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Verso uno scoppio molto prossimo dell’euro?

22/11/2011

È sempre più difficile salvare la moneta europea dai pericoli delle prossime settimane. Gli aiuti esterni richiesti ai paesi del Bric non potranno mai sostituire la volontà della Germania

“…la risposta alla crisi non è meno Europa, ma più Europa…” Angela Merkel. “…troppo poco, troppo tardi…” Martin Wolf. “…la crisi sta correndo troppo velocemente…” Wolfgang Munchau.

Premessa

Molte persone, in Italia, in Europa e nel mondo, hanno certamente tirato un gran sospiro di sollievo per la caduta del governo Berlusconi. Peraltro, la reazione positiva dei mercati finanziari a tale avvenimento e all’arrivo del governo Monti – che ha, da una parte, collocato di nuovo l’Italia in una posizione dignitosa nel consesso politico europeo, ma dall’altra si è presentato al paese con un programma di governo francamente molto discutibile – è durata molto poco, al contrario di come ci si poteva forse attendere. Il fatto è che sull’euro si sono addensate nel frattempo nuove, pesanti nubi, tanto che si può ragionevolmente pensare, come fa ad esempio un autorevole commentatore di “The Financial Times” (Munchau, 2011), che siamo molto vicini (potrebbe essere ormai una questione di settimane) al crollo della moneta unica. Sostanzialmente sulla stessa linea hanno rilasciato dichiarazioni nei giorni scorsi J. Attali (Mattioli, 2011) e P. Krugman.

I sintomi del possibile imminente collasso, che speriamo possa essere comunque in qualche modo scongiurato, non mancano.

Ricordiamo, a questo proposito, che il mercato dei titoli di stato dei paesi della zona euro – tranne il caso della Germania – è già virtualmente bloccato e ormai soltanto la Bce continua a comprarli (sino a quando?); intanto l’associazione delle banche europee ha suggerito agli istituti aderenti di vendere tutti i titoli pubblici dei paesi del Sud Europa detenuti in portafoglio; questo sia pure tra le proteste delle banche italiane per una decisione che appare in effetti inaudita.

Dietro questi mutamenti si profilano sviluppi rilevanti e recenti degli avvenimenti: da una parte l’attacco in atto della speculazione internazionale anche verso paesi come la Francia, l’Austria, la Finlandia e il rinnovo degli assalti alla Spagna, dall’altra anche la reazione dei mercati finanziari ad alcune sciagurate decisioni prese al summit dell’eurozona qualche settimana fa.

La crisi francese

Lo spread di rendimenti richiesti dal mercato per i titoli di stato francesi a lungo termine ha raggiunto ormai giovedì 17 novembre il livello di oltre duecento punti sui bund tedeschi; siamo ormai alla situazione in cui si trovava l’Italia appena pochi mesi fa e arrestare la macchina della speculazione sembra ormai molto difficile.

Dietro questi movimenti dei tassi di interesse non mancano in astratto delle ragioni, sia a livello di economia reale che finanziaria.

Un centro di studi europeo, il Consiglio di Lisbona, in occasione della pubblicazione di un barometro economico intitolato Euro Plus Monitor, ha messo in questione il mantenimento del rating di tripla A della Francia; secondo tale studio (“Le Monde”, 2011, a), che prende in considerazione criteri di analisi quali la crescita, la competitività e la sostenibilità del debito dei vari paesi dell’euro, i risultati pongono la Francia al 13° posto, giusto tra la Spagna e l’Italia, sui 17 stati dell’euro presi in considerazione.

Il presidente Sarkozy e il suo governo (come ci ricorda ad esempio Carnegy, 2011) negli ultimi tre mesi hanno dovuto introdurre per ben due volte delle misure budgetarie di emergenza a fronte di una crescita economica in prospettiva anemica ed appare abbastanza chiaro che altre ne dovranno presto seguire: così, a livello di metodo, sembra che il duo Berlusconi-Tremonti abbia fatto scuola.

