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Il populismo tecnocratico del «rottamatore»

04/07/2014

Renzismo alla prova/Renzi parla al popolo e lo raggiunge con le sue brevi frasi tempestive. I giornali e i notiziari televisivi moltiplicano e ripetono i suoi messaggi. Gli avversari vi si aggrappano, i comici ne fanno un successo. Ma ora è il momento di capire: si passerà dalle parole ai fatti?

L'Italia, paese di populisti e di populismi. Ne ha conosciuti ben tre (e mezzo), nel ultimi vent'anni, un record mondiale. Populismo: che è concetto classico della politica e della sociologia ma che tuttavia è un processo culturale prima che politico. E oggi economico prima che culturale e politico, nel senso che è appunto l'economia capitalista ad essere oggi un processo culturale prima che economico, producendo - prima delle merci e del denaro - le mappe concettuali, cognitive, relazionali, affettive necessarie per la navigazione nel mercato; trasformando quello che era il cittadino dell'illuminismo in lavoratore, merce, capitale umano - ovvero in mero homo oeconomicus. Tre populismi interi: Berlusconi, Grillo e Renzi. E il mezzo populismo della Lega. Tre padri politici invocati dal popolo perché lo sorreggano, lo portino da qualche parte, gli dicano cosa deve fare, perché questo stesso popolo si ritiene incapace (o non più desideroso) di assumersi la responsabilità di essere sovrano di se stesso.

Effetto culturale - questo - dell'antipolitica capitalista, che per essere sovrano assoluto e culturalmente monopolista deve rimuovere ogni sovrano concorrente.

Berlusconi: il populista che prometteva la modernizzazione neoliberale del paese. In realtà, un populismo del cambiare tutto per non cambiare nulla (soprattutto i suoi interessi personali e aziendali).

Un populismo aziendalista, con la figura del padre/leader sostituita da quella dell'imprenditore che si è fatto da solo (o quasi), perfetta nell'esprimere il modello culturale che tutti dovevano apprendere: l'edonismo, il godimento immediato, la deresponsabilizzazione egoistica ed egotistica.

Per legittimare - questa l'azione appunto culturale, pedagogica prima che economica - le retoriche neoliberiste dell'essere imprenditori di se stessi e della competizione come unica forma di vita.

Bossi e la Lega: il mezzo populismo (non solo perché limitato a una parte del territorio), apparentemente il più classico dei populismi con il richiamo alla tradizione, ai simboli di terra e di sangue. All'essere padroni a casa nostra: da intendere però non come sovrani sulla nostra terra ma come padroni nel senso antico del capitalismo. Populismo da piccola impresa, da capitalismo molecolare come versione localistica dell'ordoliberalismo tedesco e della sua pedagogia per imporre il modello impresa all'intera società.

Grillo: il populista contestatore, il teorico del net-populismo come forma perfetta della democrazia. Grillo come l'uomo del cambiamento ma incapace di cambiare (dice solo no) e forse populista anche di se stesso.

E Matteo Renzi. Un populismo di tipo nuovo ma evoluzione dei precedenti. Perché anch'egli cerca il rapporto diretto con il popolo e lo invoca come propria totalizzante legittimazione. Perché aspira ad essere insieme Partito di Renzi e Partito della Nazione. Un partito-non-partito tuttavia, ormai anch'esso trasversale - e quasi un non-luogo nel senso di Marc Augé: come un aeroporto, un supermercato, un luogo di consumo di politica.

Un populismo che invoca il popolo contro le caste e il sindacato salvando invece le oligarchie che lo sostengono come un sol uomo; che ha grandi mass-media schierati dalla sua parte e che gli consentono ciò che mai avrebbero consentito a Berlusconi; un populismo fideistico e teologico-politico (noi contro loro, noi il tutto che non accetta il due e il tre e il molteplice e gli eretici; noi il nuovo, gli altri il vecchio).

Un populismo che vuole rottamare appunto il vecchio, ma che non rottama, non corregge (una volta si chiamava autocritica, ma il nuovo che avanza travolge anche la memoria) i molti errori del passato: il sì all'austerità, all'articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio.

