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La rotta d'Italia

Recuperare imprese, creare lavoro

17/01/2013

La rotta d'Italia. Ogni manovra finanziaria ed economica va subordinata all'obiettivo dell'occupazione. Per farlo, non bastano le (pur necessarie) politiche espansive, e un mercato che selezioni le imprese. Occorre salvare e recuperare il grosso delle forze manifatturiere

Dopo cinque anni di crisi e la prospettiva di almeno un altro anno di crisi, di cosa ha bisogno il mondo del lavoro? Le esigenze sono sia di natura economica e sociale sia democratica e politica. Il mondo del lavoro, infatti, sperimenta contemporaneamente:

A. Dal punto di vista economico e sociale: una grave crisi occupazionale; una frammentazione e corporativizzazione di coloro che sono ancora occupati, ricattati dalla paura della disoccupazione e costretti ad accettare condizioni di lavoro sempre peggiori; una diminuzione consistente del potere di acquisto dei salari e degli stipendi, con l’espandersi di aree di povertà anche tra chi lavora; un’erosione del welfare, sia locale sia nazionale, con una riduzione del reddito non monetario.

B. Dal punto di vista democratico e politico, la liquidazione progressiva della sua esistenza come soggetto collettivo, cui le forze politiche di governo devono fare riferimento, e come singolo lavoratore la sottrazione dei suoi diritti sociali e democratici nei luoghi di lavoro, come dimostra il pervicace rifiuto di consentire l’approvazione democratica delle piattaforme e delle ipotesi di contratto.

Che cosa occorrerebbe fare, quindi?

In primo luogo creare posti di lavoro e difendere quelli esistenti. Tale obiettivo è irraggiungibile senza una messa in discussione del cuore stesso dell’impianto economico e sociale attuale dell’Unione Europea. Da questo punto di vista il confronto tra la Bce e la Federal Reserve è illuminante. L’una con il solo compito della stabilità monetaria, l’altra con il duplice compito della stabilità monetaria e del ciclo economico; l’una prigioniera, con qualche sussulto di Draghi, di un’ortodossia monetarista cieca e stupida, l’altra con la scelta, totalmente non convenzionale e creativa, di legare i tassi d’interesse direttamente al livello di disoccupazione sino al raggiungimento di un livello di disoccupazione considerabile frizionale. Se quindi le forze politiche che si candidano a guidare il paese vogliono seriamente creare dei posti di lavoro, in numero sufficiente a riassorbire la disoccupazione giovanile in tre anni, l’unica strada è di subordinare ogni altra manovra economica e finanziaria a tale obiettivo. In concreto ciò significa muoversi su due terreni la domanda pubblica e una ripresa industriale. La domanda pubblica che può essere messa in moto in tempi brevi riguarda le grandi priorità dell’Italia: la difesa del territorio, la messa in sicurezza e l’adeguamento energetico dell’edilizia scolastica e degli edifici sedi di servizi pubblici, un piano energetico nazionale che affronti il problema della riconversione dell’edilizia residenziale, un piano per la mobilità pubblica nella direzione della sostenibilità ambientale e la realizzazione di un’infrastruttura di telecomunicazioni di ultima generazione. In questa prospettiva bisogna fare un bilancio della stagione delle privatizzazioni, anche tenendo conto dell’esperienza europea complessiva, e riconsiderare la necessità di una presenza pubblica in alcune aree dei servizi.

