Scontro al vertice/Accolte alcune richieste della campagna contro il trattato Usa-Ue ma liberali e popolari hanno mantenuto l'opaca "cooperazione regolatoria"
C’è chi scommette di aver visto aggirarsi intorno all’edificio del Parlamento europeo un gigantesco lobbista gonfiabile, con un cane al guinzaglio dal nome sincopato stampato sulla medaglietta: TTIP. Queste ed altre saranno le sorprese che i Parlamentari europei troveranno ad attenderli a Strasburgo dall’8 all’11 giugno prossimi, quando esamineranno la propria Risoluzione sul negoziato transatlantico di Partenariato tra Usa e Ue su commercio e investimenti, il fantasmatico TTIP. Troppo forte è stato lo smacco che organizzazioni, sindacati, comitati e autorità locali che hanno manifestato dubbi e preoccupazioni sull’andamento delle trattative, hanno avuto alla lettura del testo emendato e approvato dalla Commissione parlamentare sul Commercio internazionale (INTA) il 28 maggio scorso e che verrà discusso a Strasburgo..
Qui e lì si scorgono le tracce dei mesi di discussione con le altre Commissioni che hanno dato il proprio parere sulla bozza iniziale. Molte le correzioni di rotta richieste alla Commissione europea, che concretamente conduce i negoziati per tutti noi: bollate come non necessarie all’inizio del dibattito pubblico quando venivano presentate dalle campagne Stop TTIP di tutta Europa, sono state raccolte nel testo finale, perché più che fondate. I parlamentari chiedono alla Commissione di disegnare il trattato in modo “che non sia focalizzato solo sulla riduzione di barriere tariffarie e non, ma che funzioni come strumento per proteggere lavoratori, consumatori e ambiente”. Si chiede ai negoziatori europei di prevenire che, con una maggiore apertura del mercato transatlantico “si generi dumping sociale e ambientale”, scrivono i Parlamentari europei, cioè che anche le nostre imprese vadano a cercare oltreoceano lavoratori ed energia meno cari, date le minori protezioni sociali e ambientali garantite negli States. Si chiede alla Commissione di “di garantire un alto livello di protezione dei consumatori”, sempre per evitare la concorrenza sleale . I parlamentari, insomma, hanno dimostrato di non esser così tanto sicuri, come pure ribadito fino alla nausea dai Governi – Roma in testa – che tutto questo fosse scontato nel TTIP.
I socialdemocratici della Commissione INTA, però, hanno accolto le pressioni di popolari e liberal che minacciavano di bocciare la Risoluzione in aula, qualora si fosse aperto troppo alle richieste della società civile. Ed ecco così che il testo che verrà discusso a Strasburgo prevede, pur con una formula più sinuosa, l’inclusione della controversa clausola di protezione degli investitori rispetto alle decisioni degli stati sovrani (Investor to State Dispute Settlement o ISDS). Eppure molti degli stessi parlamentari che lo hanno votato avevano presentato, per farsi belli con i cittadini, emendamenti che ne prevedevano l’eliminazione dal testo. Si prevede, ancora, di utilizzare come base legale per la protezione dei nostri prodotti Doc e Dop, ma anche dei nostri prodotti più sensibili alla concorrenza, l’accordo di liberalizzazione concluso col Canada, o Ceta, controverso almeno quanto il TTIP e non ancora votato dai rispettivi parlamenti, forzandone l’approvazione.
Nonostante siamo a pochi mesi dalla Conferenza delle Parti delle Nazionii Unite sul clima, convocata a Parigi per raffreddare con urgenza il pianeta, si spinge per una maggior libertà del commercio dei combustibili fossili, come se non si fosse deciso in quella stessa sede che essi sono il passato remoto del mercato energetico globale. Per di più si mantiene intatta la Cooperazione regolatoria tra Usa, cioè quel meccanismo che annualmente e in permanenza, fuori dal controllo di ogni filiera democratica, elencherebbe le regole, gli standard, i regolamenti che fanno problema al commercio transatlantico per spianarle in assoluta autonomia, senza rispondere a nessun altri che al trattato. E per scansargli future fatiche, ogni futura regola che potrebbe turbare gli scambi transatlantici gliela dovremmo notificare prima di deciderla, e nel caso, se fa problema, cambiarla.
Contro chi ha votato questa resa incondizionata agli interessi corporativi, si è sollevata una vera e propria tempesta via email e social media, che ha lasciato esterrefatti i destinatari e turbato i mandanti di quel voto, che sono corsi a presentare, nelle ore successive, decine di emendamenti riparatori in vista del voto definitivo. Tutto quello che del testo dovrebbe essere cassato o cambiato, come associazione l’abbiamo analizzato in un breve documento, che abbiamo recapitato a tutti loro, e che si trova a questo link http://bit.ly/1FTMP8w La pressione, poi, è destinata a crescere in vista di Strasburgo: la riuscita dipende da tutti noi.
Chi vuole che di TTIP si discuta meglio e più a fondo può scrivere ai propri parlamentari un’email a piacere o con il testo suggerito dalla Campagna Stop TTIP Italia a questo indirizzo http://bit.ly/1MlQnm6 . Sul sito è disponibile anche l’elenco degli europarlamentari di maggioranza, quindi determinanti per il voto finale, suddivisi per circoscrizione elettorale a questo link http://bit.ly/1JqMmwI
Verranno consegnati agli eurodeputati anche i primi due milioni di firme della petizione popolare europea contro il TTIP, che si può sottoscrivere anche sulla home page del sito della Campagna italiana, per sfondare il tetto previsto e impressionare ancor di più gli euro-eletti. Martedì 9 giugno gli account twitter di tutti i parlamentari (che si trovano sempre a questo link http://bit.ly/1JqMmwI) verranno nuovamente colpiti da una tempesta di messaggi per chiedere loro di fare la cosa giusta, e tutti potranno partecipare con le istruzioni pubblicate via web. Dall’8 all’11 in aula e fuori e dentro l’europarlamento, a Strasburgo ma anche a Bruxelles, si moltiplicheranno incontri faccia a faccia, volantinaggi, azioni dirette e simboliche. Il messaggio per gli eletti è chiaro: nessun accordo è meglio di un pessimo accordo. E la scelta giusta è a portata di pulsante.
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