Un populismo finalizzato alla modernizzazione dell'Italia - e ogni populismo è stato, storicamente anche una via per la modernizzazione, facendo accettare al popolo, in nome del popolo quelle trasformazioni che altrimenti non sarebbero state possibili per trasformare un paese e quel popolo. Per questo, quello di Renzi è un populismo tecnocratico: che produce quella modernizzazione neoliberista che Berlusconi non è riuscito a produrre e Grillo fatica a poter produrre.

Un populismo nel nome della tecnocrazia, che la tecnocrazia ama; un populismo che trasforma (forse questa volta per davvero) il potere politico nel senso richiesto dalla tecnocrazia: meno democrazia (la riforma del Senato, le proposte di nuova legge elettorale); meno diritti sociali e quindi politici (diventati un costo); più decisionismo; meno partecipazione e più adattamento alla realtà immodificabile del mercato; meno cittadinanza attiva e più accettazione della ineluttabilità del reale. Perché le sue pratiche politiche - al di là delle apparenze e delle discussioni con Angela Merkel e di alcuni interventi comunque virtuosi - sono tutte dentro alla cultura della modernizzazione richiesta dall'ideologia neoliberista (flessibilità del lavoro, privatizzazioni, un nuovo modo di essere imprenditori di se stessi, riduzione ulteriore dello stato sociale, crescita invece di sviluppo, competizione invece di solidarietà); e la flessibilità sul Fiscal compact (invece della sua abolizione, per evidente irrazionalità e surrealtà economica), pure invocata, è un pannicello caldo rispetto al nuovo new deal che sarebbe invece necessario (e urgente). Un populismo futurista, inoltre: nel nome della velocità, delle macchine, delle parole in libertà, dell'azione per l'azione.

Il populismo di Renzi è dunque più di un classico neopopulismo, che ha dominato la scena per trent'anni coniugando populismo e neoliberismo, mercato e popolo, modernizzazione e impoverimento e disuguaglianze. E' un neopopulismo tecnocratico - per altro discendenza diretta di quello neoliberista - che scardina ancor più di quello neoliberista le forme e le pratiche della democrazia; riduce a niente la società e la società civile; attacca il sindacato o lo rende inutile (in coerenza con le tecnocrazie globali); che spettacolarizza se stesso proponendosi come outsider, come rottura, come alternativa, in realtà portandoci nella società dello spettacolo della tecnocrazia.

Una tecnocrazia che non si espone più direttamente con i noiosi e antipatici tecnici, ma con la fantasia e l'estro di un populismo mediatico e spettacolare, moderno e postmoderno insieme, dove twittare è più importante che ascoltare.

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Commenti

Renzi Populista o no ?

Io condivido l'articolo principale e vorrei dire a Vincesko, che chiede i tre indizi per fare una prova:
1) Gli 80 euro per i lavoratori sotto un certo reddito: non è misura giusta, perché precari, pensionati e disoccupati, anche con minor reddito, non ne beneficiano. Non è strutturale, perché non è finanziata per il futuro, non è congrua, perché i contemporanei aumenti delle tasse si mangiano il regalo e anche di più.
2) Le dichiarazioni sulla crisi sono identiche a quelle di Berlusconi: "bisogna essere ottimisti, avere fiducia, i ristoranti sono pieni", ecc. Infatti si è visto cosa è successo dopo !!
3) Si urla contro la tecnocrazia e si propone un senato non elettivo composto da una casta di secondo grado che già ha dato pessima prova di sé in Regione. Una legge che verrà stroncata dalla Corte Costituzionale non appena se ne potrà occupare, come già ha fatto con le molte tecnicamente pessime leggi predisposte da Berlusconi, Monti e C.
Bastano questi indizi ? Se ne vuole altri non c'è che da aspettare. Ma purtroppo potrebbe essere tardi.

cos'è il populismo?

per commentare l'articolo bisognerebbe prima sapere cosa intendete per "populismo".

La definizione di "populismo" data dal vocabolario Treccani è "...atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi. Con sign. più recente, e con riferimento al mondo latino-americano, in partic. all’Argentina del tempo di J. D. Perón (v. peronismo), forma di prassi politica, tipica di paesi in via di rapido sviluppo dall’economia agricola a quella industriale, caratterizzata da un rapporto diretto tra un capo carismatico e le masse popolari, con il consenso dei ceti borghesi e capitalistici che possono così più agevolmente controllare e far progredire i processi di industrializzazione.".