È vero che quest’anno il pil francese dovrebbe crescere dell’1,6-1,7%, livelli per noi stratosferici, ma per il 2012 diversi esperti prevedono una recessione e lo stesso pil potrebbe diminuire dello 0,6%. Si è, d’altro canto,innescato il ben noto circolo vizioso di austerità, recessione, deficit. I mercati percepiscono bene tale dinamica e tendono ad agire di conseguenza.

Sul fronte strettamente finanziario gli stessi mercati sono poi soprattutto impauriti dalla presenza nel portafoglio delle principali banche francesi di titoli greci e italiani in abbondanza. E così accade che qualche settimana fa un’agenzia di rating ha minacciato di togliere la tripla A alla Francia, decisione che sembra ormai pronta nei cassetti delle stesse agenzie, che la tireranno probabilmente fuori al momento più opportuno per assecondare una qualche nuova ondata speculativa.

Le conseguenze di tale eventuale decisione potrebbero essere drammatiche.

Le difficoltà sul fronte dell’economia reale e su quello finanziario del paese transalpino, del resto strettamente intrecciate tra di loro, sono in effetti una manna per gli speculatori internazionali, il cui obiettivo di fondo da molto tempo è quello di far andare a pezzi l’euro, risultato che appare ormai vicino.

I crescenti problemi francesi mettono ovviamente in dubbio il mantenimento di un asse egemonico franco-tedesco sull’euro e sull’Europa, già peraltro da tempo, almeno in parte, in discussione. L’Europa sarà plausibilmente tedesca o non sarà.

Il summit di eurolandia

L’altro evento rilevante che sta contribuendo a fare forse precipitare la situazione è costituito da alcune decisioni prese nell’ultimo incontro dei paesi dell’eurozona, in particolare quella che riguarda l’ampliamento della dotazione del fondo salva-stati sino a 1.000 miliardi di euro e l’altra che fa riferimento all’haircut “volontario” del 50% per quanto riguarda il valore dei titoli pubblici greci detenuti dalle istituzioni finanziarie.

In relazione al primo tema bisogna sottolineare che l’allargamento del fondo salva-stati dovrebbe essere fatto, secondo i desiderata di Bruxelles, ricorrendo a dei prestiti. Questa indicazione è stata subito interpretata dai mercati in maniera molto negativa, sottintendendo che gli stessi stati dell’eurozona non avevano alcuna voglia o possibilità “politica” di metterli loro stessi.

Una variante sul tema è stata poi costituita dalla manifestata e bizzarra idea – chissà chi l’ha pensata per primo – delle autorità di Eurolandia di chiedere alla Cina ed eventualmente agli altri paesi del gruppo dei Bric di partecipare al salvataggio attraverso prestiti al fondo salva stati ed eventuali altre modalità. Senza entrare nel merito tecnico della questione, vogliamo soltanto ricordare che non esiste in realtà un problema di mancanza di risorse finanziarie in Europa e che quindi non c’è in alcun modo la necessità di ricorrere all’esterno, come già sottolineato da autorevoli commentatori. I soldi sono potenzialmente disponibili ed in abbondanza; il punto è che i loro proprietari non hanno voglia di investirli, in relazione alla loro scarsa fiducia nella situazione e nelle prospettive dei paesi dell’eurozona.

Per quale motivo la Cina dovrebbe averne di più? Il paese asiatico sarebbe, per altro verso, ben lieto di intervenire più di quanto stia già facendo, ma le contropartite economiche e politiche che esso richiederebbe sarebbero certamente vistose.

Anche per quanto riguarda l’altra misura prevista al vertice di Bruxelles, il taglio del 50% sui titoli pubblici greci, i mercati hanno interpretato la mossa nel senso di pensare che sia ormai caduto un tabù e che si sia costituito un pericoloso precedente; così, dopo il taglio dei titoli greci, potrà arrivare anche quello dei titoli portoghesi, spagnoli, irlandesi, italiani e così via.

Cosa potrà accadere

Le tendenze sopra descritte, se non fermate in tempo, potrebbero portare entro breve termine, come già indicato, al collasso del sistema dell’euro.

Quali sono le possibili vie d’uscita da una situazione altrimenti molto pesante?

