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Liberalizzare: perché per chi, e in che modo

17/12/2011

In molte attività c’è l’esigenza di migliorare l’efficienza, ridurre i prezzi e i privilegi, ma gli interventi di liberalizzazione, da soli, non risolvono tutti i problemi

Liberalizzare è una parola magica – ripetuta molto da economisti, commentatori e Banca d’Italia, ma mai applicata dai governi (solo Bersani, da ministro, ha fatto qualcosa) – tornata ora al centro del dibattito politico.

Nell’attuale drammatica situazione del paese, il governo vuole intervenire legislativamente per liberalizzare alcune attività commerciali e l’esercizio di professioni, sperando che tale azione favorisca la ripresa dell’economia. La reazione contro tale progetto da parte di varie lobby, spesso sedicenti liberali e politicamente di destra, è stata virulenta. Perché?

Liberalizzare significa organizzare in modo differente il funzionamento dei mercati in cui avviene lo scambio di beni e servizi. I mercati non esistono senza un insieme di regole, procedure, strumenti operativi cui devono sottostare gli operatori; il lassez faire è una mera ideologia neoliberista inapplicabile nelle società organizzate. L’assetto dei mercati incide sullo scambio, sulla struttura dell’offerta e della domanda, sui prezzi e la formazione di eventuali “sacche” di privilegi. Mercati ben organizzati sono più efficienti e evitano ingiusti vantaggi che si riflettono in prezzi più elevati; viceversa, nei mercati inefficienti il valore attuale di extra profitti futuri è incorporato nel diritto a esercitare l’attività o la professione.

Il trasporto pubblico su base individuale (cioè quello dei taxi) è l’esempio più evidente di malfunzionamento di un mercato. Le restrizioni all’accesso portano al sottodimensionamento dell’offerta, alla fissazione di prezzi elevati, all’incorporazione dei maggiori profitti nel valore della licenza. Lo scarso sviluppo del servizio porta a sua volta al maggior utilizzo di auto private e di conseguenza alla congestione del traffico. Liberalizzare l’accesso all’offerta del servizio significherebbe incidere sugli interessi dei taxisti che guadagnerebbero di meno e vedrebbero ridursi gli abnormi valori della licenza, che riflettono gli extra-profitti futuri. Di qui le loro reazioni furibonde. Gli interessi della collettività sono opposti: con l’eliminazione delle restrizioni all’accesso il prezzo del servizio calerebbe e la circolazione delle auto sarebbe ridimensionata. Ma i benefici – minori prezzi, migliore mobilità, minor inquinamento urbano – e la loro distribuzione tra gruppi di cittadini non dipendono solo dalla bacchetta magica delle liberalizzazioni all’esercizio dell’attività, dipendono da un insieme di misure come le restrizioni al traffico di auto private, il ruolo dei taxi in progetti di mobilità sostenibile, etc. E i cambiamenti non dovrebbero comunque portare ad attività in cui si diffondano salari da fame, lavoro nero e condizioni di lavoro degradate.

Insomma, non si dovrebbe guardare – anche da parte dei “liberalizzatori” del Pd – alle liberalizzazioni in sé, ma si dovrebbe considerare l’insieme dei cambiamenti possibili e gli effetti che avrebbero, entrando nei dettagli di ciascun provvedimento. Ad esempio, le liberalizzazioni del sistema bancario e finanziario internazionale introdotte a partire dagli anni 80 hanno favorito l’assurda crescita delle attività finanziarie, creando le premesse per la crisi attuale. Viceversa – con riferimento ai provvedimenti proposti dal governo - la liberalizzazione della vendita dei farmaci di classe C avrebbe effetti largamente positivi sulla riduzione di prezzi anormalmente elevati rispetto ad altri paesi europei. Lo stesso nel caso delle pompe di carburante, su cui si è opposta la potente lobby dei petrolieri.

Per quanto riguarda le professioni – avvocati, architetti, etc. – c’è l’esigenza di assicurare una qualità adeguata dei servizi offerti ai cittadini, ma gli ordini professionali si sono trasformati sempre più in corporazioni che difendono i privilegi dei propri associati, scaricando peraltro le difficoltà sulle condizioni di lavoro dei più giovani e più precari. In questo caso, piuttosto che liberalizzare, andrebbe ripensata l’organizzazione dei servizi professionali per meglio tutelare la collettività, anche attraverso un ruolo più incisivo dell’amministrazione pubblica.

