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La rotta d'Italia

Come si può cambiare la finanza

19/02/2013

Gli scandali delle banche, in Italia e in Europa, continuano a moltiplicarsi e le iniziative di riforma tardano. Che cosa potrà fare il nuovo governo italiano?

In Italia abbiamo avuto gli scandali del Monte Paschi di Siena (1), della Banca delle Marche (2), della BPM, mentre sulla scena internazionale quello noto come “scandalo Libor” (si veda Binhan, 2013) scuote ormai tre continenti. In queste settimane c’è stata la nazionalizzazione della olandese SNS Reaal e sono emersi i pessimi risultati di bilancio degli istituti spagnoli. Per il 2013 viene poi annunciata una lunga lista di licenziamenti da parte delle banche di un po’ tutti i paesi.

Alcune istituzioni internazionali – Fmi, Ocse, Unione Europea – sembrano negli ultimi tempi mostrare una maggiore attenzione verso una possibile riforma del sistema finanziario (old.sbilanciamoci.info/Sezioni/globi/Finanza-globale-sta-cambiando-qualcosa-16613) ed è evidente che gli interventi in questo campo debbano realizzarsi contemporaneamente su tre livelli: nazionale, europeo, globale. Che cosa potrebbe cambiare in Italia con il nuovo governo?

Il credito in Italia

La prima cosa che il nuovo governo dovrebbe fare è certamente quella di far ripartire i finanziamenti all’economia e di cercare di abbassare il costo del credito.

Dopo la crisi del 2008-2009, seguita dalle speranze di ripresa dell’economia e del credito, è almeno dalla metà del 2011 che il livello dei finanziamenti alle aziende si va riducendo. Così la Banca d’Italia segnala che i prestiti alle imprese erano nel novembre 2012 inferiori del 6% a quelli rilevabili nello stesso mese dell’anno precedente (Bonafede, 2013).

Le cose non vanno meglio per i privati. I mutui per l’acquisto di abitazioni sono crollati.

Su questo fronte siamo di fronte ad una contraddizione grave; il mondo registra una sovrabbondanza di capitali, ma essi difficilmente prendono la strada delle banche. Peraltro, le banche italiane hanno abbondantemente attinto ai finanziamenti della BCE, ma tali risorse non hanno trovato uno sbocco verso il mondo produttivo.

Siamo di fronte a problemi sia dal lato dell’offerta che da quello della domanda. Le banche cercano di aggiustare i loro bilanci riducendo il livello delle attività e diffidano di un sistema produttivo in grave crisi. I margini degli istituti si sono ridotti, e i rischi dei prestiti sono molto alti. D’altro canto, molte imprese non chiedono credito perché hanno pochi affari da sviluppare.

Per altro verso, le imprese italiane, quando riescono a trovare dei finanziamenti, sono costrette a pagare tassi di interesse superiori a quelli dei concorrenti di altri paesi europei, per il rilevante differenziale nello spread.

Tra le possibili direzioni di un intervento pubblico per spingere le banche a prestare di più si è proposta da varie parti, anche al di là del caso Monte Paschi, la possibile nazionalizzazione di qualche istituto di credito, ciò che dovrebbe permettere, tra le altre cose, di aumentare i finanziamenti al sistema (Sylos Labini, 2013). Siamo d’accordo con tale proposta. Del resto la situazione deve essere abbastanza grave in Europa se persino Lord Lawson, cancelliere dello scacchiere con la Thatcher, invita ora il governo del suo paese a nazionalizzare interamente la Royal Bank of Scotland.

D’altro canto, incidentalmente, i casi Monte Paschi e Banca delle Marche riaprono il tema di un migliore assetto delle fondazioni e dei loro rapporti con gli istituti bancari, da una parte, e della gestione delle stesse banche dall’altra.

Per quanto riguarda il primo tema, pensiamo che debba essere salvaguardata la presenza delle fondazioni nel capitale degli istituti –l’alternativa potrebbe essere in effetti quella che esse cadano in mano a capitali esteri più o meno speculativi. D’altro canto, bisogna riformare le loro modalità di funzionamento, introducendo maggiore trasparenza e controlli più incisivi.