Come scrive ad esempio M. Pianta (Pianta, 2011), sul piano “tecnico” non mancano in astratto gli strumenti per contrastare tale deriva. Più in generale le possibili mosse indicate dall’autore sono tre: il primo è quello che l’Europa garantisca collettivamente il debito pubblico dei paesi dell’area euro, il secondo è una ristrutturazione concordata dello stesso debito, il terzo è l’insolvenza generale degli stati debitori.

Forse la linea più praticabile è una via di mezzo tra la prima e la seconda alternativa, quella cioè che l’Europa arrivi a garantire il debito dei paesi in difficoltà previo un haircut del valore degli stessi titoli, haircut più o meno variabile come percentuale a seconda della situazione specifica degli stessi paesi.

Gli strumenti adeguati per operare con successo e allontanare gli avvoltoi della speculazione non mancherebbero, da quello di un intervento di acquisto largo e sistematico di titoli da parte della Bce, che dovrebbe diventare più in generale un lender di last resort come nel caso di tutti gli stati sovrani, a un’estensione delle dimensioni e del raggio di azione del fondo salva stati, all’emissione di eurobond, con una miscela più o meno variabile dei tre strumenti indicati.

Ma il problema che rende tutto difficile è quello che, in realtà, le soluzioni tecniche intraviste non sono indolori, che tali strumenti possono essere attivati soltanto con l’assenso politico dei paesi del Nord Europa e in particolare della Germania e che alla fine la cosa può funzionare, al punto in cui si è giunti, soltanto con l’avvio dell’unificazione politica del continente o, almeno, dei paesi della zona euro, come ci ricorda di nuovo, tra l’altro, Munchau (Munchau, 2011).

Esaminiamo soltanto alcuni aspetti del problema: ad esempio, attivare gli eurobond significherebbe per la Germania pagare ogni anno una somma extra a titolo di interessi sui suoi titoli pubblici pari a 20-30 miliardi di euro in più. E come dar torto agli stessi tedeschi quando affermano che permettere alla Bce e al fondo salva stati di intervenire in misura illimitata sul mercato dei titoli pubblici dei paesi del Sud-Europa significherebbe dare di nuovo a dei paesi che si sono dimostrati in passato irresponsabili, come la Grecia e l’Italia, la possibilità di rimettersi a spendere a volontà? E questo ovviamente in assenza di un coordinamento stretto dei conti dei vari paesi da parte di Bruxelles?

Comunque, tutto sommato, sembra che i gruppi dirigenti del paese si vadano convincendo poco a poco che, facendo il conto del dare e dell’avere, conviene ancora per loro intervenire per salvare l’euro e che si rendano conto che per farlo l’unica via appare quello dell’avvio della progressiva unificazione non solo dei bilanci pubblici, ma più in generale dei sistemi politici del continente.

In questo senso, è opinabile quanto sostiene Travaglini (Travaglini, 2011). Non appare più necessario, secondo me, spiegare alle élite tedesche che l’euro è un affare per il loro paese; il problema è semmai quello di far acquisire tale consapevolezza a tutto il paese, lavoro peraltro di lunga lena.

Un segnale in qualche modo incoraggiante è venuto nei giorni scorsi dal congresso della Cdu, il partito della Merkel e dalle stesse parole della leader tedesca in tale occasione. La Cancelliera vorrebbe una revisione rapida dei trattati di Lisbona e si dichiara pronta a fare dei passi concreti, ma ahimè limitati, sul fronte del processo di integrazione europea, quali l’elezione diretta a suffragio universale del presidente dell’Unione (“Le Monde”, 2011, b). Troppo poco, troppo tardi, come si chiede M. Wolf (Wolf, 2011)?

La crisi incalza in tempi molto più rapidi di quelli della politica tedesca e la maturazione di tutto il paese a favore delle soluzioni indicate potrebbe richiedere, come già accennato, ancora parecchio tempo.

