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«Oui, je suis grec», l’unica alternativa alla fine della sinistra

16/01/2015

Continente Grecia/Per la prima volta da decenni, in Europa un partito svela la natura di classe del conflitto tra creditori e debitori. E offre una risposta non nazionalista

La posta in gioco è, innanzitutto, la rianimazione della democrazia sostanziale dopo una lunga fase di ibernazione, dovuta a cause culturali e politiche prima che economiche. Sul piano culturale, viene sfidato in termini competitivi, speriamo vincenti, il pensiero unico di matrice liberista. Per la prima volta da decenni, in Europa, il partito in testa nelle rilevazioni di voto esprime un paradigma autonomo dal neo-liberismo, versione hard (destre) o soft (sinistre delle "Terze Vie"), e propone una ricetta alternativa e realistica alla svalutazione del lavoro: taglio del debito; innalzamento della domanda aggregata, welfare universale, investimenti, regole meno squilibrate per i licenziamenti, redistribuzione del reddito a cominciare da un livello di dignità del salario minimo. Per la prima volta da decenni, in Europa, il partito in testa nelle rilevazioni di voto svela, oltre al conflitto economico tra Stati, la natura di classe del conflitto tra creditori e debitori, dove l'aristocrazia della finanza e dell'economia internazionale e interna, assistita dalle tecnocrazie presunte super-partes, afferma i propri interessi, in modo miope e feroce, contro le classi medie e il popolo del lavoro subordinato, dipendente, precario o autonomo. Per la prima volta da decenni, in Europa, l'alternativa possibile al neo-liberismo è popolare senza essere populista e assume caratteri progressivi e non i segni nazionalisti e xenofobi.

Di fronte alla possibile vittoria di Syriza, la reazione isterica dei cosiddetti mercati, in realtà vertici di enorme concentrazione di potere finanziario, mediatico e politico non è dovuta alle possibili perdite economiche delle istituzioni multilaterali e di alcuni Paesi europei (i grandi creditori privati sono stati già largamente saldati). Sono ridicole le quantità in gioco nella comunque inevitabile ristrutturazione del debito pubblico greco. L'establishment transnazionale è preoccupato per la relativizzazione e il riconoscimento degli interessi forti dietro l'ideologia finora presentata come pensiero unico. Dopo decenni di marginalità della politica democratica, preoccupa il ritorno attivo dei cittadini sul terreno dell'economia: luogo reso inaccessibile al demos in quanto imposto come a-politico e determinato da logiche oggettive e astratte dai valori e dagli interessi materiali. Quindi, spazio da affidare a autorità "indipendenti" per la politica monetaria, a algoritmi "neutri" per la finanza pubblica, all'autoregolazione per la finanza e alla deregolazione per i movimenti di capitali e gli scambi di merci e servizi.

Insomma, la Grecia può incominciare l'arduo cammino di restituire senso alla democrazia. Tre anni fa, il Primo Ministro Papandreu fu rimosso quando tentò la strada del referendum sul programma dettato per conto terzi dalla Troika e sostituito, come in Italia, con un "governo tecnico". Qualche giorno fa, da Berlino, Francoforte e Bruxelles sono tornati alla carica: "Ogni governo deve rispettare gli obblighi contrattuali del precedente governo". Ma qui è il punto politico: l'ambito e la portata degli accordi iniqui e fallimentari finora attuati è tale da annullare ogni spazio di scelta democratica. E allora, perché fare le elezioni? Chi cerca disperatamente un'altra strada per uscire dall'inferno della disoccupazione, del lavoro senza dignità, dell'impoverimento e della povertà perché dovrebbe votare quando nulla è da decidere? E, ancor di più, perché dovrebbe votare per una sinistra che, come in Italia, si è distinta e distingue dalla destra soltanto per il maggior "senso di responsabilità nazionale" nell'attuazione dell'unica agenda ritenuta possibile? Qui sta la radice della cosiddetta "anti-politica" passiva (astensione dal voto) e attiva (voto anti-sistema): una reazione razionale dato che i parlamenti nazionali sono sostanzialmente svuotati di funzioni. Non è un caso che tutti i partiti del variegato Pse, subalterni da tre decenni al pensiero unico liberista, sono in grande difficoltà e finiscono "naturalmente" nelle grandi coalizioni rappresentative di una minoranza sempre più ristretta di elettori. Non è un caso che le speranze di vittoria della sinistra siano riposte su formazioni neo-nate fuori dall'alveo del socialismo europeo (oltre a Syriza in Grecia, Podemos in Spagna). Il collasso del Pasok rischia di anticipare un destino comune per il club dei socialisti e democratici europei: la marginalità o la scomparsa dove vi sono destre di sistema o la sopravvivenza come involucro del partito dell'establishment dove non vi sono, come in Italia.

Speriamo che dalla Grecia arrivi un messaggio controcorrente per la democrazia, per la dignità del lavoro, per l'euro-zona e per la sinistra. Je suis grec.

