Professore ordinario di Economia Politica presso il Dipartimento di Economia e Management (DEM) dell’Università di Ferrara. Insegna Economia Politica e Economia del lavoro e dell’innovazione alla Facoltà di Economia. E' Vice-Presidente della Società Italiana degli Economisti (SIE) per il triennio 2013-2016. Fa parte della Direzione della rivista Economia Politica. Journal of Analytical and Institutional Economics, e del Comitato Scientifico della rivista Quaderni di Rassegna Sindacale. Lavori. Collabora a Sbilanciamoci.info.
Email: pnipla@unife.it
La Germania è diventata il problema – economico e politico - d’Europa, con una strategia che deve fare paura a tutti.
La vittoria del No ha il merito di non azzerare le prospettive di cambiamento. Ma ora quale sarà la reazione delle istituzioni europee e della troika?
Nel progetto di riforma dell'Ue a cura di Juncker, Tusk, Dijsselbloem, Draghi e Schulz, la futura politica economica dell'Unione rischia di essere peggiore di quella odierna
I dati dell'Istat segnalano che l’occupazione cresce più del reddito. Significa che la produttività del lavoro, e quindi anche la competitività, sta scendendo pericolosamente
Chi sono gli esperti che dovranno valutare la qualità della ricerca nel prossimo triennio, quali regole dovranno applicare e come verranno giudicati i prodotti della ricerca? Diversi cambiamenti si profilano ma quello che sembra immutabile è il vizio di prendere decisioni fondamentali per il sistema universitario in modo ambiguo e senza alcuna consultazione
Workers act/È importante il ruolo di contrattazione nazionale, mentre l’Europa dovrebbe stimolare la domanda interna invece delle esportazioni
Dal Jobs Act alla legge di stabilità 2015, passando per la presidenza italiana del semestre europeo, il bilancio dell’azione di governo dopo 10 mesi è molto magro. In Italia occorrono azioni per una politica redistributiva. A iniziare da un intervento sul sistema fiscale che introduca progressività e da una riqualificazione della spesa pubblica
Juncker e la Commissione Europea moltiplicano pane e pesci. Così i ventuno miliardi di euro, le risorse finanziarie che Juncker e la Commissione intendono destinare al nuovo Fondo Europeo per gli Investimenti, diventano 315 mld. Mentre all’Europa servirebbero almeno 800 mld di nuovo capitale, gli investimenti persi nel corso della crisi
Contromisure/Se l'economia non funziona, è inutile riformare il lavoro. Le risorse a disposizione non permettono di garantire un reddito a chi perde il posto
L’Europa attraversa una crisi di identità senza precedenti. Le previsioni economiche d’autunno della Commissione Europea sono lo specchio fedele del fallimento delle politiche fino ad oggi realizzate. E senza un deciso cambio di rotta il 2015 rischia di divenire un Annus Horribilis
Il punto della politica economica del governo è la sfiducia nel ruolo del pubblico come soggetto istituzionale capace di tenere in tensione la domanda effettiva
Il governo prende atto del ciclo economico negativo. Quindi sarebbe indispensabile programmare una manovra triennale espansiva per contrastare un quadro tendenziale che prospetta altri anni di stagnazione
Le politiche di austerità e di precarietà espansiva hanno improntato la politica economica europea attuata quasi in contemporanea nei vari paesi. L'esito è stato che i debiti sono aumentati, la crescita del reddito si è azzerata e quella dell'occupazione è divenuta negativa
Il lavoro non è un mercato/La ricetta della progressiva crescita della flessibilità in entrata non ha prodotto altro che più precarietà e più incertezza sulle condizioni lavorative
Diabolico perseverare/Secondo Draghi le stime della disoccupazione strutturale sono circondate da considerevole incertezza e la sua dimensione è sovrastimata
Venerdì 29 agosto alle ore 11.00, l’Istat ha divulgato alcuni dati dell’economia reale italiana. Da quell’ora Renzi non sembra essersi preoccupato molto dell’Istat. A noi, a differenza sua, un poco di preoccupazione è montata.
Criticare il pareggio di bilancio, l’insensatezza della riduzione del debito, della esasperata flessibilità del lavoro, o l’austerità espansiva è un esercizio di buon senso e necessario. Lascia tuttavia un vuoto di progetto e prospettiva che riduce l’economista a mero “critico”, seppur diversamente declinato
Sono passati pochi giorni da quanto l’Istat ha certificato che siamo rientrati in recessione tecnica, dopo esserne usciti per un solo trimestre alla fine del 2013. Ora sempre l’Istat (1) ci informa che siamo vicini alla soglia della deflazione.
