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Il liberalismo (tardivo) di Renzi

12/12/2013

Welfare, fisco e lavoro. Cosa c'è e cosa manca nel programma economico del neosegretario del partito democratico, Matteo Renzi

La schiacciante vittoria di Matteo Renzi alle scorse primarie è sicuramente una rivoluzione generazionale, ma non certo culturale e politica. I segnali di un liberismo economico che rimane sempre rampante nelle file del Pd c’erano già tutti prima ancora delle primarie. Basta riguardarsi la puntata di Anno Zero in cui Matteo Renzi delineava il suo programma economico, già sezionato e criticato da Angelo Marano su Sbilanciamoci. In particolare, ci si concentrava su una riforma del welfare che rischia di attaccare le pensioni di anzianità, e non solo quelle dei più ricchi – visto che con tutta evidenza i risparmi effettuati dalla sola riduzione delle pensioni più alte (ma perché non si alza invece l’aliquota sui redditi?) sarebbero risibili nella contabilità generale.

All’indomani delle primarie, Renzi ha poi nominato come suo responsabile per l’Economia Filippo Taddei, già estensore del programma economico di Civati. Una svolta a sinistra? Qualche dubbio c’è. Sul welfare, le proposte di Civati e Renzi erano e restano sovrapponibili. In una intervista a caldo a Europa, Taddei ha poi elencato quelle che per lui sono le priorità dell’economia italiana: “Il primo [ingrediente] è senza dubbio il superamento della dualità del mercato del lavoro tra garantiti e non garantiti.” Già il lessico ci spiega bene la posizione di Taddei: se per Renzi i privilegiati del welfare sono i pensionati, per il suo responsabile economico i privilegiati (cfr anche il programma di Civati in proposito) sono gli assunti a tempo indeterminato. Del fatto che, forse, i privilegiati, in Italia, non siano gli operai o gli insegnanti a 1.500 euro, ma i detentori dei grandi patrimoni, nell’intervista non vi è traccia. Nuovamente, e in linea con le riforme di questi anni – e ancor più in linea con le parole d’ordine renziane – il conflitto non è sociale (ricchi contro poveri), ma generazionale (anziani contro giovani, cioè pensionati contro lavoratori, e lavoratori “anziani” con contratti a tempo indeterminato contro “giovani” precari).

Gli altri due punti imprescindibili per Taddei sono l’universalizzazione dell’assegno di disoccupazione e la diminuzione delle tasse sul lavoro. Punti di sinistra? No. E per altro piuttosto in contraddizione tra loro. Nel primo caso, nel giro di un giorno si è passati dal reddito minimo proposto da Civati a una estensione delle tutele per i disoccupati, qualcosa di molto diverso. Nessuna difesa del lavoro, tutt’altro, quanto piuttosto un supporto maggiore per chi perde l’impiego, in linea con una generale maggiore flessibilità in uscita – come sembra lasciar intendere il sopracitato superamento della dualità del mercato del lavoro. Uno strumento marcatamente liberale per mercificare ulteriormente il lavoro stesso.

Quanto alle minori tasse sul lavoro, ovviamente si tratta di una proposta di buon senso e condivisibile, ma che davvero non ha nulla di sinistra – non a caso le tasse minori su lavoro sono in paesi liberali. Che modello sociale, che tipo di capitalismo, si ha davvero in mente allora? Tasse e assistenza sociale basse combinate con garanzie medio/alte o tasse alte (e welfare estensivo) in presenza di poche garanzie – come ad esempio la flexsecurity danese, cui si parrebbe voler puntare con il sussidio di disoccupazione? Qui sembra volersi botte piena – tasse più basse – e moglie ubriaca – universalizzazione del welfare. Il rischio è ritrovarsi invece in un modello con poche protezioni sociali e grande flessibilità. Il dubbio è rafforzato dalla vaghezza assoluta su dove reperire le risorse. Durante la campagna per le primarie, nel programma di Civati si parlava di IMU e della sua reintroduzione, ora Taddei su Europa parla di costi della politica. Entrambe le cose in realtà, porterebbero a risparmi irrisori (1 miliardo di euro, forse, secondo Roberto Perotti, anche se Taddei su Repubblica ha parlato di una cifra vicino ai 15 miliardi), certo non sufficienti per intervenire in maniera efficace.