Per quanto riguarda la gestione delle banche si devono, tra l’altro, allargare i poteri della Banca d’Italia, anche se lascia dubbiosi la proposta di Sylos Labini (Sylos Labini, 2013) di affidare alla stessa banca centrale il compito di nominare i vertici delle eventuali banche pubbliche, ciò che aprirebbe un rilevante conflitto di interesse. La vigilanza, secondo una proposta avanzata invece da Draghi e da Visco, dovrebbe invece poter rimuovere i manager incapaci o corrotti, ipotesi a suo tempo respinta dal duo Berlusconi-Tremonti.

In ogni caso, il nuovo governo dovrà cercare di individuare delle fonti ulteriori di finanziamento dell’economia. Oltre a spingere sulla crescita del mercato obbligazionario, si tratterebbe di orientare verso nuovi indirizzi la Cassa Depositi e Prestiti, togliendola dalla palude in cui si trova attualmente e considerare anche l’ipotesi di utilizzare i fondi pensione (Pizzuti, 2013).

L’unione bancaria e la riforma del sistema europeo

Per ridurre il costo del credito e allinearlo a quello dei nostri concorrenti non c’è invece che una possibile soluzione, spingere in direzione dell’unione bancaria.

Come è noto, tale unione dovrebbe articolarsi nella messa in opera di un supervisore unico degli istituti, in una garanzia europea sui depositi dei clienti, infine in un meccanismo unico di risoluzione delle crisi e di ricapitalizzazione delle banche.

La situazione non appare brillante. Mentre sembra assicurato l’avvio del meccanismo della supervisione unica, che riguarderà peraltro soltanto gli istituti più grandi, per quanto concerne la risoluzione delle crisi i tedeschi hanno fatto sapere che non vogliono pagare per le difficoltà degli altri, mentre una bozza di direttiva europea afferma praticamente che i costi dei fallimenti bancari vanno scaricati sui bilanci pubblici. Quindi non ci siamo.

Su un altro, ma contiguo versante, l’Unione Europea ha affidato a suo tempo a una commissione guidata da Erkki Likanen, governatore della banca centrale finlandese, il compito di stendere un rapporto su come rendere il sistema bancario europeo più sicuro.

La parte più rilevante delle sue raccomandazioni riguarda la proposta separazione tra attività di banca commerciale e quella di banca di investimento. Likkanen non indica l’obbligo per le banche di arrivare a un separazione netta, ma suggerisce di introdurre paletti piuttosto forti. Ma ora la riforma bancaria francese e quella tedesca, in corso di approvazione, si configurano con una soluzione molto più blanda del problema. Tra l’altro, è molto difficile tirare una linea netta di separazione tra le varie attività e in questo varco, per come le cose sono state congegnate nei due paesi, le banche avranno facilità a infilarsi.

Ora anche la Commissione Europea sembra piegarsi al modello franco-tedesco. Più in generale, M. Barnier, commissario addetto al settore, promette una riforma del sistema finanziario per l’estate (Michel, 2013); ma ha già dichiarato che essa non deve penalizzare le banche.

Ad ogni modo, le riforme su cui si sta discutendo, a parte la questione della separazione tra attività commerciale e attività di trading, riguardano in particolare il problema dei derivati, le agenzie di rating, il sistema finanziario ombra, le dimensioni delle banche, la loro capitalizzazione, la Tobin tax. Su quasi tutte tali questioni le cose vanno avanti molto lentamente e comunque con raccomandazioni in genere molto “moderate”.

Per quanto riguarda il tema specifico della capitalizzazione delle banche, Europa e Stati Uniti si trovano d’accordo nel procrastinare e annacquare le proposte di Basilea 3, già di per sé non particolarmente audaci. Intanto, qualcuno ha calcolato che le banche europee hanno una carenza di mezzi propri per un importo che può andare da 500 a 1000 miliardi di euro; la questione riguarda tanto le banche spagnole quanto quelle tedesche e francesi (Munchau, 2013).

