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Editoriale

Chi si rivede, i superricchi

17/03/2010

Dallo scoppio della crisi in poi tutti sembrano preoccuparsi della sorte dei poveri, guardando con trepidazione sia alle persone che ai paesi meno fortunati; si constata l’aggravamento della loro situazione dopo lo scoppio della bolla dei mutui subprime e si invocano da più parti rimedi di vario genere, a livello nazionale ed internazionale, per far fronte alle difficoltà. Quasi nessuno invece sembra badare alla sorte dei ricchi e questo può suscitare qualche legittima meraviglia.

Cosa sta in effetti succedendo a tale, peraltro ridotto, strato della popolazione mondiale? Ci fornisce qualche elemento per rispondere alla domanda e placare forse qualche ansia diffusa in giro l’annuale classifica della rivista statunitense Forbes, che elenca diligentemente, attraverso indagini approfondite, le persone che posseggono in tutto il mondo un patrimonio di almeno un miliardo di dollari.

L’elenco, con riferimento alla situazione presente alla fine del 2009 e che molti tra i nostri lettori attendevano forse di conoscere con impazienza, è stato da poco pubblicato dalla rivista americana e possiamo subito affermare che finalmente il mondo può tirare un sospiro di sollievo, anche se non tutte le nubi si sono ancora diradate all’orizzonte.

In effetti, mentre nell’elenco al 31 dicembre del 2008 il numero delle persone superricche appariva falcidiato dalla crisi, essendo sceso a sole 793 unità, contro le ben 1125 dell’anno precedente - cosa che sembrava poter precludere all’apocalisse -, nella lista 2009 si assiste invece ad una netta ripresa e il numero delle persone molto agiate cresce di nuovo sino a 1011 unità, inoltre con un incremento della ricchezza media per persona da 3.0 a 3,5 miliardi di dollari. Ci sono così buone speranze che la lista per il 2010 riesca a battere persino il record del 2007 e che tutto rientri così di nuovo pienamente nell’ordine. A meno, certo, che la crisi non riparta per qualche via e i vari governi non abbiano l’ardire di aumentare le tasse ai ricchi per cercare di tappare qualche buco di bilancio, cosa certamente per fortuna molto poco probabile quasi dovunque e certamente impossibile, al momento almeno, nel nostro fortunato paese.

Come sottolinea W. Hutton sull’Observer (Hutton, 2010), non vi è in giro alcuna valutazione negativa riguardo ai miliardari. Si da per scontato che altissimi livelli di ricchezza siano inevitabilmente associati con il capitalismo, il progresso economico, la crescita dell’occupazione; un maggior numero di superricchi appare quindi a quasi tutti un importante segno di vitalità economica.

Ma bisogna in realtà considerare che la ricchezza può venire da attività produttive od invece improduttive. Il numero maggiore delle persone presenti nella lista deriva gran parte dei suoi beni dal secondo tipo di vicende, da pratiche monopolistiche, da furti su larga scala alle casse pubbliche - come nel caso degli oligarchi russi, presenti nella lista in numero di 62 e di quelli turchi, con 28 nomi -, da speculazioni immobiliari, da meccanismi di ingegneria finanziaria che ci hanno portato al disastro attuale, da evasioni fiscali su larga scala, o semplicemente da eredità, cosa quest’ultima che non comporta certo alcun merito.

In questa larga categoria di persone rientra tranquillamente il primo ricco presente nella lista di Forbes, il messicano C. Slim. Non si può certo dire che egli abbia creato ricchezza per il suo paese; l’ha semplicemente sottratta, peraltro legalmente, ai suoi cittadini, con delle tariffe telefoniche tra le più alte del mondo, che il signor Slim si può permettere di praticare sia in quanto monopolista del settore nel suo paese, sia per le relazioni amichevoli che egli intrattiene con le autorità pubbliche preposte al controllo del business.

Anche nel caso, minoritario, di quelli che sembrano avere fatto tanti soldi con attività produttive e innovazioni importanti per il mercato ed anche per la società, la realtà appare in proposito spesso piuttosto articolata. Si prenda ad esempio il caso di Bill Gates, il geniale imprenditore di Microsoft, la seconda persona elencata nella classifica; egli è anche additato a ragione come un imprenditore che destina gran parte delle sue ricchezze a cause umanitarie. Ma bisogna considerare che la Microsoft si trova da lungo tempo sotto il torchio delle autorità di Bruxelles per le sue abiette pratiche monopolistiche.

