Il grande crollo non ha scalfito le certezze del Libro Verde: così anche il nuovo piano del governo sul welfare consegna pensioni e sanità alla capitalizzazione e ai privati. Aggiungendo incertezza a incertezza, ed evitando di guardare quel che sta succedendo nel mondo
Il “Libro Bianco sul futuro del modello sociale” è stato presentato dal Governo a circa un anno dal precedente “Libro Verde”, ma il tempo e i fatti intercorsi tra i due documenti non hanno prodotto i necessari insegnamenti. Il Libro Verde aveva avuto la “sfortuna” di essere stato concepito prima della “Grande crisi del 2008” e di essere presentato proprio pochi mesi prima della sua esplosione. Oramai è chiaro che quella in corso è una crisi epocale, che non si limita certo agli aspetti finanziari con i quali si è inizialmente manifestata e, come nel ‘29”, segna uno spartiacque nelle vicende economiche, nelle stesse teorie interpretative e nella mentalità dell’opinione pubblica.
L’insegnamento principale anche di questa crisi è aver confermato l’illusorietà di ritenere che i mercati possano garantire uno sviluppo “armonico”. Come toccò a Keynes spiegare negli anni ’30 - ma altri, come Marx , lo avevano già fatto in precedenza – una contraddizione intrinseca del mercato capitalistico è che esso genera incertezza, la quale, a sua volta, crea seri ostacoli al suo funzionamento. Lo stato sociale nasce e si sviluppa storicamente anche sotto la spinta delle imprese e dei governi, nella convinzione (supportata anche dalle teorie liberali più avanzate) che solo logiche diverse da quella del profitto possono compensare i casi di fallimento - non solo sociali, ma anche economici - del mercato.
La “Grande crisi del 2008” ha vanificato con la durezza dei fatti i tentativi teorici neoliberisti di ridurre l’incertezza – imponderabile per definizione – a rischio probabilisticamente prevedibile. Capita la “lezione”, anche i più strenui difensori del mercato hanno richiesto a gran voce, e continuano a farlo, l’intervento pubblico su tutti i fronti. Il Libro Verde, invece, non cogliendo la natura e l’entità della crisi in arrivo, e pur usando un linguaggio che ostentava attenzione al sociale, riproponeva i cardini della politica affermatasi nei passati decenni; cioè una politica basata sull’idea di contrastare l’incertezza trasferendone gli oneri e la responsabilità dalle istituzione pubbliche alle percezioni e alle possibilità individuali, dalle imprese ai lavoratori.
Il Libro Bianco non ha più nemmeno la “scusante” temporale del documento precedente, ma - pur riconoscendo che in questo momento non sarebbe il caso di aggiungere incertezza a incertezza operando immediatamente un nuovo taglio alle pensioni, alla sanità e in generale alla spesa sociale - insiste comunque a chiare lettere che proprio questa è la strada che intenderà seguire nel corso della presente legislatura.
Come è noto, i bilanci di tante grandi imprese americane, come quelle automobilistiche, erano già in dissesto ben prima del 2008, e una causa significativa stava nel debito pensionistico che avevano accumulato verso i loro dipendenti; i piani di recupero di queste imprese stanno passando anche per la riduzione delle coperture pensionistiche già maturate. D’altra parte, i sistemi pensionistici a capitalizzazione - che il Governo vorrebbe diffondere nel nostro paese con un ruolo non più integrativo, ma sostitutivo del sistema pubblico a ripartizione – avevano già lasciato del tutto privi di copertura lavoratori americani, come i dipendenti della Enron, o lavoratori inglesi, come quelli del gruppo Maxwell.
Nel nostro paese, la previdenza privata a capitalizzazione ha ancora un ruolo complementare e segue regole d’investimento mediamente più prudenti - che però significa investire il risparmio previdenziale essenzialmente in titoli di stato, proprio per arginare i rischi della capitalizzazione! Tuttavia, ciò non ha impedito che, specialmente per i lavoratori che hanno aderito ai comparti più “dinamici” (cioè maggiormente esposti in investimenti azionari) dei fondi “aperti”, la distruzione di risparmio nel corso del 2008 abbia raggiunto anche il 28% tra i fondi negoziali e il 39% tra i fondi aperti.
E’ dunque paradossale che proprio mentre la crisi ribadisce con crudezza che l’incertezza è un aspetto strutturale del funzionamento del mercato, il nostro governo pensi di affidargli il compito di contrastarla estendendo il metodo della capitalizzazione e il ruolo dei privati anche alla sanità e alla gestione degli ammortizzatori sociali.
Un comportamento così “paradossale” da parte del Governo dovrebbe scontrarsi anche con un’accresciuta sensibilità dell’opinione pubblica alla sicurezza sociale, al conseguente maggior ruolo del welfare state e a politiche che favoriscano congiuntamente la crescita del reddito e una sua più equa distribuzione. Ma l’affermarsi di tali sensibilità nell’opinione pubblica e nella loro traduzione in scelte reali per la vita del nostro paese dipende anche dalla capacità della politica e dei suoi rappresentanti di intercettare e stimolare queste tendenze potenziali di tipo progressivo, riuscendo a indirizzarle in senso istituzionale. Come è noto, la crisi del ’29, mentre negli Usa stimolo il New deal, in Germania contribuì all’avvento del nazismo.
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