In molte attività c’è sicuramente l’esigenza di migliorare l’efficienza, ridurre i prezzi e i privilegi, ma non si può pensare che interventi di liberalizzazione, da soli, risolvano tutti i problemi. E soprattutto, non ci si può illudere che siano misure come queste a creare le condizioni per una ripresa dell’economia dall’attuale recessione.

articolo apparso su il manifesto il 17 dicembre 2011

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Commenti

Non sempre la concorrenza è a vantaggio dei “consumatori”

Non sempre la concorrenza è a vantaggio dei “consumatori”, le cui organizzazioni, a me sembra in modo del tutto miope e immediatistico, hanno manifestato entusiasmo. Del resto, un simile liberismo potrebbe poi portare al suo opposto. Tanto per fare un esempio, le maggiori organizzazioni di taxi avrebbero modo di fare incetta delle licenze date in appalto, con costituzione di veri cartelli e tanti saluti alla “libera concorrenza”.

2 I tassisti a molti non sono simpatici, ma il fuoco di sbarramento appare eccessivo e eccessivamente pericoloso. Questa storia dei taxi è curiosa: in tempi non sospetti era stato Giavazzi a identificare nei tassisti il nuovo nemico di classe che si oppone alla modernizzazione - le liberalizzazioni - e che sottrarre risorse ai clienti, offrendo spesso un pessimo servizio,come dimostra una campagna de la Repubblica. Il decreto legge del governo (ma dove sono i motivi di urgenza?) porterà a una precarizzazione dei tassisti. Il modello è quello degli Usa dove il capitalismo è presente anche nel settore delle auto pubbliche. Certo, in Italia ci saranno maggiori garanzie, ma perché sono state introdotte le licenze a pagamento oltre a quelle programmate dai singoli comuni? Se la programmazione è ben fatta, non c'e' assolutamente bisogno di assegnare nuove licenze che porteranno esclusivamente a uno sfruttanto esasperato dei lavoratori con forme, oltretutto, di precarizzaione di chi guida. Questa riforma va nel senso esattamente opposto, sostituendo l'individuo con il capitale. Domani, grazie all'onorevole Bersani, io, traduttore di manuali tecnici, avrò il diritto di comparmi un taxi. Con la stessa libertà, però, una finanziaria potrà acquistarne diecimila, farli guidare da cooperative di senegalesi precari, e mandare in rovina non solo me, ma anche i tassisti storici, oltretutto indebitati a vita per l'acquisto di licenze ormai inutili.

Le "riforme di sinistra" avevano, una volta, la caratteristica di costringere il capitale a venire a patti con gli esseri umani, contro la stessa logica dell'economia. Concedendo ad esempio le otto ore lavorative, o la parità di diritti tra uomini e donne.

liberalizzazioni

Le liberalizzazioni sono la lotta tra le lobby esempio quella dei farmaci, ove la grande distribuzione a tutt'oggi non catalogata nelle lobby cerca di procurarsi un'altra fetta di mercato come a già fatto in precedenza facendo chiudere tutti o quasi le attività di vicinato (alimentari, macellerie ecc.) distruggendo piccole imprese a carattere famigliare che in passato hanno fatto crescere l'italia. Imprese sostituite da miseri posti con contratti atipici a 800 euro al mese. Bersani spinge da sempre sul canale farmaci solo per favorire le coop e per ambizioni di famiglia visto che la consorte gestisce ben 9 parafarmacie. Se veniva approvata quella Legge in Decreto centinaia di farmacie dei piccoli centri erano costrette a chiudere e/o spostarsi nei grossi centri come è già avvenuto con i negozi di vicinato lasciando paese e zone rurali senza l'unico presidio sanitario a disposizione della gente 24 ore su 24 e festivi. La gdo alle ore 20,00 chiude senza avere il problema di sentirsi bussare alle 2 di notte da persone che hanno bisogno. Per quanto riguarda l'occupazione bisognerebbe fare i conti con i Farmacisti che rischierebbero il posto di lavoro e quelli che verrebbero assunti con la norma in argomento e bisognerebbe tenere anche conto che questi andrebbero a lavorare alle dipendenze di qualcuno che di farmaci e farmacie non ne capisce niente. Mi meraviglio perchè il Governo ancora non accetta la discussione con federfarma la quale ha detto più volte che per garantire n uova occupazione e non licenziamenti si dovrebbero aprire più farmacie che darebbero più servizio sotto casa e più dignità ai giovani farmacisti. In italia siamo abituati che tutto quello che funziona dà fastidio.