La ripresa industriale non è possibile sulla base dell’assunto che il mercato selezioni quelli in grado di sopravvivere; è evidente ormai che tale insieme d’imprese riguarda una piccola minoranza. Non si vuole sostenere che occorre salvare le altre a prescindere; al contrario si vuole sostenere che partendo dalla nostra tradizione manifatturiera si tratta di riqualificare la struttura rispetto ai nuovi modelli di manifattura: ibrida, a risparmio energetico, con modelli d’innovazione aperti, basata sulla cooperazione industriale intersettoriale e con una forza lavoro stabile e ad alta qualificazione. Ciò richiede una politica industriale che non può ridursi né al dogma della creazione dell’ambiente idoneo per la competizione, né alla selezione dei campioni settoriali che dovrebbero poi trainare il resto. L’obiettivo della politica industriale è recuperare il grosso delle forze manifatturiere, il che significa creare gli strumenti per sostenere un sentiero d’innovazione anche delle piccole e medie imprese. Disastrosa da questo punto di vista è stata la politica dei governi Berlusconi e Monti sul lavoro; l’idea che l’Italia fosse impedita nella creazione di nuovi posti di lavoro da un’esagerata protezione del lavoro ha semplicemente rimosso il vero problema che sta nell’incapacità del sistema produttivo di creare attività produttiva vendibile; a riprova di ciò le poche aziende italiane di successo sono nella maggior parte dei casi caratterizzate da occupazione stabile e buone condizioni di lavoro. La Fiat, per altro, dopo avere disintegrato ogni ragionevole parvenza di Relazioni Industriali non riesce a raggiungere livelli produttivi rilevanti. Le misure di disarticolazione del mercato del lavoro –precarizzazione - e delle Relazioni Industriali – liquidazione progressiva del contratto nazionale con incentivi fiscali – e di messa in mora dei contratti – l’articolo otto della legge 2011 n.148 – e messa in mora delle tutele contro i licenziamenti – nuova versione dell’art. 18 nella legge 214 del 2011 -vanno quindi cancellate.

Una seria politica industriale ha bisogno anche di ammortizzatori sociali che difendano il patrimonio di lavoro e industriale esistente per rendere credibile un processo d’innovazione che non sia la pura registrazione di chi comunque sopravvivrebbe alla crisi. Vanno quindi rinnovati e modificati gli ammortizzatori sociali lungo la linea seguita dalla Germania in questi anni. Infine, sul piano materiale, occorre ridare potere d’acquisto ai salari e agli stipendi. La strada maestra è quella del circolo virtuoso ripresa produttiva basata sull’innovazione e su alti standard lavorativi – crescita occupazionale e aumento delle retribuzioni. Il circolo virtuoso può essere sostenuto con adeguate manovre fiscali e d’incentivazione.

Una necessità vitale per il mondo del lavoro italiano è metter fine alla gestione autoritaria e totalmente antidemocratica della rappresentanza e della validazione della contrattazione. Naturalmente vi è una responsabilità primaria delle organizzazioni sindacali ma, nel momento in cui l’intero sistema delle Relazioni Industriali italiane è collassato - grazie alle iniziative convergenti della Fiat, della Cisl, della Uil e del ministro Sacconi – vi è anche una responsabilità politica e governativa da assolvere. Va risolto, per legge, il problema della rappresentanza delle organizzazioni sindacali e la validazione democratica delle loro iniziative negoziali. Non si tratta solo, come sembra prevalere tra le forze politiche, di regolare la rappresentanza, magari con la trasformazione in legge dell’accordo del 2011, ma di risolvere, per via legislativa, il problema di come si risolve un contenzioso contrattuale tra organizzazioni la cui rappresentatività sia stata accertata. L’unica strada democratica è il voto di tutti quelli che sono oggetto di una regolazione contrattuale, a qualsiasi livello ciò accada.

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MB

“FARE SACRIFICI PER SCONGIURARE LA DEFLAZIONE CAUSATA DALLA SCARSITÀ DI DENARO, CHE IN REALTÀ POTREBBE ESSERE STAMPATO, NON HA SENSO QUANTO ASTENERSI DA UN’IMPORTANTE AZIONE DI GOVERNO, SOLO PERCHÈ SONO TERMINATI I MODULI NECESSARI O LA CANCELLERIA. —ABBA LERNER, ECONOMICS OF EMPLOYMENT (1951)



ESISTONO IN OGNI LUOGO O NAZIONE, MOLTI PIU’ LAVORI DA FARE CHE PERSONE IN CONDIZIONE E CON LE CAPACITA’ DI REALIZZARLI .

