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L’anno perduto di Mario Monti

20/11/2012

Dopo un anno di governo Monti l’economia italiana sta peggio di prima. È peggiorata la situazione della finanza pubblica, più grave la recessione, più disuguale la distribuzione del reddito. E nel 2013 tutto diventerà più difficile per i vincoli del Fiscal compact. Così, le alternative per la politica economica sono due…

È trascorso un anno dall’insediamento del governo di Mario Monti. Dopo la fine ingloriosa dell’egemonia berlusconiana, culminata con l’umiliazione subita dall’Italia al vertice dei capi di stato e di governo dell’Unione Europea di Cannes, il Capo dello stato incaricò il Professor Monti di dar vita a un nuovo governo con l’obiettivo di riacquistare la credibilità internazionale che, anche sui mercati finanziari, era stata perduta dal nostro paese; gran parte degli italiani appoggiò la scelta. I principali problemi da risolvere erano il risanamento delle finanze pubbliche e il riavvio della crescita economica, in un quadro segnato da un debito elevato e condizioni di rifinanziamento molto onerose; si trattava di due obiettivi difficili da raggiungere perché potenzialmente confliggenti.

Sebbene l’investitura di Monti non venisse dalla scelta elettorale dei cittadini, il suo programma presentava elementi di straordinarietà, incidendo su molteplici aspetti della vita sociale e dei rapporti di produzione. Il sostegno parlamentare, inizialmente pressoché unanime, ha dato legittimità a un esecutivo “tecnico” che ha effettuato scelte politiche forti e di parte; l’assenza di un mandato elettorale ha rappresentato un vulnus costitutivo che è stato talvolta interpretato in termini di irresponsabilità.

Qual è il bilancio di un anno di governo? L’azione di Mario Monti è stata favorita dalla Banca centrale europea, prima con operazioni non convenzionali di rifinanziamento a lungo termine – circa mille miliardi di euro forniti alle banche europee (oltre 200 miliardi a quelle italiane) al tasso dello 0,75% –, poi con la disponibilità, condizionata, ad acquistare titoli di stato a breve in misura illimitata; le condizioni sui mercati sono parzialmente migliorate, ma lo spread rispetto ai tassi d’interesse tedeschi resta oggi intorno ai 350 punti e il paese deve sostenere una spesa per interessi significativamente superiore ai circa 80 miliardi di euro dell’anno passato.

Del tutto negativi sono stati i risultati per l’economia reale, peggiori rispetto alle attese, ripetutamente riviste al ribasso dal governo. I numerosi interventi “strutturali”, tra i quali quelli brutali della riforma Fornero sul mercato del lavoro, i tagli alle pensioni e altre misure che hanno colpito le categorie più deboli, non hanno evitato all’economia italiana una spirale recessiva. Il Pil del 2012 è diminuito di circa il 2,3%, la domanda interna è calata in misura superiore, mentre la condizione delle famiglie è in costante peggioramento. Sono in aumento le persone che faticano ad arrivare alla fine del mese e quelle che sono costrette a intaccare i risparmi; è cresciuto il numero di chi ritiene opportuno accantonare parte del reddito, ma sono sempre meno coloro che vi riescono. È proseguita la diminuzione della ricchezza, anche se rimane elevata nel confronto internazionale; è ulteriormente aumentata la concentrazione sia del reddito, sia della ricchezza.

La disoccupazione è cresciuta a ritmi elevati, così come il ricorso alla cassa integrazione; anche il numero delle persone occupate è diminuito, così come il monte ore complessivamente lavorato nel paese. Per i giovani è diventato più difficile trovare un’occupazione, anche di una sola ora a settimana e con contratti a termine – il dato statisticamente sufficiente per entrare nella categoria degli “occupati”. Per di più, in media, la qualità dei nuovi lavori è più scadente rispetto al passato, anche di quello recente.

Il calo della domanda di consumi ha aggravato la riduzione della produzione e degli investimenti da parte delle imprese. La piccola ripresa della produzione industriale registratasi in estate non è stata confermata dai primi dati dell’autunno. Anche le esportazioni, l’unico comparto che ha sostenuto l’attività economica, sono in rallentamento, anche per la decelerazione della Germania e degli altri paesi del nord Europa. La bilancia delle partite correnti con l’estero, pur in miglioramento grazie al saldo positivo delle merci, rimane negativa. Tra le imprese rimangono diffuse le strategie di delocalizzazione dell’attività produttiva in paesi esteri.