Se così fosse....dove lo vedete il "consenso dei ceti borghesi e capitalistici" verso Grillo?

dare tempo

Utile idiota, strumento nelle mani dei tecnocrati, soggiogatore di popoli. Scusate , abbiamo avuto per decenni farabutti di ogni tipo al governo che ci hanno portato a questo livello, hanno avuto anche piu' mandati politici attraverso democratiche elezioni e adesso che abbiamo al governo una persona presentabile facciamo gli schizzinosi!? Permettiamo a Renzi di percorrere la sua strada e poi giudicheremo.

Il "tecnocrate" Renzi contro la tecnocrazia

Riporto l’articolo:

CON IL CANCELLIERE AUSTRIACO FAYMANN
Renzi, dobbiamo difendere Ue dall’assalto della tecnocrazia

«L’Europa non può diventare la patria delle burocrazie e delle banche ma solo se mette in comune i valori e gli interessi dei cittadini. Non serve a niente condividere una moneta se non condividi un destino. Dobbiamo difendere l’Europa dall’assalto della tecnocrazia». Così Matteo Renzi al convegno sul ruolo delle Regioni in Europa, Europa delle Regioni» con il cancelliere austriaco Werner Faymann, a Castel Presule , a Bolzano.

«L’Italia ha perso autorevolezza perdendo autostima»
«C’è bisogno di una qualità che l’Italia ha perso», ha aggiunto Renzi. «La fiducia in sé stessi, abbiamo perso autorevolezza perché abbiamo perso autostima. Per anni l’Italia si è raccontata come un insieme di problemi ma l’Italia non è questo, ci sono valori educativi e culturali come la scommessa sul bello».

«I successi di altri non sono causa problemi»
«Non possiamo pensare di uscire dalla crisi se continuiamo a guardare a chi ha risultati diversi da noi, sull’economia come sulla disoccupazione, come causa dei nostri problemi».
http://www.corriere.it/politica/14_luglio_05/renzi-dobbiamo-difendere-ue-dall-assalto-tecnocrazia-fdc26516-0434-11e4-80b4-bb0447b18f3b.shtml

RENZISMO

non avevo mai commentato gli articolli di sbilanciamoci, ma adesso devo farlo. Questo articolo è validissimo. E' una delle anallisi più centrate che abbia mai letto. Condivido in toto quanto vi è scritto. Parte di quanto è scritto è, da anni, parte del corso di cui sono titolare all'Università. In effetti il popolo italiano è stato soggiogato da quattro populismi (Lega, Berlusconi, Grillo e Renzi), ha perso la capacità di controllare, di partecipare, di essere critico. Carlo Bolognesi.

Populismo vs cerebralismo

Citazione:
“a me è piaciuto molto, ma ho almeno una domanda
siamo certi, quali sono i fatti, che fanno di renzi un populista tecnocratico ?”.

A me, questo articolo sotteso di cerebralismo, NON è piaciuto PROPRIO perché non indica i fatti. Ce ne vogliono almeno 3, similmente agli indizi per fare una prova. Ma fatti conclamati, non elucubrazioni da intelligentoni massimalisti, ché come si sa sono incontentabili.
Io non sono renziano, ma da almeno 4 anni reputo Renzi un tipo coraggioso e tosto, che ha iniziato la sua attività politica rottamando il proprio padre. Sono curioso anch’io di vedere come andrà a finire, ma sono incline a pensare che egli sarà un osso duro anche per la tecnocrazia, italiana (con gli alti burocrati e le banche ha già iniziato) o estera (UE e Weissmann).
Infatti, manco a farlo apposta, oggi Renzi – stimolato dalle critiche del governatore della Bundesbank Weissmann, si è scagliato ieri e oggi contro la tecnocrazia.

tecnocrazia

a me è piaciuto molto, ma ho almeno una domanda
siamo certi, quali sono i fatti, che fanno di renzi un populista tecnocratico ?
e se fosse solo l'utile idiota (del momento) per le tecnocrazie ?
e se come utile idiota fallisce, quale sara' il prossimo cavallo ?

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