Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito
alter
capitali
italie
globi

Il grande accordo: ognuno per sé

29/06/2010

Bilancio fallimentare del G20 di Toronto. Movimenti di capitali, finanza, nuove regole, rigore sui budget: ogni paese dice e fa la sua, tutti a casa senza un risultato

L'unico accordo è che non c'è nessun accordo. Con questo slogan si potrebbe riassumere il G20 che si è tenuto lo scorso fine settimana a Toronto. Il G20 è nato, almeno a livello di incontri tra capi di Stato e di governo, da meno di due anni, nel tentativo di coordinare la risposta delle più grandi economie del pianeta alla peggiore crisi finanziaria dei tempi recenti.

Era questo coordinamento tra diverse politiche economiche il principale scopo del vertice di Toronto, nell'anno della presidenza della Corea del Sud, e in attesa del summit di Seul verso la fine dell’anno. In questo quadro, è possibile affermare senza mezzi termini che a Toronto il G20 ha fallito.

 

Il vertice è stato preceduto dalla decisione della Corea del Sud di applicare dei controlli sui flussi di capitali. L'Indonesia ha seguito questo esempio, mentre Obama esercitava ogni pressione perché il Congresso Usa trovasse un accordo sulle nuove regole per il settore bancario prima dello svolgimento del G20. Negli stessi giorni la Germania decideva di proibire la vendita allo scoperto di diversi titoli, e assieme alla Francia spingeva per una tassa sulle banche e per una sulle transazioni finanziarie. L'obiettivo centrale delle politiche economiche di Germania e Gran Bretagna è quello di operare tagli alle spese per ridurre il deficit o per migliorare i conti pubblici. Gli Usa, in direzione opposta, chiedevano all'Europa di non interrompere i piani di stimolo all'economia. Nel frattempo il Nord del mondo propone di eliminare progressivamente i sussidi inefficienti ai combustibili fossili, ma il Sud si oppone, denunciando l'ipocrisia delle nazioni più ricche.

 

Insomma, un nodo gordiano di proposte isolate, di veti incrociati, di iniziative autonome. La pochezza del comunicato finale, che non riporta nessun impegno concreto, poche date e scadenze, ancora meno cifre, conferma che i leader del G20 non sono riusciti in alcun modo a sciogliere questo impasse.

 

Ricordiamo che il G20, nelle parole dei suoi sostenitori, è un forum più ristretto “dell'inefficiente Onu", dove la presenza di 192 paesi e le procedure burocratiche non permettono di rispondere con i tempi dovuti alle emergenze economiche e finanziarie. Molto meglio coordinarsi tra pochi paesi, in forum ristretti, per quanto poco democratici e senza legittimità, così da poter prendere decisioni in tempi brevi e marciare tutti insieme. Questo G20 ha fatto definitivamente cadere la maschera dell'efficienza e del coordinamento. A pensare male si potrebbe dire che davanti al perdurare della crisi siamo al “si salvi chi può”. A volere essere ottimisti, i governi sono arrivati e ripartiti da Toronto in ordine sparso.

 

In queste condizioni, forse sarebbe il caso di ammettere che il modello G20 ha fallito, e che è davvero necessario rivedere nel suo insieme la governance e l'architettura internazionale. E' da notare che in sede Onu la Commissione di esperti guidata dal premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz ha elaborato da tempo delle risposte concrete alla crisi finanziaria, economica e ambientale. Parliamo della stessa tassa sulle transazioni finanziarie che il G20 non è stato in grado di promuovere, ma anche della creazione di una valuta di riserva sovra-nazionale per rimediare alle enormi tensioni monetarie esistenti, e di moltissime altre questioni sulle quali il G20 si è auto-consegnato la legittimità di decidere, salvo poi non essere in grado di tenere fede agli impegni presi.

 

Il grande circo del G20 si sposta adesso a Seul per l'incontro di novembre, che dovrebbe, nelle intenzioni dei leader, riuscire a mettere qualche cifra e qualche data al magrissimo comunicato di Toronto. Lo stesso comunicato si chiude ricordando i successivi appuntamenti, in Francia nel 2011 e in Messico nel 2012. L'impressione, lasciando Toronto, è che l'unica cosa su cui i 20 grandi del mondo sono riusciti a trovare un accordo è nel tenere in piedi lo stesso sistema del G20, a discapito della pochezza dei risultati raggiunti. Tutti sorridenti nella foto di gruppo e arrivederci in Corea. Nel frattempo, ognuno per la sua strada, con buona pace dell'intesa e del coordinamento globale.

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

Avari

La scelta di varare a Toronto tutti insieme una piccola tassa sulle transazioni finanziarie come la Tobin tax avrebbe potuto essere un aiuto concreto per risolvere i problemi della fame nel mondo, sarebbe stata utile per avere una tracciabilità delle stesse transazioni finanziarie, poteva fare diminuire le transazioni puramente speculative e avrebbe fatto pagare agli speculatori una parte dei danni che provocano nel mondo. I grandi della terra non sono grandi nell’anima. francesco zaffuto www.lacrisi2009,com

eZ Publish™ copyright © 1999-2015 eZ Systems AS