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Il saggio di crescita della produttività del lavoro

11/01/2012

Le difficoltà della produttività in Italia e come superarle: più spesa pubblica e investimenti non speculativi, distribuzione del reddito ed esportazioni

Nella letteratura economica, numerosi studi hanno tentato di individuare le determinanti di lungo periodo del saggio di crescita della produttività del lavoro per l’economia italiana, con particolare attenzione ai confronti tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno. Tali studi, come è noto, possono essere distinti in due filoni. Il primo privilegia i cosiddetti fattori di offerta: capitale umano, capitale sociale, costo del lavoro, R&S, infrastrutture, criminalità, investimenti (Centorrino e Ofria, 2008; Destefanis e Sena, 2009; Travaglini, 2012). Il secondo, rifacendosi alla legge di Verdoorn (1949), sostiene, invece, che esiste una relazione stabile di lungo periodo tra i tassi di crescita della produttività del lavoro e quelli della produzione. Le cause di questa legge, secondo Kaldor (1966), sono da cercare: 1) nell’irrilevanza delle “dotazioni” iniziali nel processo di crescita; 2) nella presenza di economie statiche e dinamiche e di processi di learning by doing; 3) nell’importanza del processo di specializzazione e di interazione tra imprese; 4) nell’endogenità del progresso tecnico, incorporato nel capitale; argomento questo, successivamente a Kaldor, ripreso dai cosiddetti teorici della “crescita endogena”. Per il primo filone, dunque, la crisi della crescita della produttività degli anni Novanta deve essere spiegata come conseguenza della scarsità di capitale umano, presenza di distorsioni nel mercato dei beni e servizi, eccessivo costo del lavoro, carenza di investimenti. Per il secondo, essa è principalmente conseguenza della crisi del saggio di crescita della domanda, dovuta in primis alla contrazione: 1) del saggio di crescita delle esportazioni italiane, anche in seguito alla loro ridotta competitività di prezzo; 2) della spesa pubblica e dei consumi privati, in seguito ai ben noti vincoli posti dai parametri di Maastricht e dal Patto di stabilità e sviluppo (Piacentini e Prezioso, 2007).

Per il Centro-Nord e il Mezzogiorno d’Italia, recenti studi (Ofria, 2009; Ofria e Millemaci, 2010) hanno sottoposto a verifica empirica la Legge di Kaldor-Verdoorn per un periodo molto lungo, dal 1951 ad oggi, comprensivo, a differenza di altri studi sul tema, anche degli anni recenti. Analizzando i seguenti settori: Agricoltura, Costruzioni, Industria in senso stretto e Servizi vendibili. In questi studi, per le stime, sono stati utilizzati i dati di Contabilità regionale dell’Istat per gli anni successivi al 1980, mentre, per gli anni precedenti, quelli tratti dalla pubblicazione Svimez (1985), che raccoglie i dati dell’annuario di Contabilità nazionale Istat per le circoscrizioni Centro-Nord e Mezzogiorno.

Al fine di accertare la robustezza dei risultati e avvalorare il potere esplicativo della legge di Kaldor-Verdoorn, si è verificato se i parametri siano rimasti o meno stabili tra il periodo che Valli (2005) chiama degli anni del rapido sviluppo economico (1951-73) con quello successivo degli anni dello sviluppo difficile e della globalizzazione (1974 ad oggi). Si è voluto inoltre distinguere la fase della crisi della crescita della produttività, iniziata verso la metà degli anni Novanta, dal periodo antecedente (1951-93). I risultati econometrici ottenuti da tali studi riconoscono alla legge Kaldor-Verdoorn la capacità di spiegare le attuali difficoltà che incontra la crescita della produttività nel nostro Paese, in particolare, per l’Industria in senso stretto di entrambe le aree geografiche considerate. In sostanza, si conferma l’ipotesi che l’andamento del saggio di crescita della produttività nel nostro Paese è stato condizionato fondamentalmente dalla crisi del saggio di crescita della domanda. Una crisi dovuta, in particolare, in questi ultimi anni, alla contrazione delle esportazioni, alla riduzione degli investimenti pubblici e privati, nonché alla riduzione della propensione marginale al consumo della collettività. Per concludere, alla luce dei risultati ottenuti, si rafforza la consapevolezza che per contrastare l’attuale recessione del nostro Paese e innescare il ben noto processo virtuoso “moltiplicatore-acceleratore”, in termini di policy, si ritiene necessario, tra l’altro: 1) far crescere la spesa pubblica, in particolare, per le infrastrutture; 2) porre le condizioni affinché vi siano investimenti da parte degli imprenditori in attività non speculative; 3) favorire le esportazioni del made in Italy, proteggendolo con accordi internazionali (specialmente nel mercato Usa) dalla contraffazione; 4) modificare la distribuzione del reddito a favore degli stipendiati e dei salariati sia con retribuzioni più elevate, sia con contratti di lavoro che generino aspettative certe.