Per descrivere la situazione economica del paese e la capacità interpretativa della compagine governativa, in primis di Renzi, occorre ricorrere ad una vecchia storiella. Un ubriaco, una notte dopo molti bicchieri, perde la chiave di casa, e si mette a cercarla curvo sul suolo. Un passante si ferma e si offre di aiutarlo. Dopo qualche minuto di vana ricerca, il passante chiede: “Ma è proprio sicuro di averla persa qui, sotto il lampione, la sua chiave?”. L’ubriaco risponde: “No, non sono sicuro, ma è qui che c’è la luce!”.
Per immaginare una crescita economica l’Italia deve intervenire sul motore della propria macchina senza fermarla, mentre le riforme strutturali si limitano a fare un tagliando alla macchina
Renzismo alla prova/L'idea che con maggiore flessibilità contrattuale si consegua una riduzione della disoccupazione non trova supporto nell'evidenza empirica
L'accademia italiana sembra impegnata in una corsa alla ricerca dell'Indicatore perfetto di qualità, ma un criterio unico di qualità della ricerca è irrealizzabile
Negli ultimi anni la politica di svalutazione caricata sul lavoro non ha fatto altro che aggravare gli effetti negativi dell'austerità sulla domanda interna. Eppure l'Ue, anche nelle ultime Raccomandazioni, continua a prescrivere continuità nelle politiche di flessibilità del mercato del lavoro, contrattuali e retributive
Come si si ricostruisce l'infrastruttura della piena occupazione? Il Def del governo accoglie solo in parte la sfida delineata dall'Unione Europea con il programma Europa 2020. Perchè mentre l'Europa prefigura il governo dei processi di cambiamento, l'Italia li de-regola lasciandoli al mercato
Il Def 2014 spinge al rialzo le stime di crescita per il 2017 e 2018. Anche se, come certificano le tabelle del documento, consumi delle famiglie e spesa pubblica restano al palo
La ricetta del Def è un connubio perverso di “austerità espansiva” e “precarietà espansiva”. Una miscela che gioca a favore dei populismi europei e contro l’Europa stessa
Cambiano le maggioranze ma la ricetta è sempre la stessa: la flessibilità del lavoro. E ora Renzi e Poletti ci raccontano la favola della “precarietà espansiva”
Il governo afferma che il vincolo del 3 percento del deficit su Pil è “anacronistico”, ma dall’altro lato non potrà sfuggire facilmente a tale vincolo
La liberalizzazione del contratto di apprendistato elimina la prospettiva che almeno un 30 percento di giovani debba essere assunto a tempo indeterminato. Mentre quella del contratto a termine ci riporta a quel supermarket contrattuale che individua nella flessibilità contrattuale del lavoro la panacea della bassa competitività
Renzismo in arrivo/9 Quella sul lavoro sarà la prima riforma del governo Renzi. La sfida della cancellazione del supermarket contrattuale e il rischio della svalutazione competitiva
Il rapporto dell'Ilo conferma gli scenari prossimi di una ripresa senza occupazione. E i paesi dell'area europea sono quelli con i risultati peggiori
Lavoro cercasi/6 La proposta di Renzi non significa nulla se non sarà accompagnata da una politica industriale e dalla rimozione dei vincoli di bilancio
La deregolamentazione del mercato del lavoro è l'altra faccia di quell'austerità che altro non ha fatto se non aggravare lo stato di crisi economica. Dai salari alla contrattazione, così le ricette dell'Unione europea hanno contribuito a mantenere viva la depressione
La crisi europea origina anche da una crescita delle disuguaglianze e dalle deregolamentazioni che invece di curare il malato ne aggravano la malattia
Un’altra rotta per l'Europa è possibile, mantenendo la moneta unica e cambiando regole e politica economica. L'introduzione dell'ultimo libro di Paolo Pini
La stagnazione della produttività è all'origine della crisi italiana. Ma l'intervento della legge di stabilità sul cuneo fiscale non servirà a rilanciarla
Il bonus ha generato una scarsa domanda di lavoro da parte delle imprese, e in molti casi le domande si riferiscono ad assunzioni già realizzate, per le quali il bonus costituisce un aiuto non richiesto e non necessario. Perché creare posti di lavoro dove le opportunità di mercato dei beni sono più scarse, appare una illusione se non si interviene proprio sulla domanda di beni
Innalzare l'aliquota sulle attività finanziarie, implementare le tasse ambientali, e rimodulare l'imposizione fiscale sui patrimoni: sono alcune delle proposte per cambiare una manovra che non rilancia la crescita e rischia di affossare l'Italia in una lunga depressione
