Una tempesta globale nata in un bicchier d'acqua: una crisi finanziaria che vale lo 0,1% del Pil europeo. Ecco cosa ci insegna l'improvvisazione europea su Cipro, e perché dobbiamo preoccuparcene
Poco tempo fa il presidente francese Hollande entrò in polemica con la Bce, sostenendo che un euro troppo forte danneggia la competitività delle economie europee, perché rende le nostre merci più costose per chi le acquista all’estero. Nel mezzo della crisi di Cipro, l’euro ha un po’ perso di valore per via dei timori sui mercati finanziari, quindi si potrebbe dire che la pessima gestione della crisi europea, fintanto che genera panico nei mercati, potrebbe essere un compromesso tra il desiderio tedesco di ridurre i debiti pubblici e quello francese di ridurre la quotazione dell’euro. Ahimè, così non è. La soluzione trovata per la crisi di Cipro è forse la migliore possibile per la piccola isola, sebbene raggiunta – come sempre in Europa – solo dopo aver tentato prima tutte le altre opzioni. Ma per l’Europa nel complesso, sono brutte notizie.
In sintesi, possiamo paragonare la crisi di Cipro a quella irlandese (ricordiamo che, di greco, i ciprioti hanno solo l’orgoglio): finanze pubbliche sane, un settore finanziario molto ‘competitivo’, fondato su bassissima tassazione e controlli ‘leggeri’, che hanno attirato un fiume di capitali dall’estero (nel caso di Cipro per buona parte sospettati di riciclaggio e/o evasione fiscale, ma lo stesso potremmo dire per il Lussemburgo, Liechtenstein e altri paesi europei). Le banche cipriote hanno investito questi capitali, che sono arrivati a valere un multiplo di 7-8 volte l’intera economia nazionale, nell’isola, soprattutto nel settore immobiliare, e all’estero, soprattutto in Grecia. Come sappiamo, non è un buon periodo né per il settore immobiliare né per la Grecia, e si era capito almeno dall’inizio del 2012 che il governo di Cipro non aveva le risorse necessarie per salvare banche-mostri grandi 7-8 volte l’intera economia dell’isola. Non si volle però prevenire la crisi perché Cipro nel secondo semestre 2012 aveva la presidenza di turno del Consiglio Ue, e sarebbe sembrato sconveniente che chiedesse aiuto.
Arriviamo ad oggi. Cipro ha bisogno di un prestito per salvare il suo settore bancario: una cifra irrisoria per l’Ue, viste le ridotte dimensioni dell’economia dell’isola (pari a circa l’1% del Pil italiano). Qual è il problema? L’Europa ha lanciato lo European Stability Mechanism, un fondo di salvataggio pensato per ricapitalizzare le banche e spezzare il circolo vizioso tra debito bancario e debiti pubblici. Il problema è che diversi paesi europei (in primis la Germania) non vogliono sia usato. Si decide che l’Europa (e forse il Fondo monetario internazionale) darà un prestito di circa di €10 miliardi al governo di Cipro, e gli altri circa 5, stimati come necessari per salvare le banche cipriote, devono venire dallo stesso sistema bancario di Cipro. Il problema è che il sistema bancario cipriota è un po’ strano: le banche emettono pochi titoli per finanziarsi, in particolare poche obbligazioni, e invece accettano depositi per somme inconsuete, molto alte (secondo alcune stime, circa il 45% dei depositi ciprioti supererebbe i 500.000€, e circa un altro 15% sarebbe tra i 100.000 e i 500.000€).
Quindi, per ottenere la somma di 5 miliardi i correntisti devono pagare parte del prezzo. La querelle, sembrerebbe, è stata tra il Consiglio Ue che voleva che a pagare fossero solo i depositi superiori ai 100.000€, perché sotto di ciò valgono diverse forme di assicurazione per i piccoli risparmiatori, e il governo di Cipro, che voleva difendere l’economia dell’isola come paradiso off-shore, e quindi non voleva punire troppo i grandi evasori investitori. L’accordo iniziale è stato di imporre una tassa del 6,75% sui depositi assicurati (un’imposta, proprio per aggirare il divieto formale di intaccare i piccoli risparmi) e una del 9,9% sui depositi sopra i 100.000€.
Come accennato, questa decisione ha scatenato panico nei mercati, che dopo il default parziale del debito greco si vedono nuovamente chiamati a sopportare parte delle perdite sui loro investimenti; proteste a Cipro, dove anche i piccoli risparmiatori sarebbero stati puniti; e proteste a Mosca, da dove provengono molti dei grandi depositi a Cipro. Dopo una settimana di contrattazione trilaterale tra Mosca, Nicosia e Brussels, si è deciso che a sopportare le perdite saranno in primo luogo i detentori di titoli delle banche in difficoltà, e in secondo luogo i soli grandi correntisti delle banche in crisi (che rischiano di perdere fino al 40%, secondo alcune stime), mentre i piccoli risparmiatori sono ‘salvi’. Laiki, la seconda banca del paese viene smembrata in una bad bank, in cui si mettono gli investimenti problematici, a fronte dei finanziatori che subiranno perdite, e una good bank, che con gli investimenti migliori e i piccoli depositi viene spostata in pancia alla prima banca del paese (Bank of Cyprus).
A fronte della mancia europea di 10 miliardi, Cipro dovrà sottostare alle solite imposizioni di austerità di bilancio e “riforme strutturali”, che non potranno che peggiorare le prospettive di recessione, già grame per via della crisi bancaria. Quindi, anche i piccoli correntisti e l’economia tutta dell’isola certo non tirano un sospiro di sollievo. Inoltre, per evitare che i grandi e piccoli capitali sfuggano alla tassazione di oggi e alle probabili ulteriori perdite di domani si impongono limiti alla circolazione internazionale dei capitali. Questo significa che un euro cipriota non vale più precisamente un euro, perché non può essere usato per acquisti a Parigi (se non nella piccola misura in cui il trasferimento di fondi è permesso).
Insomma le prospettive per Cipro sono terribili, ma questa sembra, tra quelle possibili, la meno peggiore delle soluzioni prospettate.
Suona però un enorme campana di allarme per l’Europa nel complesso.
D’altro lato, è anche vero che una banca non è uguale a un’altra, e un paese non è uguale a un altro (l’economia non conosce democrazia). Pensando in particolare a Spagna e Italia, ricordo quanto spesso ripeteva il mio professore di contabilità all’università: se io ti devo mille euro, è un mio problema; ma se io ti devo un milione di euro, è un tuo problema. Per l’economia europea, Spagna e Italia sono too-big-to-fail, e questo dovrebbe garantirgli potere contrattuale per contro-bilanciare almeno un po’ quello tedesco. Va usato, insieme alla Francia, per discutere dell’integrazione europea e di meccanismi di aggiustamento degli squilibri, che non facciano ricadere gli oneri solo sui paesi in difficoltà: sono temi complicati da spiegare all’opinione pubblica, ma senza una riforma della finanza e un cambio di strategia sugli aggiustamenti delle partite correnti è inutile strillare contro l’austerità. Per usare uno slogan: il contrario della competizione è la cooperazione (tutti devono ricevere mutui vantaggi) non la solidarietà (i generosi che aiutano gli straccioni).
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