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Cinque stelle, la vertigine della comunità

12/03/2013

Il Movimento Cinque Stelle prefigura una comunità che non è riconducibile alle forme della politica tradizionale. È fondata sulla partecipazione diretta, stretta in una rete che collega, ma anche intrappola

Il M5S ci ha messi di fronte a un’inedita geografia elettorale, fatta di rete e di reti, più che di fortini rossi e neri. Esso esprime perfettamente questa riconfigurazione dello spazio politico italiano, non solo per il suo ricorso a Internet come quadro e dispositivo organizzativo, ma perché propone un passaggio da un regime all’altro: dal territorio alla rete, dall’alto al basso, dall’“uno per tutti” all’“uno vale uno”.

Di fronte a tutto questo, la reazione dominante è stata inizialmente quella della sottovalutazione focalizzandosi spesso sull’elemento meno indicativo, come dimostra l’esempio dell’accusa di populismo, l’argomento più frequentemente usato nell’analisi del M5S. Si è parlato di populismo democratico, di populismo di sinistra, ecologico, postmoderno, di web-populism.

E se dietro l’albero di quello che si definisce populismo si nascondesse in realtà una foresta del tutto diversa? Per cercare di capirlo si potrebbe forse partire non da un giudizio denigratorio del M5S e del suo leader, ma piuttosto da una domanda che chiunque dovrebbe porsi per decidere a chi dare il proprio voto. Un elettore, infatti, decide non solo in base a un programma e agli strumenti messi in atto per realizzarlo, ma anche in base a una più generale visione del mondo che un partito o un movimento propone e che corrisponde o meno ai suoi valori.

Qual è il modello di società (e non solo economico, produttivo, distributivo) dello stare insieme previsto dal M5S? Da tempo Beppe Grillo nei suoi comizi utilizza sempre di più la parola e il concetto di Comunità rispetto a quella di Movimento.

Non dichiarandosi un partito con dei valori e delle ideologie manifesti attorno ai quali riconoscersi, il M5S propone così il rudimento dello stare insieme, la comunità. Quella alla quale si accede prima di tutto in rete, su Internet, nella quale è facile esistere, relativamente semplice circolare, ma che è difficile da scalare.

Così, quel Tutti a casa urlato nelle 70 piazze dell’ultimo tour elettorale non appare più come l’ennesimo rigurgito populista, come aggiustamento consustanziale al funzionamento democratico. Ma piuttosto come un enunciato performativo, come l’atto fondativo di una comunità, che – proprio come quando si fonda o si conquista una città – ha bisogno di distruggere, bruciare, radere al suolo, ricominciare da zero.

Questa comunità non si proclama né di destra né di sinistra, il che equivale a voler scardinare e a sostituirsi alle due “comunità ideologiche” di riferimento la cui logica, l’ideologia appunto, è considerata desueta, infondata, non più aderente alla realtà. Non è un caso che un altro degli slogan del M5S sia Non ci sono idee di destra o di sinistra, ma solo buone o cattive idee. Questo argomento si basa sulla premessa che le cattive o buone idee siano là, oggettive, quasi reificate e pronte ad essere identificate al di là del proprio orientamento politico. Ma i membri di una comunità come se le formano le idee che sono sempre e comunque frutto di un'ideologia, cioè di una logica di composizione dell'idea?

Per ora l’unica indicazione circa l’idea di comunità parrebbe essere quella contenuta nel video intitolato “Gaia” e rispetto al quale si ha la stessa reazione che si aveva nei confronti della Padania liquidata come il delirio di un singolo. La “Padania non esiste”, si diceva liquidando l’allora emergente fenomeno leghista. E invece la Padania esiste, o comunque è esistita, nella misura in cui un cospicuo gruppo di persone l’ha pensata, l’ha pronunciata traducendola in un progetto politico e di società nel quale un gruppo organizzato si è riconosciuto. Dal 1992 al 2013 la Padania si è seduta tra i banchi del parlamento italiano contribuendo a orientare il Paese, in maniera più o meno ininterrotta.

L’esperienza “leghista” – oltre a mostrare che, come la storia, anche la geografia ha i suoi avvenimenti – non è bastata a insegnare a prendere sul serio la portata trasformatrice dei movimenti emergenti. (La Lega e il M5S comunque hanno in comune solamente il modo in cui sono stati inizialmente sottovalutati e trascurati).

