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Fuori o dentro? La politica a Cinque stelle in Sicilia

05/03/2013

Cosa insegna l’esperienza del Movimento Cinque Stelle in Sicilia? Conta la voglia di punire i politici, la liberazione dalle clientele e i buoni comportamenti dei consiglieri grillini

Bastano pochi dati per descrivere i risultati delle elezioni in Sicilia. Il PD che aveva intercettato il 19% dei voti alle regionali 2012 si mantiene su dati molto simili al Senato e alla Camera. Il PDL che, diviso in due tronconi alle Regionali, aveva realizzato complessivamente il 44% alle regionali scende al 33% al Senato e al 31% alla Camera. Il Movimento 5 Stelle dal 15% alle Regionali (2% alle Regionali del 2008) passa al 29% al Senato ed al 33% alla Camera. C’è da tener conto delle variazioni del tasso di astensione che dal 55% alle Regionali è sceso in quest’occasione al 35%.

Quello su cui vogliamo soffermarci, in particolare, è un dato quantitativo. Al Movimento 5 Stelle, appena cinque mesi addietro, sono andati in Sicilia 269.000 voti. Oggi al Senato ne vanno 663.407 ed alla Camera 840.000.

Quali spiegazioni possono offrirsi su questa variazione così significativa, con l’occhio alle dinamiche dell’economia siciliana?

Proviamo a richiamare qualche dato sulla base di rapporti Istat. Su cinque milioni di siciliani lavora meno di una persona su quattro, con il tasso di disoccupazione più alto d'Italia, il 19,4% contro una media nazionale pari al 10%. Dal 2007 al 2011 248 mila persone sono rimaste prive di occupazione, l'equivalente degli abitanti di Trapani, Agrigento e Caltanissetta messi insieme.

Si perdono posti di lavoro nell'edilizia, nel commercio e nelle piccole imprese, penalizzate queste ultime da delocalizzazioni e pessime infrastrutture. Ogni giorno, festivi compresi, falliscono due imprese con un ritmo incessante da diciotto mesi a questa parte. In più, alla disoccupazione occorre aggiungere il lavoro precario in attesa di stabilizzazione [1] cui si accompagna tra l’altro una criticità nei conti della Regione che fa temere prossimi “tagli” di spesa a carattere assistenziale.

Ora, una indagine sul risultato delle elezioni regionali a Palermo [2] suggeriva già alcune ipotesi: Grillo seduce i delusi nei partiti ma non i disgustati. Una pista di approfondimento che va seguita ma, a parer nostro, non interamente condivisa anche se l’esame dei cosiddetti flussi elettorali dovesse confermarla [3]. Nel senso che il voto per Grillo appare motivato da tre fattori fondamentali: la punizione, la liberazione dal giogo clientelare, l’accoglienza entusiastica riservata alle prime pratiche di “governance” messe in atto dai parlamentari grillini all’Assemblea Regionale.

Proviamo ad approfondire. La caratteristica della “punizione” nasce dal desiderio di “offendere” una classe politica che si ritiene genericamente corrotta, insensibile, incapace. Nel senso che non è più capace di “inventare” posti di lavoro malgrado i lauti introiti percepiti.

Questo si accompagna ad un senso di liberazione rispetto ad un modello ispirato al voto di scambio che si rivela oggi fallimentare per la mancata contropartita promessa. Con la consapevolezza peraltro che questa tipologia di voto non aveva più dentro le condizioni di validità: la disponibilità cioè di risorse per gli imprenditori della politica da gestire con regole discrezionali.

Passiamo al terzo fattore. E per illustrarlo può essere utile ricostruire l’esperienza di partecipazione al governo della Regione Siciliana da ottobre ad oggi. Nel caso del Movimento 5 Stelle diciamo subito che siamo lontani da slogan tipo “partito di lotta e di governo”. Piuttosto, si è venuto realizzando, fino a questo momento, uno schema virtuoso, almeno dal punto di vista della tipologia di opposizione praticata. Nel quale si accettano cariche istituzionali, si mettono subito in pratica propositi di taglio ai costi della politica, si individuano temi fondamentali (finora prevalente di stampo ambientalista) e si fornisce al consenso popolare sui temi stessi (il rifiuto del MUOS a Niscemi) un appoggio in sede assembleare.

In sostanza, a ben vedere, questa sembra un’opposizione che non si nutre di radicalismi ed agisce lasciando ad altri pienamente senza trucchi, ipocrisie, baratti, la responsabilità di decisione non condivise. Far cadere il numero legale, come è accaduto, in qualche occasione all’Assemblea Regionale, è atto paralizzante non in sé quanto perché viene a coincidere con un assenteismo colpevole e ingiustificato dei partiti che dovrebbero costituire, grazie ai rinforzi giunti in gran copia dopo le elezioni regionali, la cosiddetta maggioranza.

E non v’è alcun dubbio che alcuni comportamenti (come il taglio dell’indennità parlamentare), proprio perché non hanno prodotto alcun effetto imitazione, probabilmente hanno finito con l’attirare preferenze verso questo movimento. Ovviamente abbiamo finora parlato di “governance” e non di tensione programmatica. Una caratteristica del Movimento 5 Stelle in Sicilia è stato finora quella di adoperarsi per seguire emergenze, non per attuare il loro programma, descritto e esaminato da chi scrive in “LaVoce” [4]. Nel quale, accanto ad idee interessanti, si trovano obiettivi che ragionevolmente sembrano di impossibile realizzazione (si pensi all’autarchia auspicata nel settore alimentare) insieme ad altri che non appaiono coerenti con i conti della Regione.

Come si intrecciano la punizione, la liberazione, la condivisione della quale ha finora goduto in Sicilia il Movimento 5 Stelle con il futuro dell’economia regionale? Viene subito in mente che il successo del Movimento 5 Stelle nelle elezioni nazionali avrà scarso riflesso sulle tendenze dell’economia siciliana ormai fuori dal controllo del governo regionale ed affidata a politiche e risorse nazionali ed europee. C’è un punto chiave ancora tutto da chiarire, una domanda con due possibili risposte. Il Movimento 5 Stelle sembra avere, al momento, nel suo DNA un’impronta solidaristica, un afflato di coesione territoriale, un progetto per il superamento dei divari? [5] Se così fosse una prima risposta metterebbe in rilievo una attenzione, relativa ai fattori che in Sicilia vi hanno determinato il successo, più centrata su future azioni concrete che sulla punizione e la liberazione. A parer nostro è buona la seconda che abbiamo lasciato intendere.

 

[1] Si tratta di 18 mila Lavoratori Socialmente Utili (LSU) collocati negli Enti Locali, 700 contrattisti della Regione, 3 mila ex Piani di inserimento professionale (PIP) di Palermo, 1000 operai dei Consorzi di bonifica e oltre 8 mila addetti ad Attività Socialmente Utili (ASU), trentamila forestali part-time.

[2] M.Smargiassi, Il PD cede un voto su quattro, La Repubblica, 31 Ottobre 2012

[3] È disponibile un interessante saggio sul tema riferito però a precedenti scadenze elettorali. Cfr. E. Gualmini – P.L.Corbetta, Il Partito di Grillo, Il Mulino 2013

[4] Centorrino M., Un’economia a 5 Stelle, 3 dicembre 2012, www.lavoce.info.

[5] Si vada sul punto Centorrino M., David P., Billeri M., La Grilloeconomics, 15 febbraio 2013 www.nelmerito.com

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