Peraltro bisogna ricordare, come fa ad esempio, tra gli altri, ancora Pianta, che sino ad oggi il deficit di democrazia dell’intero processo a livello dell’euro è negli ultimi anni diventato drammatico e che bisogna necessariamente porvi rimedio. Inoltre, in intervento di salvataggio dei paesi del Sud Europa va accompagnato anche da un grande piano di sviluppo per tale area, che miri nel lungo termine ad annullare od almeno a ridurre in maniera significativa il suo attuale e rilevante deficit di competitività.

Speriamo che si faccia in tempo e bene.


Testi citati nell’articolo

Carnegy H., France struggles as growth flags, www.ft.com, 14 novembre 2011

Le Monde, La pression monte sur la triple A de la France, www.lemonde.fr,15 novembre 2011, a

Le Monde, L’Allemagne pousse pour une modification des traités de l’UE, www.lemonde.fr, 13 novembre 2011, b

Mattioli A., Jacques Attali: l’unica via di uscita è attivare il controllo europeo sui conti pubblici, La Stampa, 20 novembre 2011

Munchau W., The only way to save eurozone from collapse, www.ft.com, 13 novembre 2011

Pianta M., Correzione di rotta. Finanza, economia e democrazia in Europa, old.sbilanciamoci.info, 17 novembre 2011

Travaglini G., Spiegare ai tedeschi che l’euro è un loro affare, old.sbilanciamoci.info, 12 novembre 2011

Wolf M., Europe must not allow Rome to burn,, 15 novembre 2011 www.ft.com

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Commenti

ancora un perchè

sono intanto pienamente d'accordo con Raggetti sulla necessità di difendere l'euro e di avviare un vero stato federale europeo con decisioni immediate di natura politico-istituzionale che vadano in tale senso. Ho molti dubbi invece sulla sua ipotesi che dietro la crisi dell'Euro ci sia la Cina. Il paese asiatico ha nell'area dell'Unione Europea il suo primo partner commerciale e sarebbe quindi poco sensato remargli contro; di più, la Cina ha un enorme problema di impiego delle sue grandi risorse finanziarie e da questo punto di vista ha interesse all'affermazione dell'euro che costituisce una possibile rilevante alternativa al collocamento delle sue riserve rispetto al solo dollaro. I fatti poi mostrano senza ombra di dubbio che chi sta muovendo in queste settimane il denaro contro l'euro sono soprattuto le grandi istituzioni finanziarie statunitensi e giapponesi.

crisi

A me sembra che, pur senza estendere tale giudizio alla assoluta totalità degli operatori, non sia del tutto da respingere come palese assurdità - come pare fare Zanotto nel commento più sopra - l'idea che grandi intemediari, società di rating, di auditing e di consulenza, siano da considerare come qualcosa di simile ad associazioni a delinquere. Il ruolo che hanno giocato nella crisi USA - quando ad esempio inducevano i risparmiatori ad acquistare titoli di società sull'orlo del fallimento, che essi stessi invece vendevano (e l'elenco completo delle malefatte delle società di rating lo abbiamo peraltro sentito persino al TG1 quando il governo Berlusconi reagì inviperito al declassamento del debito italiano) - può senz'altro indurre a pensarlo. Se non ci è dato considerarle tali a pieno titolo, ciò è dovuto al fatto che le regole dei mercati finanziari consentono la gran parte dei loro irresponsabili comportamenti. Senza un intervento sulla regolamentazione dei mercati (vietando per esempio le operazioni alla scoperto, tanto per dirne una che per alcuni suona quasi come una bestemmia), crisi come quella che stiamo vivendo sembrano destinate a ripetersi. Purtroppo però, al di là delle parole (rare peraltro), non si vede a livello internazionale una reale volontà politica di agire in questo senso.

Ancora un perchè!