La riduzione del cuneo fiscale – pari a 10 miliardi in tre anni – ricorda la negativa esperienza del governo Prodi: una riduzione modesta e diluita, che rischia di non avere nessun effetto di ripresa sull’economia. Compensata tra l'altro dal taglio delle detrazioni
La presidenza italiana del Consiglio europeo si avvicina. E l'Italia, nonostante le promesse di Letta, rischia di arrivarci da paladina delle riforme strutturali, il mantra delle politiche di austerità
Nonostante la depressione economica che grava sull’Europa dal 2008, il budget resta sotto la soglia dell’1% del Pil dell'intera area Ue, in riduzione rispetto al budget pluriennale 2007-2013
Cronache di un paese nel guado della crisi. Perché nonostante un disagio sociale in crescita la protesta non scende in piazza e tendono a prevalere risposte e soluzioni individuali
La flessibilizzazione del mercato del lavoro, che l'Europa nuovamente raccomanda, è stata una delle cause del declino della produttività e delle retribuzioni reali dell'ultimo ventennio
Il governo vuole aumentare la flessibilità in entrata per accrescere l'occupazione. Ma seguendo questa rotta si rischia di contribuire al declino della produttività del lavoro
I “Saggi” di Napolitano hanno poco da dire su produttività e relazioni industriali. Si continua con le stesse misure dei governi passati, che non fanno crescere la produttività e non tutelano il lavoro e i salari
Finanza, fiscal drag, innovazione nelle imprese, lavoro per i giovani, territorio e cultura. E un’Europa liberata dall’austerità. Come affrontare l’emergenza crisi e i problemi strutturali dell’economia
La “regola di piombo” della Bce è che i salari nominali crescano meno della produttività reale del lavoro. Ciò significa svalutazioni competitive interne, meno reddito, più disuguaglianze
Maggiore protezione all’impiego si accompagna a minore produttività? È una tesi che ritorna nelle politiche dei paesi europei e nei discorsi di Mario Draghi. I dati dimostrano che non è così
L'europarlamento ha detto no al bilancio pluriennale su cui i paesi membri si erano accordati. Forse i cambiamenti saranno minimi, ma l'unica istituzione europea eletta dai cittadini ha mandato ai governi un segnale importante
Le lezioni emerse dalle urne e l’esigenza di un accordo tra Pd, Sel e M5S su un programma di cambiamento. Per sfuggire alla stretta tra governissimo dell’austerità e sfascio politico
La rotta d'Italia. La flessibilità non è mai abbastanza, secondo il Sole 24 Ore. Perfino la riforma Fornero è sotto accusa: la colpa della crisi è sempre del lavoro. Ma i fatti sono ben diversi
Il compromesso di Bruxelles sul bilancio europeo è all’insegna dell’austerià e taglia soprattutto le voci che servono alla crescita. Ora tocca al Parlamento decidere se accettarlo
La rotta d’Italia. Produttività e salari stagnanti, crescita piatta, e contrattazione in declino. Come riprendere un percorso virtuoso ripensando obiettivi e metodi della contrattazione collettiva. La proposta di produttività programmata e contrattata può essere una ricetta? Discutiamone
La rotta dell’Italia, ma in una Europa da cambiare. Una Europa troppo economica e poco politica che ammazza la crescita e l’occupazione con il rigore di bilancio. Ma un’altra rotta è possibile, mantenendo la moneta unica ma cambiando regole e politica economica. Ed introducendo più democrazia, anche nell’economia
L’Agenda Monti rilancia l’idea di salari flessibili, legati alla produttività o alla redditività delle imprese. Non è questa la strada giusta per la contrattazione sindacale e per far ripartire la produttività
Pochi soldi, peggiori condizioni di lavoro e nessuna democrazia. Questi gli esiti del rinnovo del contratto dei metalmeccanici, firmato da Fim e Uilm e da cui è stata esclusa la Fiom, all’insegna del pessimo Accordo sulla produttività
L’accordo sulla produttività voluto da governo e Confindustria, accettato da Cisl e Uil ma non dalla Cgil, non fa chiarezza sulle rappresentanze sindacali e rende il contratto nazionale più debole
Le nuove regole non riducono i contratti atipici, ma li rendono più costosi. In una situazione di crisi come l'attuale, è molto probabile che il maggior costo sia pagato solo dai lavoratori stessi. O, peggio, che il loro lavoro sia tagliato
Punti di forza e debolezza di un sistema industriale di successo ma sbilanciato. Che, per uscire dalla crisi, deve trovare un altro pilastro, sul "lato verde" dell'economia
L'Accordo Quadro su salari e contratti, applicato ai tempi della crisi, penalizzerebbe ancora di più il lavoro. Un'analisi sugli effetti reali del nuovo modello