Soprattutto, però, è lecito domandarsi se siano questi gli elementi cruciali per l’economia italiana. Partire dall’ennesima riforma del mercato del lavoro – o meglio, togliere la dualità, come è stato detto – sembra puntare nella direzione sbagliata. Va affrontato il problema della precarietà, non ci sono dubbi, ma non mettendolo in contraddizione – inesistente in effetti – con i cosiddetti garantiti. Diminuire il costo del lavoro avrebbe certamente un impatto positivo sui redditi e sui costi dell’impresa e l’intenzione, meritoria, è di riattivare un ciclo virtuoso consumo-investimenti. Rimane però da stabilire come si finanziano queste minori entrate. Per Renzi il punto decisivo rimane sempre diminuire le tasse, e cioè ridurre la spesa pubblica. Che questa vada riorganizzata non ci sono dubbi, a cominciare ovviamente dagli sprechi. Il modello meno tasse è però assai poco convincente: le tasse andrebbero ridotte ad alcuni e aumentate ad altri.

Non sorprende dunque che dal campo di Renzi ci sia silenzio assoluto anche sulla patrimoniale, non foss’altro che per diminuire il debito. Allo stesso modo non si parla neppure di altre imposte – su rendite, redditi alti, successione – né di alcun piano per ridistribuire la ricchezza, forse il tema centrale del capitalismo contemporaneo. Alla stessa maniera, non c’è alcun accenno al ruolo dello Stato in economia e alla sua funzione decisiva per uscire dalla crisi, a meno che non ci si aspetti che la riduzione del cuneo fiscale possa essere salvifica in presenza dei programmi di austerità europei che non sembra volersi ridiscutere.

Insomma, manca – e non poteva essere altrimenti – una sostanziale svolta a sinistra. Quel che si offre, invece, è una riproposizione di politiche liberali in continuità con le scelte del l’Europa, senza nessuna proposta coraggiosa e di rottura, di riesame critico dei modelli economici dominanti e delle cause e conseguenze della crisi attuale. Un programma per una modernizzazione “liberale” per l’Italia che il Pd porta avanti, senza successo, da una ventina d’anni. Che poteva aver forse senso a metà anni novanta, ma che sembra obsoleto all’ombra di una crisi che è mondiale e non solo italiana.

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Commenti

TUTTO SI VUOLE TRANNE CHE RIDURRE IL DEBITO,PERCHE'...

E' mai possibile che in questo paese ci siano due pesi e due misure? Com'è possibile che in Italia a fronte di molti cittadini che non riescono ad onorare i loro debiti (tasse o quant'altro) esista una schiera di pochi e facoltosi soggetti che si permettono di posticipare continuamente i pagamenti delle loro tasse. Dal 2000 al 2012 lo Stato ha emesso infatti imposte a ruolo per 807 MILIARDI,ma a tuttoggi (relazione di inizio luglio del Ministero dell'Economia alla Commissione Finanze della Camera) ne ha incassati soltanto 79. Anche depurando i rimanenti 728 MILIARDI di circa 200 MLD perchè ritenuti concretamente inesigibili,ne rimangono ancora più di 500 da riscuotere.SI TRATTA FORSE DI BRUSCOLINI? MA NON SI E' SEMPRE DETTO "DURA LEX,SED LEX"? E ALLORA PERCHE' IN UN'EPOCA DI TREMENDA CRISI CHE TOGLIE LETTERALMENTE IL PANE DI BOCCA A MILIONI DI CITTADINI DOBBIAMO ANCORA CONSTATARE L'ASSOLUTA INDIFFERENZA DEL GOVERNO SU QUESTA GRAVE ANOMALIA? E' UN AFFRONTO ALL'INTELLIGENZA DI COLORO CHE RISPETTANO I LORO DOVERI FISCALI NEI NUMERI E NELLE SCADENZE. PIU' CHE LEGITTIMO PENSARE CHE TUTTO SI VOGLIA TRANNE CHE RIDURRE IL DEBITO (E RILANCIARE LO SVILUPPO),PERCHE' A QUALCUNO IL DEBITO FA COMODO!