Mi chiedo se i cosiddetti speculatori possano avere solo l'interesse ad eliminare l'euro dalla scena monetaria internazionale, per guadagnare un poco ..a breve termine? Ma gli stessi speculatori hanno davvero solo l'interesse di fare un poco di guadagno e convivere, per decenni, con economie dei paesi, ex-europei, disastrate sia sul piano finanziario, sia sul piano reale? In altre parole, a chi conviene un'economia europea, finanziaria e reale, distrutta? Si perderebbero mercati di circa 400 milioni di consumatori? Inoltre, anche i paesi che hanno, tra le loro riserve valutarie, quantitativi consistenti di euro si ritroverebbero carta straccia in mano, oltre che qualche problemo da affrontare al riguardo. In breve, si crede davvero che, uscito di scena l'euro,..si potranno comprare le sovrastrutture finanziarie e le imprese dell'ex-euro zona con quattro renminbi? Intanto, perchè non focalizziamo la nostra attenzione anche sugli aspetti reali delle vicende che stiamo vivendo? Non vi è, forse, l'interesse di alcuni paesi a ridistribuire le risorse reali a livello globale? I paesi con massa demografica rilevante e con tassi di crescita economica elevati hanno, ovviamente, l'interesse (per altro comprensibilissimo) di vedere ridotte le risorse reali pro-capite consumate nei cosiddetti paesi sviluppati come l'Europa e gli Stati Uniti? Ciò assicurerebbe alle loro popolazioni ed alle loro progenie..possibilità concrete di migliori livelli di vita rispetto a quelli attuali..! Mentre noi europei e statunitensi siamo distratti (si fa per dire) dai problemi di natura finanziaria e monetaria, paesi, come la Cina, il Brasile, la stessa Russia si stanno attivando molto per assicurarsi aree territoriali ricche di materie prime (aree africane, in particolare). Allora? Siamo dentro una guerra (fin qui, solo finanziaria e monetaria, per fortuna) che in realtà, nasconde quella in corso per appagare interessi connessi con accaparrarsi risorse naturali (commodities) per il futuro a medio lungo termine! Ragionando in questo modo si ha una dimensione ..che ci suggerisce..modi nuovi di comprendere la realtà complessiva e ci stimolerebbe a comportarci adeguatamente per affrontarla in modo congruo! Per altro, la nostra situazione domestica, non è debole solo per l'immenso debito pubblico accumulato, ma siamo obbligati ad importare dall'estero materie prime ed l'energia! Quindi, se si dovesse tornare ..alla lira, potremmo illuderci di svalutarla tantissimo per aumentare le nostre esportazioni, ma, poi, con la liretta super svalutata dovremmo continuare ad acquistare all'estero ..risorse naturali, materie prime, energia, di cui avremmo bisogno! I prezzi di tutto questo, li faranno i vincitori della guerra reale in corso! Forse, non ci resta che difendere questa moneta (l'euro) divenendo leader dell'idea, irrinunciabile ed urgentissima, di dare vita almeno ad un vero Stato europeo federale, ad un vero Governo Europeo Federale e far capire a tutti, nel modo, che siamo decisi (noi e tutti gli altri stati dell'Eurozona) ...che non rispondiamo agli attacchi finanziari solo con reazioni e misure finanziarie! Occorre far capire, all'esterno dell'Eurozona, che abbiamo compreso gli interessi reali di medio lungo che si celano dietro la battaglia finanziaria attuale! Necessita, rispondere con decisioni immediate di natura politico istituzionali, condivise fermamente dall'intera collettività europea! Una collettività che faccia capire di avere capito (e condiviso) il fatto che ci stiamo giocando ...il livello di vita (con tutto il resto che questo comporta) per i prossimi decenni,..decenni,..molti decenni!

un perchè

la speculazione vuole affossare l'euro semplicemente perchè vi ha visto una grande occasione per guadagnarci sopra moltissimo denaro. Si è anche detto che gli Stati Uniti vedrebbero in generale di buon occhio un affossamento della moneta unica europea perchè in questo modo eliminerebbero un potenziale pericoloso rivale del dollaro e della sua egemonia planetaria; non so,può darsi.

Un perché

Perché la speculazione vorrebbe affossare l'euro. A chi pesta i piedi questa moneta?

Eurobond subito ma solo fino ad una nuova unione fiscale

E se si proponesse una forma di compromesso?