NON TI DICONO O NON HANNO CAPITO CHE IL PROBLEMA NON È IL DEBITO TROPPO ALTO, MA UN DEBITO ALTO DENOMINATO IN UNA MONETA NON TUA, CHE DEVI PRENDERE IN PRESTITO DALLE BANCHE INTERNAZIONALI, CIOÈ L’EURO.


Quando uno Stato a moneta sovrana, non convertibile e flottante, e non utilizzavamo l’EURO, decideva una spesa, quella spesa diventava la nostra ricchezza, in quanto lo Stato finanziava al netto la spesa da sostenere.
Era monopolista delle proprie emissioni monetarie, per esempio, assumendo operatori nei servizi sociali o nei trasporti, con l’acquisto delle divise (Alitalia, Poste, Esercito, Ferrovie dello Stato, Medici, Infermieri, e molti altri), o ristrutturare un museo, assumere i relativi addetti per la sua gestione, costruire un ospedale, una scuola, o migliorare i nostri sistemi di comunicazione, quel debito diventava la nostra ricchezza, in quanto lo Stato finanziava al netto la spesa da sostenere, essendo proprietario delle proprie politiche monetarie, immettendo liquidità all’interno del sistema economico senza dover chiedere prestiti a NESSUNO.
Non ha senso per uno Stato dover tenere la contabilità come una famiglia o un’ impresa, con tutte le limitazioni che ne conseguono.
E' lo Stato stesso che DEVE garantire sufficiente liquidità alle famiglie ed alle imprese.
Accreditando massa monetaria, in prima istanza nei conti correnti delle aziende pubbliche, e alle ditte appaltatrici private, tramite il sistema bancario pubblico o privato, e in seconda istanza ai dipendenti che lavoravano per esse.
Il concetto di Res Publica doveva essere abbandonato dal 1971 in poi, anno in cui Nixon decretò la fine del Gold Standard.
Lo Stato in quanto monopolista della propria moneta NON HA E NON DEVE AVERE L’OBBLIGO di gestire la propria contabilità come una famiglia.
Noi famiglie ed imprese, in quanto utilizzatori della moneta, ad ogni transazione economica avremo sempre un saldo zero.
Perchè mai uno Stato Sovrano dovrebbe gestire il suo bilancio come quello di una famiglia o di una impresa, mi sembra non abbia senso.
Quale deve essere l’attività primaria di un governo? (Si potrebbe azzardare l’unica)!
Deve ricercare con tutti i mezzi e con tutte le forze il bene comune di famiglie e imprese, creando i presupposti affinché possano produrre e consumare il giusto, sviluppare al meglio la proprie capacità produttive e relazionali, e utilizzare i servizi disponibili.
Dato che non esistono solo lavori manuali il Governo deve facilitare anche la possibilità dei singoli a sviluppare le proprie attitudini intellettuali.
Non in un futuro che non arriverà mai, ma ora.
E' possibile che uno Stato possa funzionare mantenendo i servizi essenziali per la sua cittadinanza dovendo tenere la contabilità come una qualunque impresa o famiglia?
Deve per forza spendersi, e spendere per noi creando ricchezza al netto, che non è una passività come quella che contrae una famiglia facendosi prestare denari dal sistema bancario, ma torno a dire è la nostra ricchezza.

PER UNA QUESTIONE DI CONTABILITA' IN UNA STATO CON PROPRIA MONETA (SOVRANA,NON CONVERTIBILE, FLOTTANTE) IL DEBITO PUBBLICO VIENE CONTABILIZZATO NEL PASSIVO DI BILANCIO DOVE SARA' LA POSTA ATTIVA ? LA RISPOSTA E' UNA SOLA! NEI NOSTRI CONTI CORRENTI, NELLE SCUOLE CHE FREQUENTANO I NOSTRI FIGLI, COSI’ COME NEI CONTI BANCARI DEGLI INSEGNANTI, CHE LI EDUCANO O DEI BIDELLI CHE TENGONO IN ORDINE LA STRUTTURA OPPURE NELLE STRADE E NEI MEZZI DI TRASPORTO CHE UTILIZIAMO PER RECARCI AL LAVORO O PER IL NOSTRO SVAGO, E IN TUTTI I SERVIZI CHE SIAMO IN CONDIZIONE DI GESTIRE O CHE LO STATO VUOLE FARCI GESTIRE PER MIGLIORARE LA QUALITA’ DELLA NOSTRA VITA.

