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Prendiamocela con l'Europa

03/01/2014

Il "Manifesto dei 15", l'appello promosso da 15 intellettuali sugli effetti delle politiche di austerità nella crisi, è non solo utile ma anche educativo. La stretta sociale dell'austerity rende urgente e opportuno “prendersela con l’Europa”. Una replica alle critiche espresse da Michele Salvati sul Corriere della Sera

Nel valutare sul Corriere della sera la critica del “Manifesto dei 15” (il numero dei firmatari elencati) alla politiche europee di austerità, non si può dar torto a Michele Salvati quando osserva che il superamento della “crisi” e il rilancio della crescita richiede di aver ben presenti le “condizioni dell’offerta” (nel suo elenco, competitività delle nostre imprese, l’inefficienza della pubblica amministrazione, il “disordine politico”) e che quindi non si debba trascurare l’incidenza degli squilibri interni accanto ai vincoli internazionali (nel caso, quelli europei) che ci condizionano.

Tuttavia parlare di “mezza verità” – cosa che permette al quotidiano di affermare redazionalmente che è “inutile prendersela così con l’Europa” – finisce con l’essere altamente fuorviante poiché, come Salvati stesso può convenire, è difficile ritenere che vi sia una politica della domanda disgiunta da una politica dell’offerta, quando la politica economica è inevitabilmente e sempre unica, anche se articolata sui due versanti a seconda degli aspetti strategici individuati per la loro maggiore rilevanza e urgenza.

Parlare di mezze verità e spostare il discorso sulle condizioni di offerta può favorire una contrapposizione che rischia di oscurare la vera questione, ovvero quale politica di domanda deve associarsi alla politica di offerta. Non prendersela con la politica europea di austerità come invita il Corsera significa accettare “una” politica dell’offerta, ovvero quella delle “riforme strutturali” dirette a forzare quella ristrutturazione delle relazioni di lavoro e del welfare che intendono porre le relazioni sociali in subordine a quelle di mercato. Non so se questa prospettiva di ridimensionamento dei diritti sociali è quella di Salvati, ma certamente non sembra essere quella dei 15 la cui evidente preoccupazione è che la politica (di domanda) recessiva di Bruxelles non crei condizioni economiche e sociali irrimediabili per possibili successive politiche (di offerta) che abbiano come obiettivo un rafforzamento produttivo compatibile con coesione sociale e progresso civile. È la stretta sociale che la politica di austerità sta provocando nella società europea per una sua profonda trasformazione che rende “urgente” e opportuno “prendersela con l’Europa”.

D’altra parte, leggere il Manifesto dei 15 nella maniera riduttiva di Salvati rafforza quell’opera di oscuramento sulle riflessioni di politica economica che offrono una visione alternativa non solo agli imperativi di Bruxelles, ma anche alle varie non-politiche adottate dai nostri governi degli ultimi decenni. Proposte di politiche alternative ci sono – da ultimo quella della Controfinanziaria di Sbilanciamoci! – e tali da intrecciare la visione di breve e quella di medio periodo, le condizioni di domanda e quelle di offerta; purtroppo si deve constatare che esse vengono ampiamente ignorate dalla pubblicistica quotidiana e quindi sistematicamente trascurate nel dibattito economico-politico che conta nei media.

D’altra parte, se può essere scontato che non ci si debba dimenticare del carattere “interno” delle nostre difficoltà, non va sottovalutato che le politiche di austerità hanno l’effetto di strutturare, attraverso le politiche interne, i diversi territori europei per posizionarli all’interno della gerarchia produttiva dell’Unione. La struttura dei redditi e delle condizioni di welfare interna a ciascuna area è sottoposta a una pressione che la riadegui al grado di competitività espressa dalle sue istituzioni; ma ciò prospetta un’Europa contrassegnata da profonde e persistenti differenze tra territori e all’interno degli stessi. Una realtà assoggettata a una assillante competizione istituzionale tra le diverse aree – a livello fiscale, dei diritti del lavoro, delle garanzie sociali e così via, comunque tutte al ribasso - che non può che evolversi in un ridimensionamento per tutti di quell’Europa sociale che è stata una delle motivazioni peculiari del pensiero europeista.

L’intervento di Salvati è quindi importante per capire quale visione di società europea ha l’area intellettuale che si riconosce nel Corriere della sera. È importante per comprendere che non condivide i pericoli che le attuali politiche europee possono avere nel lungo periodo su povertà, disuguaglianza e diffusione del non-lavoro; che il ridimensionamento radicale dello stato sociale e lo smantellamento dei diritti del lavoro non è in contraddizione con il futuro delle prossime generazioni; che tutto ciò non comporti una regressione “intellettuale e morale” e le essenziali condizioni di democrazia; che, nonostante il tranchant commento di Salvati sulla “Costituzione più bella del mondo”, non si traduca una sostanziale revisione dei valori costituzionali dei diritti sociali e personali a favore dei diritti (o meglio dei doveri) economici.

