L’Europa si è fatta prepotente. Dalla vicenda greca la democrazia esce sconfitta, trionfa il potere della finanza e il comando della Germania.
Oggi non si può chiedere a nessuno di parlare della Grecia sine ira et studio. C'è la rabbia e c'è la presa di parte. Le emozioni sono razionali a modo loro, e solo un pregiudizio a favore della democrazia può giustificare una qualsiasi analisi degna di questo nome. Le analisi economico-finanziarie che prescindono da questo riferimento essenziale non capiscono la natura del problema, e si rivelano per quello che sono: retoriche al servizio dei potenti. La loro scienza non è mai stata tanto triste e perniciosa!
Il senso profondo, già storico, degli eventi è il confronto tra ragioni della democrazia e ragioni della potenza (economica e finanziaria, ma non dissimile negli effetti e negli intenti dalle vecchie forme a base di cannoniere). La democrazia esce sconfitta, dichiarata dannosa dai più alti vertici istituzionali europei, di quella Europa che scioccamente si vantava di esserne la patria e il modello esportabile. Non la democrazia è primaria, ma il denaro, deve essere una lezione chiara per tutti, affinché non sopravvivano vecchie superstizioni e velleità al riguardo. Il secondo senso, più contestualizzato e geo-referenziato, è di stabilire chi comanda in un'Europa che non ha un governo democratico, né lo deve avere. Un nucleo di paesi – che davvero sono stati al margine del processo europeo – con al centro la potenza geopolitica pivot, la Germania onnipotente. Questa Germania ancora una volta preda di proprie ebbrezze di dominio tradisce tutta la sua storia di avvicinamento all'Occidente democratico tante volte spiegato e quasi implorato da Habermas. Sappiamo bene chi comanda, e precisamente a due livelli: nella dimensione astratta del denaro come potenza che subordina e sostanzialmente sterilizza le forme democratiche residue. E a livello geopolitico europeo. Guardiamo al futuro forti di queste certezze. Negative e perfino pericolose certo, ma almeno inequivocabili. Se si aggiunge al quadro lo spettro del TTIP, Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti, acquisiamo alcune certezze circa il modo in cui l'Europa prepotente ha definitamente scelto di stare nei processi globali, rinnegando tutto il suo passato fino ai suoi atti fondativi e alla Strategia di Lisbona 2000.
Si può ancora fare un passo nell'analisi e considerare le implicazioni dell'intimidazione esercitata nei confronti della democrazia. Una lezione per tutti, anche per i più moderati recalcitranti, Italia compresa: la democrazia non deve ostacolare, ma deve servire la potenza. Inoltre la sovranità nazionale ha senso solo se essa stessa – nelle modalità già sviluppate in alcuni paesi centro e nord-europei – nella forma pervertita di moralità finanziaria (!) sta al servizio della potenza della finanza in quel quadro di risorta supremazia regionale, che proprio l'Europa unificata avrebbe dovuto neutralizzare. Si tratta di una nuova soglia nel declino del regime democratico ed anche dello stato di diritto. Non ci si deve spaventare: il nuovo autoritarismo tecnocratico-finanziario è soft nelle forme quotidiane e lavora duro sui presupposti: della sfera pubblica, della funzione pubblica, dei diritti sociali e civili. Un'epoca volge al tramonto, compresa quella dell'Europa unificata nella democrazia. D'ora in poi sarà unificata dai mercati finanziari, certo più efficaci.
Mentre i greci soffrono e noi tiriamo a campare, è bene – a fronte di queste durezze storiche – non farsi facili illusioni e mantenersi sobri come Socrate. Quei trucioli di sinistra che ancora si entusiasmano facilmente per le virtù e le capacità degli altri saranno del resto surclassati da Salvini o dai Cinque Stelle, ben più capaci di comunicare emozioni, sia pure negative. Ma già riportare una tragedia storica a queste dimensioni un po' folkloriche, per quanto radicate, mi sembra un'offesa alla dignità di coloro che di quella tragedia stanno pagando tutti i conti e sopportano i costi di un inedito – in Europa – esperimento di dominio.
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