Come un aumento generalizzato della spesa pubblica finanziata da un aumento del debito pubblico può farci uscire dall'intreccio letale tra crisi finanziaria e recessione
Propongo qui alcune idee che qualche anno fa ho fatto girare fra alcuni amici e colleghi economisti. La voglia di riproporre queste idee mi è venuta a causa degli ultimi avvenimenti della crisi finanziaria. Sono infatti convinto che l’elemento più importante alla base di questa crisi sia l’enorme aumento di liquidità in cerca di rendimenti finanziari. Le cause di tale aumento vanno individuate, almeno a partire dagli anni ’90, in tre fattori: il continuo aumento delle rendite petrolifere in mano a governi “parassitari”; un incremento dei fondi pensione e dei fondi assicurativi e, infine, elemento di novità molto importante, una redistribuzione del reddito in tutti i paesi a favore delle classi di reddito più alte.
Il tutto accompagnato, fenomeni che si autoalimentano, dalla politica di sfrenato liberismo nel movimento internazionale dei capitali e da politiche liberiste, volontarie o obbligate dalle istituzioni internazionali, nella maggioranza dei paesi.
Ecco quindi l’idea, qui illustrata, che un cambiamento decisivo nei confronti del debito pubblico, almeno in Europa, potrebbe essere uno strumento che potrebbe attenuare i risvolti reali di questa crisi finanziaria.
Alcuni dati di fatto
Gran parte di questa massa di moneta è gestita da istituzioni finanziarie di vario tipo, che hanno una impellente necessità, come minimo, di mantenere costante il potere di acquisto ma anche quello di far fruttare questo denaro (se non altro per pagare i loro profitti e le retribuzioni dei manager).
La riduzione in valore assoluto o dei tassi di incremento dei debiti pubblici porterà tendenzialmente a ridurre la possibilità di investimenti finanziari attraverso l'acquisto di debito pubblico. Inoltre, tutti gli aspetti esogeni del punto 2 che favoriscono l'aumento di produttività e della capacità di produrre ricchezza non sono, se non in piccola parte, gestibili attraverso interventi privati, ma solo attraverso contributi diretti o indiretti della spesa pubblica. Quindi i tagli di spesa influiscono pesantemente in modo negativo sulla dinamica della produttività sociale e produttiva.
Da qui la convinzione che un aumento generalizzato della spesa pubblica finanziata da un aumento del debito pubblico possa essere utile per uscire da questo meccanismo perverso di instabilità monetaria mondiale e di recessione strisciante.
Eventuali vantaggi di un aumento del debito pubblico
Infine una aumento di spesa pubblica che si concretizzasse in una migliore ed efficiente erogazione di servizi e in meccanismi di welfare, avrebbe l’effetto di una aumento reale dei redditi più bassi, con effetti positivi dal punto di vista sociale ed economico.
La spesa pubblica è un male?
Potrebbe innescarsi la sfiducia del mercato relativamente alla sostenibilità del debito pubblico.
Che questo fenomeno si verifichi non è convincente, non si capisce perché i risparmiatori debbano rifiutare la fiducia allo Stato, mentre tale fiducia la dovrebbero riporre, non garantiti, alle imprese (grandi assorbitrici di risparmio), i cui bilanci e le cui valutazioni del capitale azionario sono quantomeno misteriosi se non truffaldini, alle banche (dalla gestione clientelare e fallimentare) e ai gruppi finanziari (che parlano solo di rendimenti passati e sul futuro non garantiscono nulla). Tra l’altro è facile verificare dai dati della Banca d’Italia come i maggiori rendimenti negli ultimi anni (almeno dal 1990) siano stati quelli dei titoli pubblici (BTP in particolare) [vedi: “Come investire i risparmi” http://snipurl.com/4e1as ]
Lo Stato è strutturalmente incapace di gestire la spesa e i servizi in modo efficiente.
È una scommessa che si può vincere quella di una programmazione efficiente della spesa pubblica. La recente esperienza dei tagli ha mostrato, a mio parere in modo chiaro, che in periodo di tagli si tende a tagliare, se va bene, sia la spesa pubblica efficiente che quella parassitaria e di puro spreco, mantenendo quindi costante la quota di spreco. Può darsi invece che, rallentando queste pressioni alla riduzione, possa essere più facile e quindi possibile una riorganizzazione che porti ad un miglioramento nella gestione. La lotta allo spreco non si fa con i tagli generalizzati di spesa pubblica, al contrario tali tagli generalizzati di spesa pubblica hanno spesso fatto aumentare gli sprechi e l'inefficienza. Non credo sia possibile, né auspicabile, un ritorno allo stato “produttore di panettoni”, ma la scarsa efficienza dell’azione pubblica non può essere l’alibi per una riduzione del ruolo pubblico nei servizi e nell’economia, ma soltanto una spinta a superare tale inefficienza.
Un aumento del deficit pubblico e/o del debito pubblico è impraticabile senza un coordinamento a livello mondiale o quantomeno europeo.
Questo è un problema (anzi “il problema”) serio. Una politica di spesa espansiva in deficit non è possibile per un solo paese europeo dell’area dell’euro, visti i rigidi criteri politico ideologici in vigore in Europa. Un piccolo e timido segnale di cambiamento si è avuto recentemente da Barroso contemplando la possibilità di un piccolo sfondamento del 3% di deficit sul PIL. Ma, nonostante la rigidità ideologica della banca centrale Europea, ciò non toglie che un cambiamento della politica europea in questo senso rimanga un obiettivo giusto anche se da tenere nascosto, specialmente da parte di un economista.
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