La comunità proposta dal M5S ricorre alla partecipazione come pratica di governo (almeno come aspirazione, per la pratica – a livello nazionale – c’è da aspettare gli eventi).

Questa partecipazione è fatta di strumenti e di attori. Dal punto di vista degli strumenti, la rete, il blog di Grillo s’innesta su consolidate pratiche ordinarie di conversazione online nelle quali Internet si presenta come un riattivatore delle capacità espressive degli individui e come un’alternativa al controllo sull’opinione e sul dibattito pubblico esercitato dalle élite mediatiche.

Dal punto di vista degli attori, la partecipazione praticata dal e nel M5S rimette al centro il cittadino e propone l’idea che anche quest’ultimo è portatore di un’expertise utile al governo del paese, soprattutto se viene dopo un ventennio durante il quale la questione della competenza è stata ampiamente marginalizzata. La partecipazione dei cittadini al parlamento eviterebbe ogni forma e livello di mediazione rendendo ogni cittadino capace di gestire la res pubblica. Questo sistema di governo sembra basarsi su quella che si potrebbe definire un’ingiunzione partecipativa. Nel senso che il cittadino per appartenere alla comunità deve partecipare attivamente alla gestione di quest’ultima senza poter scegliere liberamente, per motivi razionali o emotivi, se e cosa delegare.

Eppure chi ha un minimo di conoscenza o di esperienza di pratiche e processi partecipativi all’interno di organizzazioni (siano esse movimenti o partiti) sa che l’atto partecipativo in sé non basta a rendere uguali. La partecipazione in quanto processo, e non come semplice metodo, è co-costruzione di ogni singolo elemento del reale sul quale si vorrebbe agire. Co-costruzione dell’analisi del punto di partenza, dei problemi che lo caratterizzano, dell’obiettivo cui si tende, delle politiche da realizzare, dei mezzi utilizzati. E anche del modo in cui parlare al Mondo. Un esempio positivo in questo senso viene dai grandi movimenti internazionali come quelli di Porto Alegre, di Seattle, di Occupy wall street, degli Indignados. Questi movimenti internazionali hanno due caratteristiche in comune. La prima: non si dichiarano una comunità ma piuttosto parlano alla società, cioè a un insieme composito, eterogeneo, solidale, compatto, intelligente e riflessivo, nel senso di Ulrich Beck. La seconda: questi movimenti, profondamente partecipativi, orizzontali e nati dal basso, non hanno leader particolari e unanimemente riconosciuti.

Aspettando la società

Rispetto al M5S, la vera questione sembra essere un’altra. Fin quando si potrà fare l’economia del modello di società, mondiale e italiana, proposta dal M5S col pretesto, comprensibile certo, di dare priorità ai punti programmatici rappresentati dalle cinque stelle? Domanda tanto più urgente se si considera inoltre che alla prossima tornata elettorale il Movimento (o almeno il suo leader) aspira al 100% dei voti?

Il problema non è tanto cosa succederà quando la famosa democrazia liquida del M5S incontrerà la materialità di un Parlamento e delle sue leggi, ma piuttosto cosa succederà quando questa comunità pretenderà di sostituirsi alla società. La comunità cui si fa riferimento sembra ricordare a tratti quella descritta da Tönnies: omogenea, nella quale bisogna accettare le regole così come sono, quella del vincolo (di sangue, di luogo, di mezzi), quella a cui si “appartiene” e non di cui si fa parte, quella che si muove in blocco. La comunità che, come tanti ci hanno insegnato, è l’opposto della società.

Il futuro di questa comunità e del Mondo, ci dicono, sarà la rete.

La polisemicità di questa parola appare però agli esitanti come una profezia. La rete collega, mette in relazione, ma essa richiama anche la più antica delle trappole dei pescatori: essa imbriglia, cattura, diventando il contorto e fitto perimetro della partecipazione.

