La pubblicità dell'auto fattura 800 milioni di euro, il 20% del mercato degli spot. Eppure quel prodotto "nuoce gravemente alla salute". Se ne può parlare?
Un miliardo e un milione: in questi due numeri c'è tutta la vicenda dell’automobile. Un miliardo sono ormai le automobili nel mondo; un grande successo per l'industria dell'auto, che – pure in questi tempi di crisi – punta ad arrivare in 15-20 anni a due, tre miliardi di auto. Soprattutto grazie alla motorizzazione di massa dei grandi paesi in crescita: la Cina innanzitutto, ma anche l'India, il Brasile e tutto il Sud America. Un milione invece (sono in realtà 1,2 milioni) sono i morti nel mondo per incidenti stradali; la metà circa sono pedoni e conducenti di cicli e carretti. Si arriverebbe a oltre due milioni se si considerasse anche le vite umane perse – sono stime dell'Organizzazione mondiale della salute – a causa dell'inquinamento atmosferico locale generato dalle polveri sottili, il famigerato PM10. Insomma: ogni anno un'ecatombe in nome dell'auto.
Anche in Italia non ci allontaniamo da questo intreccio tra successo industriale e disastro sociale. Ogni giorno abbiamo 15 morti in incidenti stradali (e 5 di questi sono pedoni); 10 miliardi di euro l’anno è la stima del valore economico del tempo perso nel traffico (che di recente l'Adiconsum ha conteggiato in 12 giorni l'anno pro-capite); la vita media che si accorcia di 9 mesi a causa del pm10 emesso dalle auto nelle aree urbane; il 20% della CO2 generato dal trasporto stradale, unico settore dove le emissioni di gas-serra continuano ad aumentare. E per finire i costi economici vivi: ogni famiglia italiana spende in media per l’auto dai 3.000 agli 8.000 euro l’anno.
Con questo bilancio devastante, l’uso e l’acquisto di automobili dovrebbe essere scoraggiato con apposite campagne di formazione e informazione; lo slogan forse più appropriato dovrebbe essere “l'auto: più la conosci, più la eviti”. E invece l’auto è sostenuta da una vera e propria propaganda: in Italia, l’automobile è il prodotto più pubblicizzato, più dei prodotti alimentari e più dei telefonini. Nel 2008 i produttori di auto hanno speso oltre 800 milioni di euro in pubblicità di auto, il 20% del totale della spesa pubblicitaria italiana; e questo perché siamo in tempi di crisi: nel 2007 la spesa pubblicitaria di questo settore aveva toccato la soglia del miliardo di euro. Tutto questo senza conteggiare l'imponente flusso di informazione che i media dedicano all'auto; tutti (carta stampata e tv, da destra a sinistra, dal Nord al Sud) hanno la loro rubrica sull'automobile, sui nuovi modelli presentati ai saloni internazionali, sulle tendenze nelle fasce più popolari e in quelle di nicchia. Un vero e proprio rapporto amoroso: del resto come si fa a non parlare – e a non parlare bene – di un prodotto da cui deriva anche la principale fonte si sostentamento?
E allora non è un caso che in Italia, grazie alla pubblicità (e agli incentivi) ci troviamo con il record mondiale di motorizzazione (al pari ormai degli Stati Uniti): siamo proprietari di 35 milioni di auto (6 auto ogni 10 abitanti, un'auto ogni patentato).