Tonino Blair

Renzi is cool!
Chiunque governi deve risolvere il problema del debito pubblico. Le soluzioni sono 2. Invece di scardinare l'art. 138 Cost.
si deve emendare l'art. 75 Cost. e permettere il referendum sull'Europa. La seconda opzione è introdurre il reddito minimo garantito e ridurre la sanità pubblica lasciando spazio alla sanità privata. Alcune strutture ospedaliere e relativi beni strumentali devono essere dati in comodato gratuito ai privati (dal 4° anno canone di locazione agevolato) , garantendo almeno l'occupazione del 70% del personale. Per le persone con redditi bassi deve essere garantito l'accesso a qualsiasi ospedale con il costo della prestazione (ricoveri, esami strumentali, pronto soccorso anche codici bianchi) a carico dello stato (ticket). Per i redditi più elevati sottoscrizione di polizze sanitarie calmierate deducibili dal reddito Irpef.
La sanità da zavorra inefficiente sul debito pubblico diventa remunerativa per lo Stato ( zero spese per il personale, spese di gestione, e canone di locazione dal 4° anno). La qualità dell'offerta sanitaria migliora a tutto vantaggio dei cittadini.
Renzi avrà il coraggio di scontrarsi contro l'immobilismo dei poteri forti??? NO ( si è già pentito di aver vinto le primarie e lasciare la sua comoda Firenze. La moglie protesta contro il trasloco e le future scappatelle con le segretarie semplici, belle, colte , intelligenti.

renzi ed altro, passando per landini!

vediamo bene le carte, cosa c'è sul tavolo e quello che i giocatori tengono celato.
mi sembra che le cose possano essere piu' complicate di quel che appaiono, e che potremmo assistere a qualche sorpresa

RENZI

avevo scritto al manifesto:
21/10/13 RENZI MALE NECESSARIO?
La preparazione del congresso di partito sembra più una lotta interna per prevalere personalmente piuttosto che la presentazione di un solido chiaro programma per gli elettori. In questo gioco delle due o tre carte manca una carta che prometta quello che una probabile maggioranza assoluta dei cittadini attende. Questo i partiti non lo faranno mai, non fa parte del gioco cui stiamo assistendo. Purtroppo e in subordine, tutti i partiti e movimenti di sinistra si azzuffano nei loro pollai. Diversamente avremmo visto “el pueblo unido” vincere le elezioni.
Realismo vuole che se Renzi è in grado di scompaginare lo stallo attuale, in qualsiasi modo, di rimescolare tutte le carte e prendersi una netta maggioranza sia pure relativa, è il massimo che potremmo attenderci. Avremmo una nuova DC, un centro destrina? Avremmo comunque un avversario politico normale. La sinistra? Qualcuno la vede? O si fa avanti oppure continuerà a lamentarsi di non farsi avanti.
aa.
Ora è giunto il momento che la sinistra si faccia viva a contrastare le scelte liberiste e si opponga vivacemente alle privatizzazioni. Esse sono quanto di più negativo possa fare l'economia perché esse sono rendite che non stimolano la produzione. ( il discorso sarebbe lungo )

Non solo!

Mi pare manchi ben altro!
Imposta patrimoniale? Sarebbe ora.
Ruolo dello Stato in economia? Sì, ma quale? Consumi pubblici di beni prodotti dall'industria privata? Realizzazione di opere pubbliche? Un aumento della spesa corrente per sostenere la domanda interna?
Mi sembra che altri paesi seguano da decenni la via del coordinamento, ad opera dello Stato, di interventi mirati a garantire maggiore produzione, maggiori esportazioni, minori importazioni di gas e petrolio, un coordinamento di cui sono elemento essenziale relazioni industriali basate su impegni reciproci, compreso l'impegno a reinvestire maggiori profitti, e su relativi adeguati meccanismi di controllo.
Mi sembra che altri paesi seguano un disegno chiaro: considerata la necessità di importare energia, considerata la crescente competitività di prezzo dei paesi emergenti, si deve puntare su energie alternative, su produzioni di qualità e sulla domanda che può venire dalla crescente classe media di paesi che fino a pochi anni fa ne erano privi. Nel caso italiano non si può fare a meno di aggiungere il superamento del nanismo industriale.
Un'imposta patrimoniale e un generico ruolo dello Stato in economia (magari all'insegna di un superamento del vincolo del 3%) saranno pure "di sinistra", ma non basterebbero ad arrestare il declino.

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