Su questi temi le poche battute del Corriere della sera non hanno alcuna utilità se non avviano una più approfondita riflessione e un confronto più puntuale su base più estesa. Esigenza particolarmente sentita se si considera che la definizione della combinazione di politiche di domanda e politiche di offerta sollevano la questione cruciale di quale soggetto politico è investito di questa scelta decisiva: se esso deve essere una semplice estensione delle decisioni di Bruxelles (come sembra essere la visione del Corriere della Sera e dei nostri ultimi premier) o possa esprimere una visione diversa di cosa fare in Italia e di come stare in Europa (come mi sembra intendano gli estensori del Manifesto dei 15).

È qui la differenza sostanziale, se comprendo bene. Il soggetto portatore della politica di Salvati non mi sembra essere quello auspicato dai 15; la prospettiva di un soggetto coerentemente liberal-conservatore che vuole ricondurre la socialità all’economico (l’economia sociale di mercato?) non può essere la stessa di coloro che vedono la dimensione economica come necessario sostegno alla diffusione del benessere e al progresso della civiltà europea. Va, paradossalmente, riconosciuto che il soggetto politico effettivamente emergente nell’attuale concreta situazione non ha i connotati né dell’uno né dell’altro, ma è proprio per questo che alla domanda retorica che pone Salvati (è utile, è educativo, un appello basato su una così evidente omissione, così lontano dai problemi di riforma sui quali il governo e le forze politiche effettivamente si battono?) non ho dubbi a rispondere affermativamente. Le riforme per le quali il governo e le forze politiche – e l’informazione nel suo complesso e i suoi maitres à penser – si battono non sono quelle di una civiltà europea che è stata e può essere un riferimento di qualità per il resto del mondo; per questo ritengo che siano urgenti e necessari gli appelli perché si possa diffusamente e opportunamente discutere di quale futuro questa classe intellettuale oggi egemonica nei media ci sta operosamente e ciecamente approntando.

***

• Appello degli economisti “Urgente per l'Europa" il manifesto 22 dicembre 2013

• La replica di Michele Salvati sul Corriere della sera del 29 dicembre 2013:

• Giovanni Dosi su il manifesto del 31 dicembre 2013:

• Lettera al Corriere della sera del 31 dicembre 2013 di Burgio, de Cecco e Lunghini:

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Commenti

Un insopportabile e "ottuso" moderato, che dice in parte il vero

Trovo francamente bizzarro e intrinsecamente illogico che il prof. Michele Salvati, forse succubo della sua albagìa sostanziale (ammantata di buone maniere) e della sua irresistibile inclinazione al moderatismo, che lo porta sistematicamente a privilegiare un’ottica moderata e parziale, accusi dello stesso ‘peccato’ gli estensori della lettera-appello.

Lo ripropongo (cfr. http://old.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/Sbilanciati-ed-estremisti-18607 ):
"Con tutto il rispetto, il prof. Michele Salvati è un insopportabile e "ottuso" moderato (e lo dico io che sono un riformista, non un massimalista).
Per motivare l'"ottuso", riporto dal mio ‘post’ “Il Sig. Silvio B., il mammone dal collo taurino ed il suo tallone d’Achille/14” http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2598138.html :
“Ritengo opportuno aggiungere, avendo letto che qualcuno talora blatera che è necessario e conveniente “accontentare” Silvio Berlusconi nelle sue mire “riformistiche”, che di queste stesse necessità e convenienza scriveva – nel 2003 su ‘la Repubblica’, poco prima di passare al ‘Corriere della Sera’ – il prof. Michele Salvati, uno dei padri del PD. Ed io sentii l'urgenza di scrivere quella lettera (la mia prima ad un giornale) proprio per mettere in guardia – credo per primo in Italia - dalla bulimia di Berlusconi (come è noto, il bulimico è insaziabile per definizione). Casualmente (?) - l'ho già scritto - il 15 del mese dopo, Eugenio Scalfari in un editoriale dal titolo “ Una lotta giusta ma un voto inutile” (vedi allegato), scrisse della bulimia di Silvio Berlusconi”.".

Sono invece d’accordo, come ho già scritto qui recentemente (cfr. http://old.sbilanciamoci.info/Sezioni/globi/Bce-troppo-poco-e-troppo-tardi-20880 e http://old.sbilanciamoci.info/Sezioni/alter/Finanziaria-alcune-proposte-per-cambiarla-20808 ), sul fatto che l’Italia - in un piano complessivo, che metta insieme obiettivi a breve, medio e lungo termine - debba completare i compiti a casa, in particolare, imposta patrimoniale e prestito forzoso sulla metà del decile più ricco - la ricchezza degli Italiani è superiore a quella dei Tedeschi ed è un dato ben noto ai Tedeschi e a Der Spiegel, che periodicamente ce lo rammentano -, per finanziare la crescita ed il rafforzamento degli ammortizzatori sociali (soprattutto RMG e piano corposo di case popolari di qualità, ce ne sono 1/30 rispetto alla Germania); riforma ed efficientamento della cruciale PA, ivi inclusa la riforma della giustizia civile; lotta severa all’evasione fiscale; ampliamento a tutti i livelli di criteri meritocratici e di maggiore efficacia-efficienza), avendo come stella polare l’equità.