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Commenti

m5s

Il risultato inatteso ,esagerato,del 5s fa sembrare che 8 milioni di Italiani abbiano di colpo abbracciato le teorie del movimento. Tutti connessi,24 ore su 24, tutti a interessarsi di tutto, per formare quella intelligenza collettiva superiore che dovrebbe governarci negli anni a venire.Naturalmente senza muoverci dal salotto di casa. Non ci credo.Tutti che divengono sostenitori della decrescita felice,che se chiedi in giro tutti sono neri perche il lavoro cala ,non compra più niente nessuno. Secondo me nel nord/est mica gli hanno spiegato quello che è sta decrescita.Grillo li ha convinti con quattro battute ,li ha fatti ridere ,poi sai la simpatia è complice e anche se quello che hai davanti è solo un'imbonitore da mercato ,non importa ti è simpatico, lo voti Nel valutare i risultati elettorali non dimenticate lo schifo che la destra ci ha fatto sopportare negli anni trascorsi.E' per via di quello schifo che circa la metà degli elettori di pdl,lega hanno votato m5s. Andateci piano con analisi "antopolosocimediatiche ".Tutto molto più semplice.

Statuto M5S

Da qualche giorno H Post ha reso pubblico lo statuto reale del movimento che ribalta alcune vostre considerazioni.
Grillo risulta Presidente, suo nipote Vicepresidente e il suo commercialista Segretario quindi uno e trino.
La stampa italiana ancora non hanno dato il giusto risalto, in primis mi riferisco ad alcuni giornalisti de il fatto come Feltri e Scanzi o trattasi di un'altra travagliata.

Emotività

Salve. Dopo aver letto sia l'articolo che i commenti ad esso, desidererei intervenire commentando a mia volta, perché mi è sembrato di scorgere una certa emotività alla base di alcuni commenti (emotività dovuta probabilmente all'importanza del momento e alle incertezze politiche di questi giorni, o forse al "con noi o contro di noi" che affligge forse da sempre la politica della Repubblica, ma che è stato senz'altro accentuato negli ultimi due decenni di personalizzazione della politica, ed ulteriormente amplificato da Grillo).
Ebbene, tale emotività - evidente in quei commenti che usano toni quasi violenti ("saccente e ad un tempo qualunquista", "abbastanza superficiale e molto buonista") - mi pare abbia portato a non carpire gli elementi critici contenuti dall'articolo. Provo a riprenderli in maniera ragionata.

È fuor di dubbio che - come si dice in introduzione - l'exploit del Movimento 5 Stelle alle ultime elezioni abbia deterninato un cambiamento significativo nel quadro politico italiano, anche a livello di paradigma. Mi sembra altrettanto evidente che - come scritto - il M5S, con la sua capacità organizzativa e le sue istanze, non sia stato - almeno fino a qualche mese fa - preso nella giusta considerazione. Le critiche che sono state mosse al Movimento si sono in effetti concentrate sul concetto di populismo, mettendo cosí in risalto piú un'intenzione denigratoria che una volontà di comprensione del fenomeno.

Sulla base di questa constatazione, mi pare che l'articolo cerchi di uscire da una sorta di circolo vizioso che si avvita sull'asse della questione populismo/non-populismo.
E lo fa richiamando l'attenzione su due questioni cruciali e collegate tra loro:
- quella della visione del mondo;
- quella della non equivalenza tra partecipazione ed eguaglianza.

1) Per quanto riguarda la prima questione, nell'articolo viene posta una domanda essenziale che interroga la "generale visione del mondo" proposta dal Movimento 5 Stelle: "Qual è il modello di società [...] dello stare insieme previsto dal M5S?".
A partire da questa domanda, si propone un focus che è imperniato sul concetto di comunità (entità "omogenea, nella quale bisogna accettare le regole così come sono, quella del vincolo (di sangue, di luogo, di mezzi), quella a cui si 'appartiene' e non di cui si fa parte, quella che si muove in blocco") contrapposto a quello di società ("insieme composito, eterogeneo, solidale, compatto, intelligente e riflessivo").
Di tale comunità si dice che, dichiarando desuete le categorie di destra e sinistra (che fanno riferimento, per l'appunto, a diverse visioni del mondo), essa propone a torto una concezione delle "idee" come se queste non dipendessero da un orientamento politico che le "partorisce" e che le organizza. Invece tale orientamento - che equivale poi alla visione della società (o del mondo, se si preferisce) - è cruciale. Eppure nella comunità dei 5 Stelle è messo da parte, è non detto, non esplicitato, non formalizzato, o addirittura non pensato. Non è attorno ad esso che si chiamano a raccolta i sostenitori e gli attivisti del Movimento, ma attorno alle "buone idee" (contrapposte alle cattive).
Si dice ancora di tale comunità dei 5 Stelle, che la sua fondazione richiede un "distruggere, bruciare, radere al suolo, ricominciare da zero" (come se veramente tutto l'esistente fosse da buttare, come se veramente in parlamento non ci fossero persone da "salvare", come se veramente non ci fossero differenze abissali fra il partito personale di Berlusconi e il Partito Democratico, che pure è colpevole per aver permesso e avallato delle oscenità antidemocratiche e profondamente inique), e che in tale comunità è "facile esistere, relativamente semplice circolare, ma che è difficile da scalare" (il problema democratico è quindi posto).