Negli ultimi anni, con bassi livelli di domanda, la dinamica dei prezzi è stata contenuta. La moderata inflazione registratasi nei primi mesi dell’anno è stata causata dall’aumento delle imposte indirette e dei prezzi dei beni importati, in particolare di quelli dell’energia. Nel bimestre settembre-ottobre la media dei prezzi al consumo è rimasta invariata; nell’ultima parte dell’anno, si dovrebbe registrare un calo, anche per la lieve diminuzione del prezzo in euro del petrolio. Anche il valore degli immobili, soprattutto di quelli non residenziali, è in forte diminuzione. Persistendo la negativa dinamica dei consumi, potrebbe manifestarsi il pericolo di una riduzione generalizzata dei prezzi (deflazione).

Secondo le previsioni del governo, la ripresa produttiva dovrebbe avvenire nel secondo semestre del prossimo anno, quando l’economia tornerebbe a crescere. Si tratta di una prospettiva rosea che presuppone la ripresa della domanda interna e l’intensificazione di quella estera. Le aspettative a medio e lungo termine delle famiglie non sono favorevoli, anche perché influenzate dagli interventi strutturali sui rapporti di lavoro, che hanno reso più semplici i licenziamenti, e dalla riduzione dei salari corrisposti in via differita, in conseguenza della riforma delle pensioni. Con le attuali linee di politica economica è improbabile che la ripresa possa materializzarsi.

Cattive notizie vengono inoltre dalla finanza pubblica; anche qui il governo ha più volte rivisto al ribasso i propri obiettivi. Il rapporto debito/Pil, il parametro che più influenza la vulnerabilità del debito dello Stato, ha superato il 126%, quasi sei punti percentuali in più rispetto all’anno precedente; alla crescita ha contribuito il fabbisogno finanziario dello stato, nei primi nove mesi dell’anno quasi identico a quello dei due anni precedenti, e la diminuzione del prodotto, anche di quello espresso a valori correnti. Malgrado le numerose e pesanti manovre fiscali, tra le quali l’introduzione dell’Imu, l’innalzamento dell’aliquota ordinaria Iva, l’inasprimento delle accise sui carburanti, le maggiori imposte di bollo, oltre al fiscal drag e alle ancora insufficienti misure di contrasto all’evasione, le entrate fiscali sono cresciute in misura limitata; il gettito Iva, a causa del crollo dei consumi, è sceso. Le spese, limitate sul piano interno, hanno risentito degli esborsi – circa 18 miliardi nei primi nove mesi dell’anno – che anche l’Italia ha effettuato per finanziare le misure europee di intervento per gli altri paesi europei in difficoltà.

Il deficit nel bilancio 2012 è così rimasto vicino al 3% del Pil, esclusi questi esborsi per i fondi anti-crisi europei; il governo si è impegnato ad anticipare il pareggio di bilancio dal 2014 al 2013, con un avanzo primario (il saldo prima del pagamento degli interessi sul debito) che dovrebbe raggiungere il 4% del Pil. I vincoli di bilancio si sono fatti più stringenti con l’aggravarsi della crisi e diventeranno ancora più pesanti con l’entrata in vigore, il prossimo anno, del Trattato europeo in materia di politica fiscale, il cosiddetto “Fiscal compact”, sottoscritto dai governi europei – con l’eccezione di Gran Bretagna e Repubblica ceca – ma non ancora votato da tutti i parlamenti. Le misure previste sono l’obbligo del bilancio in pareggio e l’azzeramento, in 20 anni, della quota di debito pubblico che eccede il 60% del Pil; per l’Italia ciò impone che il saldo di bilancio rimanga per due decenni ampiamente positivo (a meno di elevati saggi di crescita nominale del prodotto). Il quadro temporale per l’effettiva entrata in vigore di tali misure sarà proposto dalla Commissione europea tenendo conto dei rischi specifici sul piano della sostenibilità del debito; viene tuttavia richiesta una rapida convergenza verso gli obiettivi del Trattato.