Da che parte sta Saccomanni?

Da che parte sta il ministro Saccomanni (che ha calato le brache, assieme al premier Letta, sull’abolizione dell’IMU, che ha decurtato i finanziamenti anti-crisi di ben 4 mld) rispetto alla lettera-appello dei 15 intellettuali?
Io spero che la sua risposta non sia come quella dell’ineffabile presidente della BCE, Mario Draghi, che, in una sua dichiarazione recente, ha maldestramente mentito limitando i compiti della BCE alla sola difesa dall’inflazione (contraddetto peraltro anche dalle stesse sue scelte operative anti-crisi nel 2011-2012), mentre, come risulta dal suo statuto, essa ha come compiti istituzionali non solo la difesa dei prezzi, ma anche la crescita economica e dell’occupazione. [*]
Rammento, per inciso, che l'attuale tasso di inflazione UE è ai minimi storici, anzi ci sono rischi reali di deflazione generalizzata.

[*] Funzioni della BCE
Obiettivi
“L’obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi”.
Inoltre, “fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nella Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti nell’articolo 2” (articolo 105, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea).
Gli obiettivi dell’UE (articolo 2 del Trattato sull’Unione europea) sono un elevato livello di occupazione e una crescita sostenibile e non inflazionistica.
http://www.ecb.int/ecb/orga/tasks/html/index.it.html

Lettera-appello di 15 intellettuali
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2801429.html

precisazione

Mi scuso con Salvati, la citazione di J. M. de Maistre è riferibile alla classe dominante del proprio secolo, che si rende colpevole o complice del disastro economico e sociale del paese. Più precisamente chi ha governato negli ultimi 20 anni è imputabile di omissione di soccorso............testimoni che potevano e non hanno fatto nulla. Il senso del dovere dovrebbe indurre, chi ricopre cariche istituzionali ad erogare qualche forma di indennizzo (responsabilità collettiva) anziché un risarcimento (responsabilità individuale). Invece da noi, domina da anni il principio dello scarica barile.

è utile prendersela con Letta, montato che non ha fatto nulla come i suoi predecessori.

La possibilità di sforare il 3% è una sciocchezza, i conferimenti dell'Italia alla Ue gravano parecchio, e l'Italia spende il 52,5% dei FSE. Le riforme strutturali dirette al ridimensionamento dei diritti sociali porterà al collasso il sistema Italia, che non può reggere e regredire ai paesi come Brasile, Cina ,India. L'unico modo per far decollare i consumi, senza misure protezionistiche sanzionabili, è il reddito minimo garantito. Salvati e i poteri forti, (coloro che hanno rendite di posizione non gli imprenditori veri - l'eroica Fiat di fronte al disastro flop abbandona il fronte Italiano per andare in Amerika -, tremano ad una politica di redistribuzione dei redditi con patrimoniale. Infatti è scandalosa la mancia sul cuneo fiscale per abolire l'Imu , resuscitata dal giocoliere montato Letta, che ora ostenta sicurezza con lo spread (un inganno che oscillerà sempre alle prime turbolenze dei poteri forti). Conclusione, il referendum sull'euro si deve fare, aspetto la proposta per emendare l' art. 75 Cost. Salvati e gli altri orsi , sono belli in carne, possono resistere benissimo alla carestia e al letargo/immobilismo del governo. Le altre bestie se periscono è meglio ,c'è + cibo per voi la prossima primavera." Più conosco gli uomini più amo le bestie". J.M. de Maistre

sull'offerta

Michele Salvati concentra la sua attenzione sulle condizioni dell'offerta, sostenendo che quello è un problema nostro, ma dimentica che uno degli attori fondamentali che può modificare la struttura dell'offerta è il sistema bancario il quale dovrebbe avere il compito di finanziare le imprese. Purtroppo la sciagurata politica monetaria e creditizia europea ha dato la massima importanza al rafforzamento patrimoniale delle banche che hanno ridotto drasticamente i prestiti alle imprese.Inoltre, politici e tecnici hanno sottovalutato il fatto che la liquidità delle banche è strettamente collegata con la domanda, ossia con il ciclo economico, e la propensione a finanziare le imprese dipende dalle aspettative di crescita dell'economia e quindi dalla fiducia nella capacità di onorare gli impegni di pagamento. Inoltre, l'Italia è stata penalizzata dagli alti tassi di interesse sui titoli pubblici che si sono trasferiti sui tassi sui prestiti alle imprese e alle famiglie. Se la Banca Centrale Europea fosse intervenuta per abbassare i tassi sui titoli dei paesi in difficoltà e la politica creditizia fosse stata più espansiva, le imprese avrebbero potuto avere finanziamenti molto maggiori a tassi più bassi.

In sintesi, da quando è scoppiata la crisi il sistema bancario sta funzionando diversamente rispetto al periodo precedente. Tutto ciò rappresenta una gravissima responsabilità dell'Europa, le cui politiche hanno pesantemente danneggiato il nostro sistema industriale e la competitività delle nostre imprese.

Ma parliamoci chiaro: ragionare con Michele Salvati è una partita persa.

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