2) E infatti, là dove l'articolo mette in discussione la visione della partecipazione della "comunità" dei 5 Stelle, la questione della democrazia è rilevante.
Se da un lato si mette in rilievo il punto critico della "ingiunzione partecipativa" che non consente l'accesso alla comunità a chi scegliesse di delegare (c'è quindi una questione di esclusione), dall'altro si denuncia la non equivalenza fra partecipazione ed eguaglianza ("l’atto partecipativo in sé non basta a rendere uguali"). Ciò sottolinea le incongruenze che possono esserci in una "piattaforma" che pur permettendo l'espressione di un'opinione o di una proposta non è affatto garanzia di "poter pesare" nelle decisioni.
Quest'ultimo punto si collega infatti alla questione del leader che è posta come punto cruciale, come differenza fondamentale fra il Movimento 5 Stelle e i movimenti internazionali nati senza spinte "leaderistiche" o tendenti al "leaderismo" e che non si reclamano come comunità. Infatti, nonostante le "consolidate pratiche ordinarie di conversazione online" che animano il blog di Grillo, nonostante il fatto che gli attivisti del Movimento 5 Stelle vogliano mettere il cittadino al centro come "portatore di un’expertise utile al governo del paese", a me sembra che l'articolo sottolinei come manchi una vera "co-costruzione dell’analisi del punto di partenza, dei problemi che lo caratterizzano, dell’obiettivo cui si tende, delle politiche da realizzare, dei mezzi utilizzati. E anche del modo in cui parlare al Mondo". Tutto ciò sembra in effetti già "pre-costruito" (dal leader e dai suoi collaboratori) ed è semplicemente da accettare se si vuol far parte della comunità.

Le due questioni (visione del mondo e questione del leader) sembrano intrecciarsi proprio nel video "Gaia: il futuro della politica" della Casaleggio associati.
Se esso sembra proporre una visione della comunità, del futuro del mondo, tale visione non è - almeno ufficialmente - quella dei 5 Stelle, ma di uno dei componenti del suo vertice (o forse di entrambi). Ma l'influenza che tale vertice ha sul movimento è piú che evidente (si prenda come esempio la scelta di Casaleggio, prima, e di Grillo, poi, di mettere tutto il loro peso sulla bilancia quando i parlamentari del M5S dovevano pronunciarsi sulla fiducia a un eventuale governo non partitico, di alto profilo). E sta qui il punto. La discrepanza fra partecipazione e orizzontalità può definire la sostanza della comunità monolitica.

sulla comunità a 5 stelle

Condivido alcuni dei rilievi fatti sin qui all'articolo. Ma invece penso che la questione della "comunità", di come si costruisce e si realizza sia dirimente, sia veramente il cuore della questione. E che il rischio più insidioso sia quello appunto di sostituire la comunità - omogenea, insindacabile, tautologica -alla società. Nella società c'è posto per il gioco, si spera democratico e trasparente, degli interessi contrapposti, di diversi progetti. Nella comunità questo è impossibile, essa è così perché è vera ed è vera perché è così: è questo il senso del rifiuto ad una consultazione degli elettori sulla possibile fidcia a un governo con l'argomento che è già chiaro nell'identità del movimento cosa si deve fare, non c'è bisogno di esprimere la propria opinione; è questo il senso del 100% dei consensi invocato da Grillo, un obiettivo che ha senso se si pensa che la comunità invera ogni aspettativa del singolo e ne rappresenta la vera natura e i veri interessi; prima o poi il cittadino dovrà riconsocere di farne parte. Ricorda più la Chiesa medioevale del "Dio riconoscerà i suoi" che un totalitarismo moderno, ma la spinta a interpretare il dissenso come complotto esterno e malevolo o come errore contro la propria stessa natura secondo me è fortissima.