Che cosa significa questo impegno per l’Italia? Nei prossimi anni, per rispettare il Fiscal compact l’Italia dovrà tagliare la spesa o aumentare le imposte per quattro o cinque punti percentuali di Pil, oltre 60 miliardi di euro. Tale cifra potrebbe risultare insufficiente se teniamo conto dell’effetto demoltiplicativo di reddito di tali misure, segnalato anche dal Fondo monetario internazionale: tagli di spesa e aumenti di imposte hanno l’effetto di ridurre la domanda e far cadere la produzione, prolungando la recessione. Interventi correttivi di questo tipo dovranno essere presi da tutti gli altri paesi europei a eccezione della Finlandia; la Germania ha un debito pubblico superiore all’80% del Pil; la Francia ha un disavanzo superiore al 4% e il suo debito ha appena subito il “declassamento” da parte di Moody’s. Si tratta di una situazione per certi versi simile a quella paventata per gli Stati Uniti di un “fiscal cliff” (baratro fiscale) di medio periodo: il taglio generalizzato della spesa pubblica rischia di aggravare la spirale recessiva dell’eurozona, in particolare nei paesi periferici.

I problemi della politica di bilancio dell’Italia non sono nuovi. Almeno dai primi anni 2000 i governi hanno fatto manovre “pro-cicliche”, con misure espansive e deficit in aumento quando le condizioni macroeconomiche erano, almeno parzialmente, favorevoli e misure restrittive quando l’economia entrava in recessione, il contrario di una ragionevole politica di bilancio. Nell’ultimo anno, il governo “tecnico” ha introdotto una stretta fiscale molto forte nel mezzo di un rallentamento particolarmente grave dell’economia, col risultato di aggravare sia le condizioni dell’economia reale che quelle di finanza pubblica, peggiorando anche la distribuzione del reddito.

Per il 2013 le prospettive sono di un ulteriore inasprimento dei problemi, anche per il rallentamento dell’economia tedesca, che potrebbero richiedere azioni straordinarie. Le alternative sembrano al momento due. Potrebbe essere negoziata in sede europea una moratoria sull’applicazione del “Fiscal compact”, allentando vincoli impossibili da rispettare durante le fasi recessive. Oppure il governo Monti potrebbe chiedere l’intervento del “Fondo salva-stati” – il Meccanismo europeo di stabilità – che offrirebbe nuove risorse finanziarie a costi più contenuti di quelli pagati sui mercati, ma al prezzo di sottoscrivere un Memorandum, come fatto da Grecia, Portogallo e Irlanda, che renderebbe permanenti le politiche di austerità e lo smantellamento del welfare. Una scelta che delegherebbe per molti anni la politica economica del paese al controllo da parte della “troika”, composta da Commissione europea, Banca centrale e Fondo monetario e renderebbe – di fatto – irrilevante il voto alle prossime elezioni politiche del 2013. Per Mario Monti, dopo un anno di governo, sarebbe un lascito disastroso non solo per l’economia e la democrazia italiana, ma anche per la costruzione della casa comune europea.

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Commenti

commenti

Dispiace che gli autori di questi articoli sempre molto interessanti ritengano totalmente superfluo leggere e soprattutto rispondere ai commenti. Dovrebbero avere l'umiltà di capire che non stanno parlando a loro colleghi, ma anche a non economisti e che quando gli viene contestato qualcosa, rispondere puntualmente, o ampliare il discorso, non potrebbe che giovare a tutti.
Anche se hanno la pessima abitudine italiota e baronale di ritenere di dover rispondere solo ai loro omologhi.

Disinformazione alla Tremonti-Sacconi

Disinformazione alla Tremonti-Sacconi

Io sono un anti-montiano (e “bastono” spesso e volentieri i parlamentari “montiani” del PD che scrivono su “Europa”), ma un cultore della buona e corretta informazione, e, purtroppo, debbo giudicare questo articolo di Pitagora un esempio preclaro di DISINFORMAZIONE, degna di Sacconi o Tremonti (il che è il massimo). Provo a dettagliare alcune osservazioni sui punti salienti.

Manovre correttive.
Per la precisione, rilevo che il grosso dei sacrifici è stato deciso dal governo Berlusconi-Tremonti:
Riepilogo delle manovre correttive (valori cumulati da inizio legislatura):
- governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld;
- governo Monti 63,2 mld. […]
Totale 329,5 mld
“Il lavoro sporco del governo Berlusconi-Tremonti”
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2747515.html
Se le manovre correttive sono state recessive, ben i 4/5 sono dovute allora al governo Berlusconi-Tremonti.