Siamo tutti noi utilizzatori di strumenti, l’economia e il sistema monetario sono strumenti. Provate ad immaginare un coltello, è uno strumento, come l’economia e il sistema monetario. In funzione di chi li usa possiamo avere risultati diversi. Sia il coltello, l’economia e il sistema monetario possono essere usati per ferire o per farvi gioire.
Il coltello può essere usato per offendere, o per tagliare in armonia un pane; così l’economia e il sistema monetario possono essere usati per renderci felici o farci cadere in depressione o deflazione e non poter vivere una vita degna di essere vissuta.

Il nostro problema sono le persone, su cui riponiamo la nostra fiducia. Deleghiamo loro la possibilità di gestire il sistema economico e monetario cioè gli strumenti che determinano le nostre capacità ad agire in un determinato contesto. Da quando ci alziamo, a quando andiamo a dormire, ognuno di noi utilizza il sistema economico e il sistema monetario, ma quasi nessuno ne comprende il funzionamento.

Domandatevi il motivo per cui non lasciate utilizzare ad un bimbo un coltello lungo e affilato in compagnia di altri suoi coetanei.
Mi pare abbastanza chiaro, ognuno di noi è in condizione di capire che quel coltello usato impropriamente da quel bimbo, creerebbe dei problemi a se stesso ed anche ad altri.
La logica e le nostre conoscenze ci impongono di non lasciarglielo usare.
Non lo riteniamo idoneo all’utilizzo di quello strumento in quanto ne abbiamo le competenze.
Al contrario in mano ad un adulto di fronte ad un pane da affettare, non creerà in noi nessun tipo di dissenso.
Lo riteniamo idoneo all’utilizzo di quello strumento in quanto ne abbiamo le competenze.
Ma ribaltiamo il concetto sull’utilizzo di un altro strumento molto più pericoloso, ma sul quale non abbiamo competenze, quindi non sappiamo riconoscerne la pericolosità.
Questo strumento è il sistema monetario.
Domandiamoci:
quali conoscenze abbiamo per definire se un politico all’interno del sistema governativo ha le competenze per gestirlo in maniera efficiente.
Per averne le competenze sarebbe opportuno che tutti noi in qualche modo cercassimo di capire come funziona. Altrimenti come possiamo decidere se chi abbiamo delegato ad usarlo lo utilizza con competenza oppure no.
La moneta non è un valore……………….. ma semplicemente un’ unità di misura pari al metro, al chilo, al chilometro, o ai numeri stessi. Dire che uno Stato non ha più denaro per gestire le proprie spese, è come dire che non abbiamo più la possibilità di studiare la matematica perché sono finiti i numeri.
Proviamo ad immaginare di essere una famiglia e naturalmente avere l’ opportunità di gestire la quotidianità dei vostri cari (figli).

Nel corso della vostra e della loro vita gli riconoscerete il diritto di vivere una vita degna di essere vissuta.

E’ sicuramente sacrosanto.

Durante la nostra esistenza avremo la capacità di offrire ai componenti della nostra famiglia affetto, tempo, conoscenze, errori,…….. e anche del denaro che servirà loro per intraprendere il lungo cammino della vita sociale fino a che saranno autosufficienti.


Come imporremo loro la nostra autorità?

Con delle regole!

Ricordiamo sempre che il sistema monetario e il sistema economico sono delle componenti presenti in ogni nostra azione quotidiana.