Attiviamo subito gli Eurobond, ma con il vincolo che questi saranno emessi solo fino ad una nuova unione fiscale. In queato moso si tampona momentaneamente il problema dei debiti sovarni nel frattempo che si ridisegnino le istituzioni economiche europee.

bce e unione fiscale

per quanto riguarda la domanda di Sinibaldi, la cifra di 3.000 miliardi di euro è stata avanzata da W. Buiter, in passato collaboratore della Banca d' Inghilterra, poi anche del Financial Times e attualmente capo economista della Citigroup e probabilmente il massimo, o uno dei massimi, esperti di economia monetaria del mondo.
Per quanto riguarda le questioni poste da Valeria, ricordo intanto che l'espressione "fiscal union" è male tradotta in italiano con "unione fiscale", in realtà si fa riferimento più in generale ad un coordinamento dei bilanci e della spesa pubblici; in questo momento il maggiore oppositore di tale unione è la Francia, sempre restia, del resto come la Gran Bretagna, a cedere pezzi della propria sovranità nazionale. Per quanto riguarda invece un possibile coordinamento fiscale, ricordo che si è discusso negli scorsi anni dell'unificazione delle aliquote sugli utili delle imprese, nonchè almeno su quella dei criteri per calcolare gli stessi utili di bilancio, ma in questo caso Francia e Germania erano d'accordo, ma si sono scontrati con la totale opposizione britannica

Può la BCE stampare 3000 miliardi di € ?

Ricambio il saluto, cordiale. L'idea che la BCE possa stampare banconote per 3000 miliardi di € mi sembra decisamente poco realistica. Da dove la hai presa? Significherebbe quadruplicare il circolante (attualmente 800 mlrd di €) !
Vorrei ricordare che quando - tre anni fa - la Fed ha implementato un piano di salvataggio di dimensioni simili (circa 2000 miliardi di $) per farlo sono state votate dal Congresso alcune leggi (Fondo TARP e altri) che di fatto sono state per la Fed una sorta di aumento di capitale : il circolante è rimasto praticamente invariato.

perchè non si vuole l'unione fiscale richiesta dalla merkel?

Vorrei qualcuno mi spiegasse perchè non si vuole l'unione fiscale richiesta dalla Merkel. qual'è il problema?
http://www.unita.it/mondo/ue-rispettare-risanamento-br-markel-bce-indipendente-1.355467
è una richiestra così astrusa auspicarsi un sistema unico per le tasse?
non sarebbe meglio fare una sorta di Europa Federale,uniformando una serie di normative?il fisco, in primis, visto che il nostro ha sempre strizzato l'occhio agli evasori?

informazioni sulla speculazione internazionale

Per orientarsi un po' di più in un campo così complesso e sfuggente, consiglierei di leggere sull'argomento due ottimi libri, tra l'altro chiarissimi e comprensibili anche dai profani, del sociologo Luciano Gallino: "Con i soldi degli altri", Einaudi, 2009 e il recente "Finanzcapitalismo", sempre Einaudi, 2011, in cui fa un quadro globale della situazione della finanza mondiale e dei pericoli che corriamo tutti noi, persone in carne ed ossa, se continua questo tsunami dei "liberi" movimenti di capitali senza che la Politica (quella con la maiuscola, oggi estinta come i dinosauri!) reintroduca a livello sovranazionale, almeno nella disastrata Unione Europea, norme che regolino i flussi finanziari, visto che negli Stati Uniti Obama (eletto tra l'altro anche con i soldi delle lobbies di Wall Street) finora non ha fatto altro che chiacchiere invece di regolamentare l'allegra finanza americana, al contrario, ha nominato ministro del tesoro proprio quel Timothy Geithner che è uno dei responsabili della crisi del 207-2008!

Con meno si fa il meglio

La mia proposta parte da un'analisi. La recessione economica c'è già, quella del consumo idem, non ha importanza se ne è effetto o causa: infatti circolano una sull'altra.
La mia verità ha questa testimonianza: uscire di propria volontà dall'euro e non per i giochi imposti della speculazione che è la sostanza della finanza. Con l'uscita in proprio, ridare valore alla politica; essere meno dei consumatori senza fondo ed essere felici perché ci accontentiamo di più: un sacrificio che (mi) dà gioia.
Oppure anzi, anche e meglio, il verso del Padre nostro: rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori...e non ci indurre in tentazione. Con il sopravvalutare i soldi.