Riferimenti bibliografici

Centorrino M., Ofria F. (2008), Criminalità organizzata e produttività del lavoro nel Mezzogiorno: un’applicazione del modello Kaldor-Verdoorn, Rivista Economica del Mezzogiorno, vol. 22, n. 1, pp. 163-187.

Destefanis S., Sena V. (2009), Public Capital, Productivity and Trade Balances: some Evidence for the Italian Regions, Empirical Economics, vol. 37, n. 3, pp. 533-554.

Kaldor N, (1966), Causes of the Slow Rate of Economic Growth in the United Kingdom: An Inaugural Lecture, Cambridge, Cambridge University Press.

Ofria F. (2009), L’approccio “Kaldor-Verdoorn”: una verifica empirica per il Centro-Nord e il Mezzogiorno d’Italia (anni 1951-2006), Rivista di Politica Economica, n. January-March, pp.179-207.

Ofria F. e Millemaci E. (2010), "Kaldor-Verdoorn’s law and increasing returns to scale: a comparison across developed countries, MPRA Paper 30941, University Library of Munich.

Piacentini P. Prezioso S. (2007), Differenziali di crescita e di produttività: l'interazione tra fattori di domanda ed offerta nel caso italiano, Rivista Italiana degli Economisti, vol. 12, n. 1, pp.3-42.

Svimez (1985) La formazione e l’impiego di risorse e l’occupazione del Mezzogiorno e delCentro-Nord dal 1951 al 1983, Studi Svimez, n. 1, pp. 1-128.

Travaglini G. (2012), Flessibilità del mercato del lavoro e crescita, Quaderni di Rassegna Sindacale, in corso di pubblicazione.

Valli (2005), Politica Economica, Roma, Carocci.

Verdoorn P.J. (1949), Fattori che regolano lo sviluppo della produttività del lavoro, L’Industria, n. 1, pp. 45-53.

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Commenti

In riferimento al commento di Leonello Tronti

Caro Leonello,
condivido le tue osservazioni. I fallimenti di mercato (rendite, carenza di infrastrutture, criminalità, costo del credito, burocrazia inefficiente) condizionano fortemente la competitività del sistema produttivo. Infatti, lo scrivo in molti miei lavori dove analizzo gli effetti di alcuni fallimenti di mercato sulla struttura produttiva del Mezzogiorno. (per una rassegna: Centorrino M., Ofria F., 2008, Criminalità organizzata e produttività del lavoro nel Mezzogiorno: un’applicazione del modello Kaldor-Verdoorn, Rivista Economica del Mezzogiorno, vol. 22, n. 1, pp. 163-187 e, anche, Centorrino M, Farinella D., Ofria F, 2010, . Processi di convergenza e divergenza tra Mezzogiorno e Centro Nord a dieci anni all’adozione dell’UME, Rivista Economica del Mezzogiorno, n. 3, pp. 453-486).

La legge Verdoorn-Kaldor, invece, è un'analisi di lungo periodo. L'aumento della produttività dovuta alla crescita della domanda favorisce una maggiore competitività (riduzione dei prezzi e innovazione) nel caso in cui esistano anche le condizioni che tu giustamente hai posto nel commento.

Produttività, occupazione e crescita

La crisi di dinamica dell'economia italiana deriva in modo evidente da problemi di domanda; ma non solo. I consumi sono frenati dai prezzi troppo elevati (causati dalla scarsa "snellezza" del sistema economico, dalle troppe rendite e dai troppi intermediari) e dalla indisponibilità di una domanda pubblica ai limiti della sostenibilità finanziaria. Le esportazioni non sono frenate da una carenza di domanda, ma da un'offerta di beni all'esportazione troppo costosi, "di nicchia", oppure facilmente sostituibili da paesi produttori a basso costo perché troppo tradizionali. Per far ripartire la crescita è necessario risottoporre le imprese al double whip dei salari e della concorrenza e migliorare il sistema fiscale, contributivo e degli ammortizzatori sociali per sostenere la domanda interna. Ma bisogna anche, dal lato dell'offerta, varare una vera e propria strategia di sviluppo dell'economia, qualcosa di più profondo di una semplice politica industriale, per migliorare la competitività delle esportazioni e la sostituibilità delle importazioni, altrimenti l'aumento della domanda interna si tradurrà in un accentuato squilibrio esterno e in un ulteriore aggravamento finanziario.

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