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Commenti

Chávez verso Tsipras

Al compagno Saverio che con delicate parole nei miei confronti e fini argomenti difende la memoria di Chávez vorrei far presente che "el Presidente" non ha bisogno della sua accorata difesa: parlano per lui le splendide condizioni in cui ha lasciato il suo paese. Certo, al suo emulo Tsipras sarà difficile fare altrettanto bene. Purtroppo per Tsipras, infatti, la Grecia non dispone della cospicua rendita petrolifera di cui gode il Venezuela. Per qualche tempo potrà contare sui soldi che ha ricevuto in prestito dai contribuenti italiani e di altri paesi europei e che Tsipras non ha intenzione di restituire. Ma finiti quelli?
La scomoda verità è che, anche se per incanto i debiti che la Grecia ha contratto per vivere per anni ben al di sopra dei propri mezzi fossero azzerati, resterebbe del tutto irrisolto il nodo strutturale all'origine dei sui problemi, che anzi verrebbe assai aggravato dalle politiche che Tsipras annuncia di voler intraprendere.
Infatti, il dato di fatto che emerge da tutti gli indicatori - e che non è esorcizzabile con slogan o con insulti a chi si permette di rammentarlo - è che la Grecia ha costi (stipendi, salari, pensioni, prezzi dei servizi e beni intermedi prodotti in loco...) da paese ricco (o semi-ricco) e specializzazione produttiva, livelli di produttività, presenza nei settori innovativi, qualità delle istituzioni ecc. da paese in via di sviluppo. La Grecia è quindi al tempo stesso fuori mercato nei confronti dei suoi concorrenti naturali a basso costo (Turchia, Bulgaria, Slovacchia...) e poco competitiva nei confronti dei paesi ricchi ad elevata produttività con forte presenza nei settori ad alto valore aggiunto. In questa situazione, promettere aumenti dei salari, delle pensioni, dei sussidi vuol dire o fare promesse che non verranno mantenute (e sarebbe il meno peggio) o mantenerle vanificando in poche settimane quei progressi dolorosamente conseguiti dai greci in 4 anni di durissima recessione. Ecco perché la piattaforma programmatica di Syriza è intrinsecamente ed irrimediabilmente demagogica ed ecco perché la sua avventura è destinata a finire male. Ma quel giorno, il compagno Saverio e i suoi amici diranno che è stata colpa della CIA, della Signora Merkel, della congiura sionista-massonica, della finanza mondialista...

La Grecia, l'euro e Fassina

Ho letto che l'on. Fassina aveva scritto un pezzo su sbilanciamoci finalmente affrontando la questione principale degli squilibri da lui individuati. In effetti bell'articolo, condivisibile poi quando é il momento del coraggio politico niente di niente. Insomma, lui lo sa bene ma si guarda bene dal dirlo che il problema è l'unione monetaria e i vincoli che stanno strozzando la Grecia e molti altri.
Ma tanto non lo doce neppure Tsipras, diretto interessato adesso per le elezioni greche, perché deve dirlo Fassina. Ma dai come puoi pretendere che Alexis dica adesso queste cose, deve vincere prendere voti, rassicurare, poi vedrai che ti combina...vedremo ma secondo me non combinerà nulla in quel senso.
Invece Stefano, con Nichi, con Pippo (figurarsi dove andremo a finire) stanno solo cercando di costruirsi un nuovo piccolo soggetto a sinistra ma che certo non osa disturbare l'Olimpo della moneta unica e di questa Europa. D'altronde il coraggio politico se non lo si ha, mica se lo può dare....non é così?

Ed arrivano i mentecatti

Il "signor" Hugo Chavez (quanto insozza il nome del compianto condottiero venezuelano la scelta del nickname) inanella una serie di banalità e luoghi comuni sui greci lazzaronen e sporkaccionen che hanno voluto vivere alle spalle dei veri lavoratori, i teteschi alti belli e biondi!
Peccato che la realtà sia piuttosto diversa ed il numero di dipendenti pubblici in Grecia fosse assolutamente in linea con quello degli altri paesi europei. Idem il loro sistema pensionistico. Certuni pensano alla Grecia come ad un paese sottosviluppato: si, ma dai oltre quella fetente di feta che producono? Certo, se entri in un supermercato greco trovi solo prodotti della Grante Tedeschia! Al massimo c'hanno qualche isoletta su cui far stravaccare i Veri Lavoratori serviti e riveriti da pigri camerieri sfatikaten!
E come, orrore degli orrori, non vogliono ripagare il debito? Come, io che ho messo i miei soldi per farvi sopravvivere (vedete quanto sono caritatevole) adesso non me li volete restituire?
Come dice? Un paio di articoli più in là è scritto che i fondi "salvastati" sono stati usati per pagare le banche e non per aiutare i cittadini.................................... Deutschland, Deutschland uuuber aaalles!

lacrime di coccodrillo...