Speculatori

Confesso di non essere molto d'accordo con Comito. A costo di scandalizzare molti lettori, sono propenso a pensare che gli speculatori siano in gran parte una categira inventata, non molto diversa dagli untori.
Indubbiamente se uno speculatore agisce sul mercato sfruttando informazioni riservate è uno speculatore, ma, anche se non so con quanta efficacia, l'insider trading è un reato punibile anche penalmente in tutti i paesi. A meno che non consideriamo grandi intemediari, società di rating, di auditing e di consulenza come un associazione a delinquere (altrochè muraglie cinesi!) non vedo come sia possibile ricondurre tutti gli operatori a queste fattispeci.
La nostra avversione agli speculatori deriva piuttosto dal fatto che quando giocano al ribasso ci indigniamo perchè, mentre loro arrichiscono, noi ci impoveriamo. Diversamente, quando giocano al rialzo siamo tutti contenti perchè i nostri asset valgono di più.
Perchè la speculazione oggi si accanisce contro l'Italia e non contro la Gran Bretagna? Non credo sia una questione di antipatia verso il nostro paese, quanto piuttosto una diversa valutazione del rischio di default fra i due paesi. Allora perchè vendere titoli italiani sarebbe una speculazione da bandire?
Su Repubblica di oggi c'è un dossier sui fondi pensionistici italiani da cui risulta come i gestori, per garantire uno pensione ai propri iscritti, si siano pressoché interamente liberati dei titoli greci e portoghesi. Possiamo pensare che i futuri pensionati, tramite i fondi pensioni, siano allora degli speculatori?
Un'ultima osservazione. Se due persone giocano a testa e croce un numero quasi infinito di volte, è assai probabile che al termine ognuna si ritrovi con lo stesso denaro che aveva all'inizio del gioco. In teoria delle probabilità esiste un teorema (non so più come si chiami) con cui si dimostra che se uno dei due giocatori ha risorse illimitate, alla fine risulterà sempre vincente. Oggi possiamo pensare che alcuni operatori siano troppo grandi da rassomigliare al nostro giocatore con risorse illimitate? Ecco su questo punto si potrebbe riflettere su come limitarne le giocate.

obiezioni

mi sono accorto che nella mia precedente risposta avevo dimenticato di far riferimento al secondo quesito posto da Sinibaldi. In realtà l'haircut ufficiale dei titoli dei paesi del Sud Europa sarebbe solo un riconoscimento del fatto che esso si è già verificato nella realtà e che i titoli dei paesi del Sud non reggono agli attuali valori. Tutti lo sanno e per quanto riguarda le conseguenze del fatto sui bilanci delle banche esse sono state già ampiamente analizzate ( ne ho accennato anch'io in un precedente articolo su questo stesso sito), mentre le soluzioni tecniche al problema non mancano e vanno dagli aumenti di capitale, al blocco nella distribuzione dei dividendi, all'intervento del fondo salva stati, alla nazionalizzazione di almeno alcuni istituti, ecc..