Liberalizzare: perché per chi, e in che modo


Ho letto con interesse il Suo articolo in oggetto, devo peraltro dire che mi trova concorde per la maggior parte di quanto Lei esprime, tranne però riscontrare che nella sua analisi riguardo i taxi, essendo un operatore del settore non mi trova d'accordo non solo per i soliti luoghi comuni semplicistici che si fanno in materia (guarda caso solo nella nostra professione), ma le ricordo che il taxi è un servizio d'interesse pubblico che non PUO' e non DEVE sostituirsi al servizio pubblico come lo intende Lei, per non parlare della territorialità dove ogni realtà e fine a se stessa con problemi ed aspetti diversi (non a caso è regolamentato localmente) e generalizzare non è mai giusto.
Nello specifico cerco di analizzare punto per punto il suo scritto

1ºLe restrizioni a cui Lei si riferisce sono restrizioni regolamentate in base a leggi che regolano popolazione/operatori/territorio, e quindi non bloccate in assoluto, ma a fronte di criteri quindi nella disponibilità degli amministratori locali.
2ºPer i prezzi elevati bisogna ricordare che il prezzo (tariffa amministrata) così si chiama il prezzo espresso con una serie di calcoli che determino il prezzo finale e calcolato sui costi settoriali definiti in accordo con le amministrazioni che sigillano il tassametro (piombano) a garanzia dell'utente permettendo all'operatore di garantire lo stesso servizio in maniera indifferenziata, permettendogli di avere un reddito adeguato.
3ºI maggiori profitti nel valore della licenza, sono il frutto di un mercato e come tale dipende dalla richiesta, e mai come in questi ultimi anni la richiesta si alza proprio perché il mercato del lavoro (o meglio della perdita di lavoro) trovano in questa professione un'opportunità, che però non può e non deve stravolgere quell'equilibrio probabilmente migliorabile da realtà a realtà che esiste.
4ºNon ritengo che con l'eliminazione delle restrizioni come dice Lei il prezzo calerebbe, anzi sicuramente il prezzo aumenterebbe come in tutte le liberalizzazioni a fronte di minor introiti / sostenibilità costi e sicurezza.
Detto questo non a caso l'Europa esclude dalle liberalizzazioni proprio i TAXI, gli NCC, e leAMBULANZE (direttiva Bolkestein 2006/123/CE e successivamente Dlgs 59/2010 Art. 6).

In un suo successivo passaggio il punto sicuramente corretto, ma non di facile soluzione ed attuazione riguarda un sistema d'insieme di misure, che però sono più sicuramente attribuibili al TPL (Trasporto Pubblico Locale di Linea), a meno chè tutti alla mattina vogliano andare a lavorare in taxi.

Mi permetto di rivolgerLe una semplice domanda; perché in tutto il mondo riconducibile a stati pari al nostro i taxi usano un sistema molto simile al nostro o con differenze regolamentari, ma certamente non LIBERALIZZATO, (compresi la stessa liberista New York e Londra)?
Ci sono tre realtà liberalizzate peraltro in gravi difficoltà sia per il servizio che per gli operatori, dove peraltro le autorità stanno ponendo rimedio.

Le voglio ricordare che Milano, secondo un recentissimo studio sul servizio taxi in Europa risulta essere al 3° posto.
Per sua informazione personale allego il link dove constatare quanto detto.

http://www.aci.it/index.php?id=181&no_cache=1&tx_ttnews%5Btt_news%5D=817&cHash=4ddf5ad92a

La ringrazio per l'attenzione, spero di averLe fornito informazioni delle quali non ne era a conoscenza, se così non fosse mi dispiace della sua malafede.
Cordialmente.
Simone
Tassista Milanese

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