Alcune riflessioni sull'evoluzione del diritto tra democrazia, lavoro e consumo. L'attacco ai diritti conquistati, la sfida di quelli da conquistare
Il testo che segue è la sintesi di un testo più lungo, preparato per una lezione universitaria su diritto tra democrazia, lavoro e consumo. La versione completa è in allegato pdf.
Lo sviluppo della democrazia, del diritto e delle costituzioni sono strettamente intrecciati.
La democrazia tra la fine del ‘700 e il ‘900 esce dal campo dell’ideologia, per diventare un sistema (complesso) di regole universalmente riconosciute e permette al diritto di assumere un valore sistemico e di sufficiente effettività.
A sua volta il diritto si sviluppa attraverso la dialettica tra due differenti teorie e prassi:
il diritto positivo ossia l’insieme di quei precetti che in un dato momento storico rappresentano l’ordinamento giuridico di uno stato. Il diritto positivo non nega i diritti di cui sopra, anzi li riconosce (come è evidente nell’art 2 della Costituzione italiana) solo che anziché ricondurli al diritto naturale li lega al contratto sociale.
Diritto e sua evoluzione
Non esiste il diritto in assoluto, il diritto è figlio delle rivendicazioni e delle “lotte” dei soggetti sociali. Norberto Bobbio ha prodotto una classificazione dell’evoluzione dei diritti che qui proviamo a sintetizzare1:
I diritti di IV generazione sono ancora più vaghi. Bobbio individua il terreno della manipolazione del patrimonio genetico o quello della ricerca biologica.
Diritti del lavoro
All’interno dei diritti di II generazione, quelli legati alla condizione lavorativa rivestono un ruolo centrale e testimoniano la consapevolezza che il mercato da solo non può regolare tutti i fenomeni sociali. L’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro) dal 1919 ha tentato di sviluppare degli standard internazionali a cui gli stati aderenti avrebbero dovuto conformarsi o tendere. In via generale possiamo riconoscere agli standard dell’Ilo la matrice del diritto del lavoro per la cui effettività occorrono:
Contrattazione collettiva.
E’ evidente, tuttavia, che negli ultimi 20 anni le condizioni del lavoro si siano modificate in ragione dell’apertura del mercato più di quanto non sia accaduto con la mediazione sociale e le norme legali degli stati.
Diritti dei consumatori
Affacciatisi negli ultimi anni i diritti dei consumatori si configurano come un’altra qualificazione dei diritti di II generazione, più che il terreno di nuovi diritti.2,
Ma il ruolo dei consumatori è tutto da indagare. Un conto infatti sono le azioni di “consumo critico” e “soggettivo” che attengono a una scelta politica, un altro conto è il diritto che attiene al target e alla qualità di ciò che si consuma. L’aspetto più controverso tuttavia è legato ai doveri. Infatti, i consumatori non possono essere un soggetto depositario di diritti senza avere dei doveri. L’utente e il lavoratore devono avere pari soddisfazione, diversamente si instaurerebbe un’asimmetria e una dicotomia a tutto svantaggio del lavoro.
Sfide inedite
I cambiamenti economici e l’attesa di vivere in un mondo migliore fanno emergere la necessità di un soggetto terzo (pubblico) che dovrebbe controbilanciare la forza del mercato (Einaudi), sia dal lato dei diritti positivi, cioè le libertà dal bisogno, sia quelli negativi, cioè la libera iniziativa dei cittadini nei limiti della libertà delle altre persone. Si tratta di prefigurare un orizzonte capace di costruire un ambiente capace di coniugare l’individuo e la collettività. Sostanzialmente si tratta di trovare un equilibrio più avanzato tra la libertà da (bisogno) e libertà di (essere).
Indiscutibilmente il diritto positivo ha qualificato lo sviluppo e il benessere, soprattutto con i diritti di seconda generazione nonostante gli attacchi dei neoliberisti, ma l’individuo come soggetto, in particolare nei paesi avanzati con un elevato stato sociale, non ha trovato un punto di equilibrio tra benessere collettivo e aspettative individuali.
E’ ancora attuale il malessere di Keynes quando trovava insopportabile la miseria, la povertà e la disoccupazione nell’era dell’abbondanza, un’abbondanza che non ha senso se non è per tutti. “Sarebbe bello se tutti potessero vivere in una bella casa, lavorare per quello che serve, fare ciò che più ci piace”. Quindi per tutti deve essere l’abbondanza. A questo proposito ricordo “Le possibilità economiche dei nostri nipoti” di Keynes.
Senza questo orizzonte l’asimmetria tra diritti ed economia può solo allargarsi. Mai come oggi il precetto economico è diventato il riferimento organizzativo della società, fino a piegare o neutralizzare il diritto, indebolendo le istituzioni preposte e i soggetti sociali che erano e sono i protagonisti della “cittadinanza” tout court.
Inoltre, il consolidamento dell’innovazione tecnologica fa emergere “la conoscenza” come nuova frontiera del diritto, non solo come oggetto passivo, ma anche attivo, cioè la conoscenza-coscienza delle necessarie scelte strategiche in ordine al che cosa, come e per chi produrre. Scelte che sono collettive, pubbliche e private.
In qualche misura sia nel diritto naturale e sia nel diritto positivo devono avviare una ricerca scevra da preconcetti. L’evoluzione tecnologica, le sfide ambientali ed energetiche, l’allargamento dei diritti di prima e seconda generazione non sono ancora acquisiti a livello mondiale. Questa sfida già difficile e complicata si allarga a terreni del tutto inediti che mettono in discussione o allargano le sfide circa l’organizzazione della società, del cosa, come e per chi produrre.
1 Bobbio N., 1997, L’età dei diritti, ed. Einaudi, Torino.
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