speculatori ed obiezioni

provo a rispondere sui temi sollevati dal mio articolo.
Per quanto riguarda gli speculatori, in estrema sintesi si può dire che essi esistono e sono anche facilmente individuabili. Per rispondere alla questione sollevata da Zanotti, con la parola comunque io faccio riferimento a chi in maniera "attiva e sistematica" porta avanti tutti i giorni l'obiettivo di guadagnare dei soldi attraverso strategie mirate e non a chi opera in maniera difensiva, come ad esempio il tesoriere di una multinazionale con delle attività magari in Argentina, che ha depositi nella moneta locale e che sentendo che tale moneta sta per svalutarsi cambia all'istante i pesos (o come si chiamano) in dollari contribuendo così magari ad affossare la valuta locale. L'esempio citato serve anche a riconoscere che comunque c'è una vasta gamma di operatori e di atteggiamenti tra lo speculatore "avanzato" e la pensionata che acquista o vende dei bot ( e non possono essere tutti messinello stesso calderone) e che forse certo a volte è difficile tirare una linea netta tra lo speculatore attivo e l'operatore che ha una strategia difensiva.
Tra le principali categorie di speculatori (l'elenco non è esaustivo per mancanza di spazio) vanno a mio parere inseriti gli hedge funds, che raccolgono capitali dai ricchi investitori e li utilizzano proprio per una strategia di speculazione "tout azimut", nonchè le grandi investment banks anglosassoni, che negli ultimi anni hanno accentuato la tendenza a cercare di ottenere grandi guadagni speculativi in proprio approfittando anche delle informazioni riservate che esse ottengono operando anche per conto dei loro clienti (grandi imprese, governi). Insieme a loro collocherei nell'elenco un certo numero di grandi investitori privati che operano attraverso le strutture citate o anche affidando il loro denaro (largamente accresciuto in questi anni di crescenti diseguaglianze e di crescenti esenzioni fiscali a favore dei privilegiati) con questo scopo alle strutture di private banking.
Per quanto riguarda le questioni poste da Sinibaldi, che colgo l'occasione per salutare, ricordo brevemente che certamente la BCE potrebbe diventare prestatore di ultima istanza come tutte le banche centrali dl pianeta e che come tutte le banche centrali dovrebbe stampare moneta per sostenere l'economia. Qualcuno tra gli esperti di queste cose ha stimato la sua attuale capacità di far marciare le presse intorno ai 3.000 miliardi di euro. Naturalmente peraltro, come ho sottolineato nell'articolo, il problema di attivazione della BCE non è tecnico, come sembrano credere in molti, ma politico. Essa presuppone un grande accordo per avviare l'eurozona verso un'unione "fiscale" ed anche politica.

Speculatori

La domanda posta da Livia è quanto mai opportuna.
Assistendo ai dibattiti televisivi, ho la sensazione che quando un politico, un giornalista e, perché no, un economista chiama in campo la speculazione, sia perchè non abbia alcuna spiegzione, per cui la teoria del complotto resta la più semplice da propagandare.
Uno speculatore che gioca al ribasso, prende a prestito titoli che rivende puntando ad una riduzione del loro prezzo quando dovrà acquistarli per restituirli al proprio prestatore.
Ma a chi vende il nostro specualtore? Ad un soggetto che la pensa in modo esattamente opposto, cioè che il prezzo dei titoli sarà destianto a crescere. Perchè dovrebbe diversamente acquistare quei titoli?
La domanda diventa: chi dei due è lo speculatore? Chi vende pensando che il prezzo dei titoli scenda ulteriormente o chi acquista che pensa invece che i prezzi risaliranno?
Il fatto che la BCE compri oggi titoli italiani dai ribassisti, rallenta l'assestamento dei prezzi, ma non modifica l'essenza della questione.

Obiezioni

1 - "...un intervento di acquisto largo e sistematico di titoli da parte della BCE..." Per un intervento di questo tipo occorrerebbero 1000 o forse 2000 miliardi di €. Con quali risorse potrebbe la BCE farlo ? Stampando moneta ? L'attuale circolante della BCE è di 800 mlrd di €. Può la BCE portarlo a 1800 o a 2800 mlrd in tempi brevi ?
2 - "...garntire il debito dei paesi in difficoltà previo un haircut del valore degli stessi titoli..." . Le banche francesi tedesche sono piene di titoli italiani, greci, spagnoli etc.. Hanno accettato - molto obtorto collo - lo haircut del 50% sui titoli greci, un haircut esteso a tutti i paesi "deboli" le farebbe crollare.

speculatori

Si legge sempre più spesso di "speculatori internazionali" che lucrano sulle difficoltà degli stati e a volte peggio. Ma in concreto, chi sono costoro? Persone, finanziarie, fondi, banche, organismi, paesi? Perché non ce ne dite di più? Sarebbe interessante saperlo e conoscerne meglio i meccanismi. Grazie

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