Che cosa può fare l’Italia

Mentre su alcune questioni il governo italiano si dovrà limitare a partecipare alle discussioni che si svolgono in consessi più ampi dei singoli stati, portando sperabilmente un punto di vista favorevole a riforme radicali, su altri temi esso ha rilevanti margini di manovra che deve utilizzare. Accenniamo soltanto a quattro temi.

Dopo i problemi che abbiamo dovuto registrare con i derivati, dal caso del comune di Milano a quello del Monte Paschi, bisognerà, come minimo, riportare tali contratti sui mercati regolamentati e comunque restringere la tipologia di quelli permessi, escludendo quelli di tipo speculativo. Poi potremmo fare come in Gran Bretagna dove l’organismo di controllo dei mercati finanziari ha imposto alle banche di rivedere migliaia di contratti venduti alle piccole e medie imprese locali. In Italia, comunque, si è avuta una pronuncia della Corte dei conti che apre molti margini agli enti pubblici per avviare un contenzioso.

Si tratta poi di varare delle disposizioni che portino alla separazione netta tra attività di banca commerciale e quelle di banca di investimento, almeno seguendo le indicazioni della commissione Likkanen.

Sulla Tobin tax, iniziativa che pure è andata avanti a livello europeo, le decisioni del governo Monti sono state a suo tempo molto limitative. Vengono tassate in effetti solo le azioni delle imprese quotate di maggiori dimensioni e i derivati sulle azioni, che costituiscono soltanto il 2% del totale degli stessi derivati sottoscritti (Baranes, 2013). Bisogna allagare e di molto l’ambito di applicazione della normativa.

Infine, rifacendoci anche a una proposta avanzata dalla Banca d’Italia, si tratterebbe di mettere sotto controllo le remunerazioni dei manager bancari.

(1) old.sbilanciamoci.info/Sezioni/capitali/Monte-Paschi.-Due-scandali-in-uno-16592

(2) old.sbilanciamoci.info/Sezioni/capitali/Banca-delle-Marche-scandali-di-provincia-16829

Testi citati nell’articolo

Baranes A., Scandali e speculazione. È l’ora della Tobin, old.sbilanciamoci.info/Sezioni/capitali/Scandali-e-speculazione.-E-l-ora-della-Tobin-16495

Binham C. ed altri, Rate-fixing scandal shakes three continents, www.ft.com, 6 febbraio 2013

Bonafede A., Credit crunch, seconda ondata, Affari&Finanza, la Repubblica, 28 gennaio 2013

Michel A., M. Barnier promet “une riforme bancaire européenne ambitieuse” pour l’été, le Monde, 31 gennaio 2013

Munchau W., The eurozone crisis is not finished, www.ft.com, 3 febbraio 2013

Rizzuti F. R., Usiamo i fondi pensione per gli investimenti, old.sbilanciamoci.info/Sezioni/capitali/Usiamo-i-fondi-pensione-per-gli-investimenti-16616

Sylos Labini S., Macro e micro. Le vie dell’intervento pubblico, old.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/Macro-e-micro.-Le-vie-dell-intervento-pubblico-16604

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Commenti

banche

caro Stefano,

sono sostanzialmente d'accordo

Banca d'Italia

Caro Vincenzo,

vedo che siamo sulla stessa lunghezza d’onda e ne sono contento. La proposta della Banca d’Italia, che ha le controindicazioni da te segnalate, più che altro nasce dall’esigenza di sottrarre le banche pubbliche dall’influenza dei partiti che generano corruzione. Oggi è di vitale importanza avere delle banche pubbliche che svolgano realmente un ruolo di servizio per l’economia reale e non un’azione predatoria volta ad arricchire managers e azionisti. Ma è altrettanto cruciale che siano indipendenti dai partiti politici. Credo che questo sia un tema su cui ragionare con grande attenzione.

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