In ogni famiglia esiste il sistema governativo (padre e madre ) e settore non governativo (figli ).

Chi immette denaro all’ interno del contesto famigliare ?

Il settore governativo (padre e madre) tramite la loro capacità di spesa.

Come può il settore non governativo avere denari (figli) ?

Può solo riceverli dal settore governativo (padre e madre) che glieli fornisce senza richiederne rimborso, cioè al netto!

Mettiamo il caso che nella gestione economica della famiglia vostro figlio Luca abbia fatto scaturire nella contabilità un deficit di bilancio di 100.

Può essere immaginabile chiedere a Luca la restituzione di quel valore e considerare questa spesa un deficit di bilancio?

Domandatevi cosa è per Luca, e cosa è voi quel valore di 100.

Forse un suo debito nei vostri confronti?

O un vostro credito nei suoi?

Potrebbe un genitore anche solo pensare di farseli restituire.

Cosa sarà questo valore denominato 100 ?

La definirei una ricchezza finanziaria al netto.

Dovrà forse Luca sentirsi in dovere di restituire tale somma?

Oppure dovrà pensare che è la sua ricchezza ed anche la vostra?

Spendendovi a farne una persona giusta, avete creato un valore aggiunto alla società che è impagabile ed insostituibile.

Proviamo ora ad effettuare un ragionamento più ampio.

Posizioniamo tutte le famiglie e le imprese all’interno di un territorio che chiameremo (STATO ), gestito dal settore GOVERNATIVO. Mentre le famiglie e le imprese le chiameremo settore NON GOVERNATIVO.
E’ chiaro a tutti che la massa monetaria all’interno del settore NON GOVERNATIVO la può solamente e soltanto immettere il settore GOVERNATIVO, cioè lo STATO in qualità di emittente monopolista.

Quindi andiamo a dare una definizione alla moneta.

Che cosa è in realtà il denaro in un sistema in cui non esiste più una sua convertibilità, in qualcosa di prezioso e raro, per esempio l’oro? (GOLD STANDARD, eliminato da Nixon nel 1971.

Questo concetto è stato abbastanza anacronistico anche nei periodi precedenti, cioè esisteva in circolazione molto più denaro del corrispettivo in oro; quest’ultimo peraltro molto raro).

La moneta non è affatto un valore.
La moneta non è altro che un codice che ci permette di accedere alle cose di cui abbiamo bisogno e ad eventuali servizi .

Acquisisce valore solamente nel momento in cui ad esso abbini un qualcosa da comperare.

Il valore in ogni transazione economica, non è mai il denaro, ma è sempre la merce oggetto della transazione.

SE CONSEGNI UN SOLDO AD UN BIMBO PER COMPRARSI UN GHIACCIOLO, QUALE SARÀ IL VALORE, IL SOLDO O IL GHIACCIOLO…

CHIEDETELO AL BIMBO LUI LO SA.

Viene accettato da tutti per effettuare e facilitare gli scambi tra le persone all’interno di un determinato contesto e in ultimo ma ugualmente molto importante sotto il profilo monetaristico, pagare le Tasse.

Quindi abbiamo creato un contenitore all’interno del quale esiste un settore GOVERNATIVO ( lo STATO) e un settore NON GOVERNATIVO ( le nostre famiglie e le aziende).

Il settore NON GOVERNATIVO ha solo prodotti, materie prime e persone con capacità a sviluppare relazioni, lavorazioni e scambi di merci.

Chi deve obbligatoriamente spendere per primo per dare al settore NON GOVERNATIVO (persone e aziende) la possibilità di vivere con la massa monetaria sufficiente a scambiarsi le merci ed aiutarli ad avere una vita che valga la pena di essere vissuta ?

La risposta non può essere che una:

Lo STATO o settore GOVERNATIVO!

Spendendo al netto per noi, crea la massa monetaria necessaria in funzione delle merci che siamo in condizione di produrre, facilitando anche le nostre relazioni sociali.