Equità.
Il governo Monti è stato molto più equo del governo Berlusconi-Tremonti, perché, a differenza di quest’ultimo, che ha addossato il risanamento soprattutto sulle spalle del ceto medio-basso e persino sui poveri (col taglio della spesa sociale), Monti ha distribuito i sacrifici su quasi tutti (il quasi – grosso - sta per la non introduzione dell’imposta patrimoniale). Infatti, la riprova è che, a differenza dei 267,3 mld che colpirono alcuni milioni di Italiani e gli altri manco se ne accorsero o fecero finta di niente, adesso con Monti se ne sono accorti tutti, anche perché ha colpito i 2 beni con la maggiore “sensibilità”: la prima casa, con la doverosissima IMU (gravame medio annuo di appena 235 €!), e l’automezzo, con l’aumento delle accise sui carburanti (l’aumento dell’IVA era stata già decisa dal governo precedente, per coprire la scopertura di 15 mld delle manovre Tremonti 2011 con la delega fiscale).
“Il piagnisteo per l’IMU”
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2738170.html

Debito pubblico/PIL.
Va considerato, al numeratore, il contributo dell’Italia al salvataggio degli altri Paesi dell'Eurozona (finanziato col debito), che cifrerà (fonte intervista governatore Bankitalia al Corriere) entro il 31.12.2012 ben 45 mld. L’intervista a Ignazio Visco è in calce a questo ‘post’:
“Le determinanti dello spread”
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2746466.html

PS:
PROMEMORIA DELLE MISURE ANTI-CRISI
(Le misure anti-crisi, tranne recentemente la TTF, sono ancora tutte da varare):
A) Risorse per finanziare: a) la crescita e l’occupazione, in particolare femminile e giovanile, b) una riduzione delle imposte sul lavoro, sulle pensioni basse e sulle imprese; c) gli ammortizzatori sociali universali; e d) un corposo piano pluriennale di alloggi pubblici di qualità.
Dopo i 330 mld di manovre correttive da inizio legislatura, addossati in gran parte sul ceto medio-basso e sui poveri, [1] le risorse indispensabili vanno prese:
– all’interno, a) dall'introduzione di un'imposta patrimoniale ordinaria prevedendo una franchigia di almeno 800 mila € (e un prestito forzoso per ridurre celermente il debito pubblico), [2] proposta persino, nel settembre scorso, dalle associazioni degli imprenditori (cfr. [2], pos. 22), come contropartita della riforma del lavoro e delle pensioni di anzianità; ma "passata la festa, gabbato lo santo", riproposta recentemente dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, sui grandi patrimoni; [3] b) dalla ritassazione una tantum dei capitali ‘scudati’ e dalla tassazione di quelli esportati in Svizzera [4]; c) da una maggiore contribuzione dei redditi alti ai servizi pubblici; d) da un aumento dell’IVA sui beni di lusso; e) dalla lotta all’evasione fiscale e contributiva; f) dalla lotta alle false indennità d’invalidità (la cui spesa, incluse le indennità di accompagnamento, è pari complessivamente a 16 mld); e g) dalla spending revuew;
– all’esterno (UE), a) dal varo dei Project bond e degli EuroUnionBond (v. [6], nota 12); e b) dall’introduzione della TTF, approvata nel lontano marzo 2011 dal Parlamento europeo [7].
B) Regole per i mercati finanziari:
(a) separazione tra banche commerciali e banche d’investimento; [8]
(b) controllo dei capitali-ombra; [9];
(c) disciplina dei derivati, (d) vietandoli – assieme alle vendite allo scoperto – per i prodotti alimentari;
(e) regolazione severa delle vendite allo scoperto sui titoli pubblici; [10] ed infine
(f) introduzione della TTF. [7]
C) Applicazione UE di norme severe e controlli stringenti e costanti sulle merci importate, incentivi alla non delocalizzazione e tracciabilità per la tutela dei prodotti (Made in). [11] […]
"Promemoria delle misure anti-crisi"
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2761788.html


Luna Park?

