotto Interno Lordo (capitolo due). Una stima della spesa sociale imputabile alla popolazione straniera viene offerta nel terzo capitolo mentre nel quarto viene proposta una ricognizione delle risorse pubbliche specificamente dedicate all'accoglienza e all'inclusione sociale dei migranti.
La risposta alla terza domanda è affidata alle conclusioni che confrontano i dati raccolti nel dossier Costi disumani. La spesa pubblica per il "contrasto all'immigrazione irregolare" con quelli qui presentati, rapportandoli alla spesa pubblica complessiva.
"L'allarme" che tanto appassiona i movimenti xenofobi e nazionalisti, le preoccupazioni che agitano molti dei nostri amministratori locali, la "prudenza" che contraddistingue il governo delle politiche migratorie, si riferiscono, secondo le nostre stime relative all'anno 2011, al 2,07% della spesa pubblica complessiva se consideriamo congiuntamente la spesa sociale imputabile (con qualche riserva) ai cittadini stranieri e gli stanziamenti destinati alle politiche di contrasto, di accoglienza e di inclusione sociale dei migranti. Se invece restringiamo il campo di osservazione alle politiche per così dire "dedicate", gli stanziamenti per le politiche di accoglienza e di inclusione sociale dei migranti rappresentano lo 0,017% della spesa pubblica complessiva rispetto allo 0,034% di incidenza degli stanziamenti destinati alle politiche del rifiuto.
E qui è d'obbligo evidenziare lo squilibrio che Lunaria, nell'ambito della campagna Sbilanciamoci!, denuncia da tempo: lo Stato investe poco nel governo di un fenomeno che è ormai strutturale, ma investe anche male. Mediamente gli stanziamenti ordinari destinati alle politiche di accoglienza e di inclusione sociale dei migranti si aggirano intorno ai 123,8 milioni di euro l'anno, pari a circa la metà degli stanziamenti medi destinati alle politiche del rifiuto, circa 247 milioni l'anno.
Guardare al futuro significa ribaltare questo rapporto e cambiare approccio. Il rifiuto costa troppo, è disumano e inefficace. Investire nell'accoglienza, nell'inclusione sociale, nella garanzia dei diritti di cittadinanza è ciò che serve. La nostra speranza è che questo lavoro offra stimoli sufficienti per andare in tale direzione e, dunque, per guardare più lontano di quanto è stato fatto fino ad oggi.
(1) La foto dello striscione e il manifesto, insieme a molti altri materiali di propaganda razzista, sono raccolti nella Galleria degli orrori sul sito di informazione, monitoraggio e approfondimento curato da Lunaria www.cronachediordinariorazzismo.org
(2) Ne diamo conto sinteticamente nell'introduzione al capitolo tre.
(3) Per un riferimento si rimanda al database sul sito www cronachediordinariorazzismo.org
(4) Questo lavoro è stato svolto nell'ambito dell'omonimo progetto nel corso del quale sono stati pubblicati altri due dossier: Costi disumani. La spesa pubblica per il "contrasto" dell'immigrazione irregolare e Segregare costa. La spesa per i "campi nomadi" a Napoli, Roma e Milano, quest'ultimo realizzato in collaborazione con Berenice, OsserVazione e Compare, entrambi disponibili on-line sul sito di Lunaria.
Il testo pubblicato è l'introduzione al rapporto di Lunaria, "I diritti non sono un costo", che sarà presentato a Roma venerdì 29 novembre, alle ore 10.00, presso Fandango Incontro (via dei Prefetti 22). info
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