Tutto condivisibile...c'è un piccolo problema, che a ben vedere tanto piccolo non è: il sig. Stefano Fassina è un esponente di spicco del PD e non mi sembra affatto che si sia distinto per un'opposizione ferrea alla linea politica del suo partito anzi per certi versi, nei fatti non nelle dichiarazioni, ne è fedele sostenitore se non fautore. Caro Fassina un gesto di coerenza con quanto afferma sarebbe stato gradito, ma quando è stato il momento di votare i provvedimenti proposti dal Governo presieduto dal suo Segretario ("l'uomo giusto al posto giusto" ha chinato il capo e ha fatto il suo "dovere"... ragion per cui diffido fortemente

Sì, ci sarà da divertirsi!

Per anni la Grecia ha gonfiato il numero dei dipendenti pubblici e i loro stipendi, ha alzato pensioni, sussidi e prebende varie dello stato sociale, ha speso cifre faraoniche per eventi come le Olimpiadi di Atene. Ciò ha creato una bolla, un mini-boom che ha consentito ai greci di vivere per anni ben al disopra delle proprie possibilità, grazie ai debiti contratti con le banche di tutta Europa (in primis quelle francesi). Il tutto in un clima populista-clienterale e di corruzione generalizzata assai familiare a noi italiani. Poi la bolla si è sgonfiata e la pacchia è finita... A differenza dell'Italia, però, la Grecia non può contare su una piccola-media industria manifatturiera competitiva sui mercati internazionali. A parte il turismo ha ben poco da vendere al resto del mondo. Come potrebbe allora Tsipras finanziare il "miracolo" che promette? Ma è ovvio: non pagando i debiti! Ovvero fregando i poveri contribuenti dei paesi euro che hanno salvato la Grecia (e le banche francesi e tedesche) dalla bancarotta prestandole a condizioni di estremo favore (20 miliardi circa solo noi italiani). Che genio Tsipras! Marx al confronto era un poveretto. E poi? Chi finanzierà il socialismo alla greca? Meglio allora Hugo Chávez che almeno il populismo lo finanziava con la rendita petrolifera. Certo, che se questa è la nuova frontiera della sinistra europea ci sarà proprio da divertirsi!

Superiamo Stafano Fassina?

1) Il tema dell'articolo è che la finanza brutta e cattiva ce l'ha con Tsipras, come se fosse mossa da intenti politici. Una roba che persino su "Lotta comunista" verrebbe considerata datata... il tema serissimo della dialettica tra capitalismo e democrazia è ridotto a una specie di congiura di non meglio specificati "vertici di enorme concentrazione di potere finanziario, mediatico e politico". Mah!

2) Fassina non cita neppure una volta l'euro (se non alla fine quando dice euro-zona) e neanche accenna al "superamento cooperativo dell'euro", che fino a ieri era il suo cavallo di battaglia, e che invece è escluso a priori da Tsipras...

3) per rendere divertente il tutto, l'articolo si intitola e si conclude con uno slogan in francese ma parla della Grecia...

Esito non ineluttabile

Articolo, quello di Stefano Fassina, condivisibile, tranne la conclusione. Che è insoddisfacente, pur essendo realistica, quando accenna al destino della sinistra italiana, quale mero “involucro del partito dell'establishment”. Che a me sembra – ed in effetti è – un ossimoro, una contraddizione in termini. Occorre dare battaglia nel PD, perché quell’esito non sia ineluttabile. Renzi è troppo bugiardo per avere un respiro lungo con un elettorato di sinistra. Condizione imprescindibile, però, è che emerga un leader con le stesse caratteristiche di Alexis Tsipras e Pablo Iglesias: idee di sinistra riformatrice, determinazione e capacità comunicativa. Ma, purtroppo, non si vede all’orizzonte. D’Alema e Veltroni sono usurati e impresentabili. Bersani è un po’ meno consumato ma si è autoescluso. I Fassina, i Civati, i D’Attorre e i Vendola potrebbero e dovrebbero intanto unirsi tatticamente per arare il campo. La posta in gioco è troppo importante ed il nemico molto potente, ma in fondo è composto da 4 gatti ricchissimi, mentre noi siamo milioni, miliardi.

Segnalazione a R.Ferrara

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oui, je suis grec.

Sono d'accordo su tutto quanto S. Fassina scrive. Non ci può lasciar imprigionare dalla vecchia (e oggi incomprensibile) antinomia tra riformisti e radicali/massimalisti, in quanto nessuno pensa oggi alla conquista del "palazzo d'inverno"; in secondo luogo, se la sinistra si limita all'onesta gestione del capitalismo la sinistra stessa fa venir meno la sua ragione sociale (ed ogni sua motivazione reale), in quanto tali operazioni di mero contenimento/correzione sono più efficacemente realizzate dai c.d. conservatori illuminati.
R.Ferrara

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