A partire da questa contraddizione, l'associazione NoAuto ha ritenuto, sin dalla sua nascita, di doversi occupare di pubblicità di auto e di sollecitare una riflessione collettiva sull’impatto che essa ha sull’acquisto e sull’uso delle auto. Ormai un anno fa abbiamo avviato una campagna di segnalazioni agli organismi che si occupano di controllare l'applicazione delle norme che già esistono sulla pubblicità delle auto. Alla Camera di commercio di Roma abbiamo indicato alcune pubblicità dove è completamente assente o indicato in modo inopportuno (caratteri minuscoli, caratteri bianchi su uno sfondo azzurro, …) il livello di emissioni di CO2 del modello proposto; risultato: alcune multe sono state irrogate contro produttori e concessionari. All'Istituto di autoregolazione della pubblicità (IAP) abbiamo segnalato le pubblicità dove ci pare che si faccia un uso disinvolto di messaggi che potrebbero indurre a stili di guida poco sicuri; non tutte le segnalazioni sono state accolte, ma a Mercedes e BMW è stato chiesto di ritirare le loro campagne pubblicitarie. All'Antitrust abbiamo infine chiesto di valutare l'ingannevolezza di tutte le pubblicità che parlano di auto “ecologiche”, o “amiche dell'ambiente”, o con “emissioni al minimo”; siamo infatti convinti che un auto non può essere ecologica, ben che vada può inquinare meno di un modello precedente. Un'indagine è stata aperta e speriamo di non dover aspettare anni per avere dei risultati (tanto più che grazie agli incentivi statali, ormai quasi tutte le campagne mettono al centro l'eco logicità delle auto pubblicizzate).
Ma tutto ciò non ci basta. Sappiamo che in altri Paesi le norme sulla pubblicità delle auto sono molto più stringenti; in Francia ad esempio, l'equivalente dell'IAP ha regole specifiche per l'auto, una in particolare vieta di pubblicizzare l'auto inserita in contesti naturali (mentre da noi è diffusa la consuetudine di far vedere auto che attraversano laghi salati, che transitano nei boschi o che addirittura solcano i mari; mai una volta che l'auto sia rappresentata nel suo contesto usuale, cioè bloccata in una coda...). In molti altri Paesi (ad esempio nel Regno Unito) è vietato parlare di auto ecologiche o amiche dell'ambiente. Del resto su questo tema l'International chamber of commerce ha fissato delle direttive precise, che valgono per tutti i prodotti, non solo per l'auto; l'articolo E1 del codice sulla pubblicità non usa mezzi termini: “informazioni come 'amico dell’ambiente' o 'ecologicamente affidabile', che implicano che un prodotto o un’attività non hanno impatti – o solo impatti positivi – sull’ambiente, non dovrebbero essere usate a meno che non siano disponibile prove incontrovertibili”.
Ci piacerebbe poi che si applicasse anche alla pubblicità delle automobili quanto già si fa per le sigarette; ecco alcuni esempi di messaggi che dovrebbero essere riportati obbligatoriamente in ogni spot e ogni annuncio: “riduci il tuo consumo di energia e di ambiente, usa l'auto meno che puoi”; “la vita sedentaria fa male alla tua salute, usa l'auto meno che puoi”; “non contribuire al traffico e alla congestione, usa l'auto meno che puoi”; “hai mai calcolato quanto spendi per la tua automobile? usa l'auto meno che puoi”; ecc. E che si costituisse un fondo per la promozione della mobilità alternativa all’automobile (a piedi, in bicicletta, con i mezzi pubblici) e per l’informazione sui danni provocati dall’automobile (ambientali, sanitari, sociali, economici). Il fondo – gestito da soggetti associativi che promuovono una mobilità sostenibile) – dovrebbe essere alimentato da una quota (ci contentiamo del 3%) della spesa pubblicitaria del settore automobilistico.
Per discutere di tutto ciò, NoAuto ha organizzato ha organizzato un tavola rotonda che si terrà la mattina del 5 dicembre a Bologna, in non casuale coincidenza con l’apertura del Motor show 2009. Parleremo delle nostre iniziative e delle nostre proposte; parteciperanno alla discussione anche gli Amici della terra, che sul tema della pubblicità delle auto svolgono da anni una campagna europea e l'Aifvs-associazione italiana dei familiari delle vittime della strada, da sempre attenta al rapporto tra messaggi pubblicitari, comportamenti di guida e sicurezza stradale. Abbiamo invitato anche l'Uiga-unione italiana dei giornalisti dell'auto e i diretti interessati, cioè le associazioni dei produttori italiani e stranieri di auto. L’incontro sarà moderato da Elisabetta Tramonto, caporedattore di Valori, mensile di Banca etica. Vi aspettiamo; le informazioni di dettaglio su www.noauto.org.
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