Cosi, come padre e madre si spendono per i propri figli senza chiedere in restituzione nulla, anche il settore GOVERNATIVO cosi farà con le famiglie e le aziende all’ interno del suo contesto, creando un circolo virtuoso dal quale non dovrà assolutamente attingere con le tasse una quantità di denari superiore a quella necessaria per vivere una vita decorosa.
Altrimenti a noi cosa rimane?

Naturalmente tutto ciò è possibile solo in un contesto monetario definito “FIAT” che deve essere obbligatoriamente a moneta SOVRANA, FLOTTANTE nel mercato dei cambi e NON CONVERTIBILE.

A cosa servivano le tasse prima di entrare nel sistema EURO quando avevamo la nostra moneta (lira) ?

IMPORCI L’USO DI QUELLA MONETA

1) tenere a freno il potere economico dei ricchi (non quello della gente comune). 2) limitare l’inflazione. 3) scoraggiare o incoraggiare taluni comportamenti. 4) imporre ai cittadini l’uso della sua moneta sovrana. Infatti, se non esistesse l’obbligo per tutti i cittadini di pagare le tasse con la moneta sovrana di Stato, lo Stato sostanzialmente cesserebbe di esistere.


Le tasse, in un sistema monetario a moneta sovrana, erano uno strumento monetaristico che permetteva di lasciare o togliere massa monetaria dal sistema, osservando il volume degli scambi.

Tenere sotto controllo la quantità della moneta circolante in funzione delle merci, e la nostra capacità a farle circolare all’interno del sistema, senza dimenticare di punire e scoraggiare comportamenti eticamente scorretti legati all’uso della moneta stessa.
Le tasse non servivano assolutamente al settore GOVERNATIVO per gestire le sue spese, noi famiglie ed imprese non abbiamo mai finanziato proprio nulla, come potrebbe essere possibile.
In questo modo il settore GOVERNATIVO (STATO) aveva modo di poter gestire le nostre vite autonomamente, pensando al nostro benessere, nonostante il detto Governo Ladro.

Proviamo a pensare all’ EURO, è a tutti gli effetti una moneta di nessuno (straniera).

Come devono fare gli stati dell’ Unione Monetaria Europea a procurarsi il denaro per il loro funzionamento?

Li possono solo prendere da noi, settore NON GOVERNATIVO (famiglie e aziende) o indebitarsi con il settore bancario o con la speculazione finanziaria.

Ora la domanda è:

Come possiamo pensare di risolvere questa situazione ?

Come potrebbero i nostri figli avere un futuro se il denaro investito per loro gli fosse chiesto indietro, tutto?

Se spendiamo 100 per formare un uomo all’interno della famiglia, e nel momento in cui potrebbe inserirsi in un qualunque contesto sociale, e godere degli insegnamenti avuti , per questioni di contabilità, gli si chiedesse la restituzione della somma investita.

Contabilmente avremo un PAREGGIO DI BILANCIO, ma lui sarebbe rovinato.

Questa è la situazione in cui ci troviamo tutti dal momento in cui è stato ratificato e inserito in costituzione il pareggio di bilancio o addirittura se vorremo essere virtuosi l’eccedenza di bilancio.

Un sistema monetario che mette in circolo 100 e preleva 100, pareggio di bilancio.
Risultato per noi (settore NON GOVERNATIVO) sarà ZERO, e se ne iniziano a vedere i risultati ; oppure immettere 100 e prelevare 120 quindi il risultato per noi sarà meno VENTI ( eccedenza di bilancio = nostro impoverimento), cioè un po' per volta ci portano via tutto quello che abbiamo.
Di questo la storia sarà testimone.
A voi le conclusioni.


L'austerità nell'Unione Europea è davvero come la medicina medievale, quando si salassavano i pazienti per curare i loro malanni e quando il sanguinamento li faceva star peggio, si salassavano ancora di più.
http://krugman.blogs.nytimes.com/2012/12/11/bleeding-europe/


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