Ma questa casa comune europea è la casa degli orrori, vero, tipo quella del luna park?
Oppure è la famigerata casa comune della sinistra di occhettian-craxiana memoria?
Articolo, che come al solito a sinistra, elenca i sintomi, ma non ha il coraggio di avanzare diagnosi sulla malattia nè di prospettare una cura.
La cura è mandare a quel paese l'Europa, riappropriarsi della sovranità monetaria. Questo la sinistra non lo dice perchè crede che questa battaglia sia una battaglia di destra. Così dimostra tutta la propria subalternità al dio mercato, che afferma a chiacchiere di voler combattere. Perchè solo se si è subalterni all'idea del Dio Mercato si riesce a far passare come normale che lo Stato si debba indebitare sul Mercato come un comune mortale. Questa panzana, alla base dell'odierna costruzione-costituzione europea dei banchieri, con il corollario dell'indipendenza delle Banche Centrali è alla base del nostro penare. Un penare iniziato nel 1979 e di cui i responsabili economici dell'allora PCI erano perfettamente consapevoli (si veda Discorso di Napolitano nella seduta del 13 dicembre 1978 e quello di Spaventa del giorno prima). Poi passati dall'opposizione a cariche di governo devono essere stati convertiti più repentinamente di Saulo sulla via di damasco.

Allora va bene cosi

Sapete una cosa? avete proprio ragione: l'Italia senza Monti sarebbe un disastro. Siamo sulla strada giusta. A dimostrarcelo non solo i dati snocciolati nell'articolo, ma anche il risultato delle politiche di austerità in Grecia. Krugman, Stiglitz, Roubini, e la maggior parte della comunità scientifica verranno smentita dalla Storia.

ottima ricostruzione

Mi sembra una ricostruzione fedele di quanto e' successo e da un quadro impietoso della situazione grave in cui ci hanno cacciato questi presunti tecnici.

La verita' e' che tutta l'europa, ignorando i fondamentali dell'economia, ha letteralmente "tirato il freno a mano" per seguire le linee guida della Merkel. Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti e si riassumono in una parola: recessione!! Ora anche la locomotiva tedesca si sta fermando e l'applicazione del fiscal compact, tanto voluto dai tedeschi stessi, le dara' il colpo di grazia.

Forse allora anche i tedeschi si sveglieranno dal torpore in cui stanno vivendo e capiranno che questo rigore inutile non punisce solo gli spendaccioni del sud ma anche le formichine del nord, impoverendo un intero continente. Non so sinceramente se Monti l'abbia capito, ma non ci scommetterei un euro visto quanto hanno fatto finora (cioe' nulla, a parte danni).

Non sono molto d'accordo con le soluzioni proposte

Sinceramente non sono molto d'accordo. Ci sono molte altre cose che si possono fare.
La cosa principale è abbassare la spesa pubblica e magari aumentare i ricavi ma senza andare ad incidere sui cittadini. E qualche cosa si potrebbe fare (legalizzazione della prostituzione per esempio).

Pitagora e la crisi

Mi sembra assai fantasiosa la ricostruzione di Pitagora. Addirittura Monti sarebbe un avido calcolatore il cui scopo sarebbe di guadagnare sul terzo mondo. Ma se la' non hanno neanche gli occhi per piangere? Poi non vedo come si farebbe a guadagnare 1:10 sul terzo mondo quando quei Paesi sono governati da incompetenti ideologici e di fatto totalitari (guarda il Venezuela). Nessuna proposta se non la barzelletta di battere moneta in casa. Si, carta straccia sarebbe, furbacchione. Manca solo che tiri fuori l'autarchia e siamo in piena follia economico/finanziaria. Il discorso vero è che la nostra classe politica, per ragioni di cortile, ci ha portato a vivere sopra le nostre possibilità ed adesso ne paghiamo il duro prezzo. Abbiamo tutta una parte d'Italia (il meridione) che vive di sussidi statali e indovinate un pò da dove vengono i soldi? Se il meridione non avesse avuto il nord a mantenerlo sarebbe ad un livello di povertà inaudito. Bisognerebbe introdurre dei commissari in tutte le regioni del sud (basti vedere Vendola che bel casino ha combinato in Puglia, dove la qualità della vita è la peggiore dello stivale). La realtà è che troppi ci hanno marciato su, sui soldi pubblici, e adesso vi beccate la Fornero.

Il piano "segreto" di Monti

Il segreto di Pulcinella è questo. Davanti all'emergere di nuovi giganteschi mercati ancora vergini (un miliardo e mezzo di cinesi, un miliardo e duecento milioni di indiani, eccetera) e che offrono possibilità di vendita sbalorditive perché lì la gente non ha ancora niente, il Vecchio Mondo è, a paragone, saturo di prodotti e, per giunta, con una popolazione limitata e in costante decremento. Ecco perché i capitali del Vecchio Mondo hanno deciso di andare là dove c'è il business, là dove 1 dollaro o 1 euro investito ne possono rendere 10, e non 1,01 come da noi.