Ma anche nel caso del terzo nome nella lista, quello di Warren Buffett, cui non sembra potersi attribuire alcuna cattiva pratica di gestione e che può anche destare qualche simpatia, ci si può comunque interrogare su quanto sia socialmente accettabile che una persona singola, per quanto brava a gestire gli affari, riesca ad accumulare tante ricchezze senza che almeno il fisco intervenga impietosamente.

Ma si tratta forse semplicemente di invidia da parte nostra, come rileverebbe subito a chi facesse ragionamenti di questo tipo il nostro presidente del consiglio.

Bisogna considerare per fortuna che la lista di Forbes sottovaluta probabilmente il fenomeno della ricchezza mondiale. Mentre è in effetti relativamente semplice controllare il valore di azioni, obbligazioni, beni immobili posseduti ufficialmente dalle varie persone, appare molto difficile invece sapere quali ricchezze ulteriori si nascondano nei paradisi fiscali e quanto valgano veramente i titoli delle società non quotate. Alla fine, siamo ad esempio fiduciosi che la ricchezza reale di Berlusconi sia superiore a quella rilevata ufficialmente e che egli quindi possa scalare idealmente qualche posizione nella classifica, che lo vede attualmente soltanto al 73o posto; quasi una vergogna.

Un altro fatto che ci conforta, esaminando la lista, è che si va finalmente affermando nel mondo un regime di pari opportunità e che le grandi ricchezze non sono ormai un campo riservato ad un ristretto numero di americani e di europei, i quali non riescono più a bloccare l’assalto degli aspiranti ricchi degli altri continenti. La tradizionale divisione internazionale del lavoro almeno su questo fronte non ha retto all’urto e il vecchio ordine sociale è scosso dalle fondamenta.

La lista ci dice così che anche i ricchi dei paesi meno fortunati possono competere ormai ad armi uguali con quelli dei paesi avanzati, dei quali sembrano avere imparato tutte le sottigliezze gestionali e ai quali è ormai permesso di copiare gli stili di vita e la tipologia dei consumi dei loro omologhi dei paesi occidentali.

Così i superfortunati dell’Asia e dell’Australia hanno raggiunto il numero di 234, contro i 130 dell’anno precedente e con una cifra complessiva ormai molto vicina a quella degli europei, ora scesa a 248.

Nel confronto tra India e Cina, i due grandi paesi emergenti, il numero dei cinesi milionari è certo superiore, raggiungendo il numero di 79, la cifra più alta dopo quella degli Stati Uniti, ma mediamente i ricchi indiani, presenti nella lista in numero di 52, hanno una ricchezza media maggiore di quella cinese. Questo deriverà forse dalla ben nota spietatezza fiscale con cui il regime comunista di Pechino perseguita normalmente i poveri miliardari del paese.

Non che gli americani siano messi male; il 40% dei nomi nella lista è ancora di cittadini statunitensi, contro peraltro il 46% dell’anno precedente; essi controllano ancora il 38% della ricchezza totale.

Complesse formule economiche messe a punto da due economisti britannici (Doward, 2010) suggeriscono che una volta che un paese abbia raggiunto un ragionevole standard di vita, non c’è più nessun beneficio incrementale che possa derivare da una crescita ulteriore della ricchezza dei suoi abitanti e che anzi un suo ulteriore aumento tende a danneggiare seriamente il benessere del paese. Un altro studio ( citato sempre in Doward, 2010), in qualche modo complementare al precedente, suggerisce inoltre che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, che sono fra i paesi con le maggiori differenze di ricchezza tra i ricchi e i poveri, sono tra quelli che hanno anche i maggiori problemi sociali e sanitari.

Per quanto riguarda l’Italia, il numero dei ricchi presenti nell’elenco appare abbastanza ridotto, anche se bisogna ricordare che il nostro è anche un paese di grandi evasori fiscali. Il primo della lista è il padrone della Ferrero, con un rispettabile 28o posto, seguito dal proprietario della Luxottica, Del Vecchio; seguono poi Berlusconi, Armani, Moretti Polegato e i quattro fratelli Benetton.

Berlusconi, come ci informa Forbes, ha aggiunto nell’anno 2 miliardi di dollari alle sue ricchezze; non c’è quindi da meravigliarsi, come suggerisce un lettore dell’Observer, che egli vada ripetendo continuamente che non c’è in giro nessuna crisi economica.

Testi citati nell’articolo

-Doward J., More money makes society miserable, warns report, www.observer.co.uk, 14 marzo 2010

-Hutton W., Don’t celebrate these billionaires, be horrified by their existence, www.observer.co.uk, 14 marzo 2010

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