Dai documenti segreti di Fmi, Bce e Commissione europea, emerge la consapevolezza del bisogno di una massiccia ristrutturazione del debito greco se il paese vuole avere una qualche chance di risollevare la propria economia, come hanno ribadito di recente economisti di rilievo come Piketty, Krugman, Stiglitz, Kaldor e molti altri
Se la Grecia dovesse piegarsi alle richieste delle istituzioni e accettare di implementare il pacchetto di “riforme” preteso dai creditori – un mix di aumenti delle tasse e drastici tagli alla spesa pubblica –, il suo rapporto debito/Pil non si stabilizzerà, ma al contrario continuerà a mostrare evidenti caratteri di insostenibilità anche nel 2030. Non è una stima del governo greco ma della stessa troika. È quanto emerge da una serie di documenti segreti redatti da Fmi, Bce e Commissione europea e venuti in possesso della Süddeutsche Zeitung e del Guardian. I documenti – allegati alla proposta “finale” presentata alla Grecia venerdì scorso – dimostrano che, anche a fronte di quindici anni di crescita economica sostenuta – una stima che già di per sé appare irrealistica –, il paese ellenico continuerà a registrare un rapporto debito/Pil pari al 118%, superiore dunque alla soglia del 110% che nel 2012 lo stesso Fmi aveva stabilito come “tetto massimo” per garantire la sostenibilità del debito greco. Anche in base allo scenario più ottimistico – che prevede una crescita annua assolutamente improbabile del 4% per i prossimi cinque anni – il debito scenderà dal 175% di oggi al 124% solo nel 2022.
In altre parole, dai documenti emerge che la troika è perfettamente consapevole che la Grecia ha bisogno di una massiccia ristrutturazione del debito se vuole avere una qualche chance di risollevare la propria economia, come hanno ribadito di recente economisti di rilievo come Piketty, Krugman, Stiglitz, Kaldor e molti altri. Nei documenti si fa un esplicito riferimento al fatto che il paese avrà bisogno di «concessioni significative» per essere in grado di rispettare i suoi obblighi finanziari. È significativo, però, che in nessuno degli scenari previsti dalla troika la Grecia sarà in grado di portare il proprio livello di debito «ampiamente al di sotto del 110% entro il 2022» – l’obiettivo fissato dall’Eurogruppo nel 2012. Come si legge in uno dei documenti: «È evidente che gli slittamenti politici e le incertezze degli ultimi mesi hanno reso impossibile il raggiungimento del target stabilito nel 2012».
Nonostante questo, però, la proposta dei creditori non contiene alcuna misura concreta per garantire la solvibilità del debito greco (ad eccezione di un’«analisi della sostenibilità del debito» rinviata a data futura), mentre è stata rispedita al mittente, per l’ennesima volta, l’ultima contro-proposta greca, che prevedeva un accordo di due anni con il Mes (Meccanismo europeo di stabilità, il fondo salva-Stati impiegato per Cipro e per la ristrutturazione delle banche spagnole) per coprire le necessità finanziarie elleniche e ristrutturare il debito. I documenti resi pubblici dai due quotidiani gettano anche luce sul “generoso” pacchetto di investimenti da 35 miliardi di euro contenuto nella proposta dei creditori, che il governo ellenico, secondo le dichiarazioni stizzite di varie cancellerie europee, avrebbe ingratamente rifiutato: dalle carte, infatti, emerge che la somma non rappresenta un investimento ad hoc destinato alla Grecia ma piuttosto una normale sovvenzione europea a cui hanno diritto tutti gli Stati membri (che tra l’altro richiederebbe un cofinanziamento del 15% che il governo greco non può assolutamente permettersi; la Grecia vanta già 38 miliardi di prestiti europei non spesi proprio per questo motivo).
Un altro documento rivela come la Grecia, nella proposta dei creditori, avrebbe ricevuto 15 miliardi di euro – in cinque tranche a partire da giugno – per coprire le proprie esigenze di finanziamento da qui a novembre. Il 93% dei fondi, però, sarebbe servito unicamente a rimborsare i debiti in scadenza in quell’arco di tempo. Come è noto, l’ultima proposta dei creditori prevedeva, tra le altre cose, anche l’eliminazione della tassa sui ricchi proposta da Tsipras per redistribuire un po’ del peso dell’aggiustamento sulle classi più abbienti – giudicata senza ironia «recessiva» dall’Fmi –; un saldo primario crescente negli anni sino al 3,5%; un aumento generalizzato dell’Iva al 23%; e il tetto dell’età pensionabile a 67 anni entro il 2025 e non il 2037 come richiesto dalla Grecia, accompagnato da un’ulteriore riduzione del livello delle pensioni. Una proposta giudicata inaccettabile dal governo greco, per il semplice fatto che avrebbe decretato la morte politica di Tsipras – probabilmente uno degli obiettivi dei creditori –, nonché la continuazione dell’agonia economica e sociale in cui versa il paese. Come scrive Euclid Tsakalotos, capo negoziatore della Grecia: «Le proposte dei creditori non avrebbero risolto né la crisi greca, né la minaccia di Grexit ma avrebbero semplicemente acuito la prima e posticipato la seconda. In questo senso, il referendum non intende sostituirsi al processo negoziale ma piuttosto contribuire ad una sua risoluzione positiva, inducendo i creditori ad una maggiore flessibilità».
Articolo uscito su www.ilmanifesto.it
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