Fascismo della computercrazia

e' una nota, a ben vedere, saccente e ad un tempo qualunquistica. Si omette di considerare il significato di un populismo (nozione che comporta l'assoggettamento al caudillo di masse indifferenziate, il popolo) governato autocraticamente da un gestore di un sito, che impedisce al suo interno qualunque scambio e comunicazione. N:B gli stessi parlamentari di Grillo non si conoscono tra di loro! Al mio paese, questo e', a prescindere dalla distinzione tra destra e sinistra, FASCISMO in quanto rifiuta la democrazia rappresentativa che ben puo' espandersi e comprendere la partecipazione reale e non virtuale solipsistica .
Una senatrice di Grillo e' stata nominata con 18 clic.

Movimento Cinque Stelle

La differenza sostanziale tra un “Occupy wall street” ed un M5S è che il primo vede “un parlare al Mondo”
che porta come effetto un Dow Jones e S&P 500 in prossimità dei massimi storici, mentre il secondo ha margini di miglioramento sulle “pratiche”.
Piuttosto che preoccuparsi di quando una comunità si sostituirà alla società, preoccupiamoci del vincolo dei mercati OTC. Motore, fin da troppo tempo, dei “rappresentanti” della collettività.

Movimento Cinque Stelle

Mi sembra un'analisi abbastanza superficiale e molto buonista. Le modalità della Rete così come loro la utilizzano non mi sembrano il massimo dell'orizzondalità, anzi. Basti pensare che il blog del movimento è quello personale di Grillo, che interviene anche in modo censoreo o direttamente o tramite i suoi amministratori di stretta osservanza. Il video Gaia ricorda la comunicazione escatologica di Anonymous (e le maschere di V per vendetta sono esibite nei tour) ma mentre in quelli degli hacker c'è al finale sempre il riferimento a un Noi (la Legione) per quanto segreto, lì il cittadino-utente è solo davanti a una trasformazione che lo travolge in una catarsi tragica (la guerra incombente, l'ecatombe) e davanti a un indistinto globale che richiama la soltudine del consumatore di fronte al mercato globalizzato. Poi c'è la piazza, il comizio del leader, come modalità partecipativa, ma è sempre da spettatore che si partecipa. E infatti neanche i parlamentari si conoscono tra di loro. E gli elettori li hanno votati quasi a scatola chiusa, votando in realtà il leader (emblematico il caso delle contestazioni delle schede per Grillo nel Lazio). Detto questo, credo sia persino poco indicativo questo epiteto di populismo. Populista era Berlusconi, probabilmente. Ma Grillo e Casaleggio mi sembrano ancor meno strutturati. Di certo il Movimento si basa su un forte risentimento che però è di individui. Ora si dovrà in parte strutturare e si vedrà cosa si portavano dietro in termini di riferimenti politico-culturali. Per fare un'analisi, credo, vera è presto, siamo solo all'inizio.

Comunità: partecipata da tutti o diretta da qualcuno ?

Condivido, M5S è una comunità. Ma è aperta alla partecipazione di tutti, nel senso che tutti possono contribuire al suo evolversi (programma, regole, obiettivi) ? Non mi pare. C'è un capo, consigliato da pochi (forse uno solo, addirittura), che "certifica" le 5 stelle, stabilisce le regole e coopta, a suo insindacabile giudizio, quelli che possono essere validi per proporre punti di programma. E le scelte fatte sul web lasciano il tempo che trovano; mi spiego con un esempio: Che utilità c'è stata nel partecipare alla scelta dei candidati del M5S se tanto ognuno di essi è obbligato ad attuare rigidamente i punti già stabiliti ? Allora molto meglio le primarie della coalizione del Centro Sinistra, dove la scelta del candidato implicava programmi anche diversi, pur nell'ambito di un alveo comune. Infatti la partecipazione è stata incomparabilmente maggiore. L'esito del voto ci dice invece un'altra cosa: non è stata scelta la comunità, ma premiato un atteggiamento, di protesta e rifiuto totale dell'esistente. Si tratta di preferenze volatili, di un consenso di massa, ma non radicato se non nella fiducia verso il leader. Malattia tipicamente italiana, con frequenti ricadute, ahimè.

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