Questo è il fatto centrale che rende poco interessante fare qualcosa per il Vecchio Mondo. L'unica soluzione, secondo i fautori del liberismo selvaggio e della globalizzazione, di cui Monti è autorevole esponente, è quella di creare svalutazione interna, ossia fuor di metafora, povertà pura e semplice. Creando povertà i costi del lavoro scendono radicalmente e ritorna conveniente per gli investitori esteri tornare a investire da noi. Questo è dunque il piano (non tanto) segreto di Monti.

Tutti i discorsi che si fanno del tipo "abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità", "siamo stati come le cicale", "dobbiamo fare i compiti di casa" sono spazzatura manipolatoria che ovviamente attecchisce rapidamente nelle menti degli sprovveduti. L'indebitamente è infatti l'elemento propulsore del capitalismo e del sistema finanziario mondiale. Eliminando l'indebitamento non solo non esisterebbe il capitalismo ma il cittadino non potrebbe più permettersi l'acquisto della casa e dell'auto (mutuo, rateazioni), le aziende e le amministrazioni non potrebbero finanziarsi e operare investimenti produttivi (nuovi macchinari, spese per la ricerca, strade, ponti, ospedali, aeroporti, forze armate e quant'altro). Ossia, si vivrebbe tutti in una società povera, quasi pre-storica.

Ci sono altre strade oltre alla povertà prossima ventura? Sì, ci sono e sono efficaci: ripristinare integralmente la sovranità nazionale, ridarsi la possibilità di battere moneta e chiudere parzialmente e, direi, oculatamente il rubinetto della globalizzazione pretendendo con ogni nazione con cui si commercia che l'interscambio commerciale con noi sia sempre in equilibrio (esborsi uguali agli introiti).

La terribile crisi in cui ci dibattiamo oggi, dunque, non è affatto qualcosa di ineluttabile e di inevitabile ma è l'esecuzione puntuale di un piano programmato a tavolino con precisione matematica. Questo piano prevede ovviamente la messa in campo di falsi obiettivi in modo da distogliere l'attenzione dai veri scopi dell'operazione. E il traguardo, come dicevo, è la riduzione in povertà del nostro paese. Ecco perché Monti non si preoccupa se le sue misure aumentano, anziché diminuire, il rapporto debito-PIL. Non se ne preoccupa perché era proprio quello il suo scopo!

Governo Monti

Strana Italia: si sta lavorando per ridurre il debito e si ha l'illusioe di poterlo fare stando come prima o meglio,
Un po' come aiutare il terzo mondo e noi, occidentali, guadagnarci su.
Provate ad approfondire cosa sarebbe stata l'Italia senza Monti seriamente. Considerate la classe politica che abbiamo e, con le votazioni, si sarebbe perpetuata frazionandosi sempre più. A che punto saremmo? Noi italiani abbiamo bisogno di chi ci lusinga e non di chi ci mette di fronte alle nostre responsabilità. I sindacati trovino il modo di assorbire operai ripartendo il lavovro che c'è (orari ridotti o lavoro a rotazione fra tutti quelli di una realtà produttiva). Chiarite punto per punto le vostre magnifiche ricette senza elencare un elenco di desideri. Anche adesso, in clima elettorale, si fanno polemiche a non finire ma non si propongono le tappe e i provvedimenti per giungere a un'inversione di tendenza

Un articolo degno di novella 2000

Vedo che pitagora fa quadrare un cerchio imperfetto fin dall'inizio. Dall'inizio il pietoso et lacrimoso governo Monti non ha fatto che caricare sugli operai tutti gli oneri dei padroni del vapore!!!

Pitagora però a visto poco oltre il suo naso, ha visto degli elementi e per un attimo la luce infondo al tunnel, ma era un TIR (battuta non mia, ndc).

Poi trita e trita non esce un proposta, dico una, anche banale e semplice.
Oggi siamo alla ricerca di alternative e Pitagora non indica niente!!!

IL GOVERNO DEGLI INCOMPETECNICI

Il lascito disastroso ce lo ha già lasciato il governo montinetor o GOVERNO DEGLI INCOMPETECNICI

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