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La Volkswagen e gli altri

24/09/2015

È possibile comunque pensare che la Volkswagen possa aver portato avanti un comportamento così delittuoso e così ad alto rischio? Ipotesi e anomalie dello scandalo tedesco

Dunque si è scoperto che la Volkswagen, la grande impresa dell’auto tedesca, che controlla anche i marchi Audi, Skoda, Porsche, falsificava, non si sa bene da quanto tempo, i test statunitensi sulle emissioni inquinanti dei suoi modelli a motorizzazione diesel. La società teutonica si è subito presentata all’opinione pubblica come rea confessa, indicando che anche molte altre delle sue vetture, per un totale di 11 milioni di unità, che circolano nel resto del mondo presentavano lo stesso problema.

In ogni caso il danno economico per una società che stava proprio in questi mesi raggiungendo il traguardo di primo produttore mondiale del settore, davanti a Toyota e a General Motors, appare elevatissimo.

L’evento sembra a prima vista molto sorprendente sia per la fama che il gruppo aveva acquisito sul mercato mondiale, sia per la scoperta che anche dietro il miracolo tedesco, di cui la società era uno dei campioni più rappresentativi, si potevano celare dei segreti inconfessabili.

Sull’episodio si possono fare molte ipotesi e porre molti interrogativi, nonché avanzare una constatazione.

Intanto la scoperta delle anomalie è avvenuta per caso da parte dell’Epa, l’agenzia statunitense incaricata dei controlli ambientali, o magari, come qua e la si fa intendere, per le denunce in proposito alle autorità Usa da parte di un membro della famiglia Porsche escluso dai giochi di potere nel gruppo? O invece non abbiamo per nulla a che fare con una mossa casuale o occasionale? Siamo così forse di fronte ad un tentativo da parte degli americani per cercare di far fuori un concorrente pericoloso nel settore o anche, più in generale, di dare una lezione ad un paese, la Germania, che forse studia troppo da vicino l’ipotesi di allargare gli spazi di autonomia politica e di avvicinarsi alla Cina? In questa direzione tendono a portarci anche certe analisi di esperti di geopolitica, partendo in particolare dal caso ucraino.

Ma è possibile comunque pensare che una compagnia come la Volkswagen possa aver portato avanti nel tempo da sola un comportamento così delittuoso e così ad alto rischio? La cosa appare a prima vista inverosimile e ci spinge a svolgere un ragionamento che ci porta un po’ lontano.

Con lo scoppio della crisi, ormai circa otto anni fa, si scopre che alla sua origine sta per una parte almeno il settore bancario. Da allora, tra l’altro, sono stati scoperti tanti scandali di tipo finanziario, molto di frequente commessi da molte banche in combutta tra di loro (mi vengono a tale proposito in mente, ad esempio, l’episodio della fissazione fraudolenta del Libor sul mercato di Londra e quello relativo al mercato dei cambi, sempre su Londra). Si può così tranquillamente affermare che quello finanziario è un business portato avanti per larga parte da un’associazione a delinquere, che agisce in totale impunità grazie anche alla complicità dei poteri pubblici e delle autorità di controllo dei vari paesi.

Ora tocca all’auto; chi si occupa professionalmente del settore sa da diversi anni che, ad esempio, la gran parte delle imprese che operano nel nostro continente presenta ufficialmente dei dati relativi ai livelli di inquinamento largamente sottovalutati rispetto alla realtà, compiendo varie acrobazie poco lecite. I deboli tentativi di Bruxelles di controllare meglio la questione e anche di rendere più stringenti le norme in proposito si scontrano da tempo con l’opposizione della Germania, ma anche con quella di diversi altri paesi europei.

Ai casi dell’auto e della finanza si deve aggiungere ora anche quello della cosiddetta “economia della condivisione”, da Uber a Lyft, a Airbnb ecc.. Molte delle imprese operanti da qualche anno nel settore, per affermarsi sul mercato, non rispettano, questa volta non in maniera occulta, ma pubblicamente, le normative fissate in proposito dai vari governi, con esiti peraltro i più vari nella differenti regioni del mondo.

Che quindi quello del passare sopra le leggi, quando sia necessario o anche opportuno, in maniera occulta o anche palese, non sia alla fine che un modo di essere normale del sistema capitalistico, almeno di quello contemporaneo?

 


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Commenti

risposta a Serena Boccardo

mi dispiace di non essere d'accordo su nessun punto con la lettrice. Per quanto riguarda in particolare la questione dell'economia della condivisione, Uber e Lyft, ad esempio, non operano in nessun vuoto normativo; in quasi tutti i paesi del mondo è proibito dalla legge di svolgere servizio di trasporto di persone senza una apposita licenza; tutti i soldi di Uber e i 250 lobbisti che l'azienda ha oggi sotto contratto non sono bastati in diversi paesi a evitare che le loro attività fossero bloccate perché contravvenivano a specifici articoli del codice. Che poi la comparsa di questi nuovi attori possa spingere il legislatore a modificare le attuali previsioni di legge è un altro discorso; finché una legge c'è bisogna rispettarla, come ad esempio hanno ribadito in Francia sia un tribunale normale che di recente la stessa corte costituzionale. Del resto lo stesso boss di Uber ha ammesso a più riprese, in dichiarazioni pubbliche, che preferisce essere sanzionato ex-post che bloccato dall'operare ex-ante. Che poi ancora in qualche paese la forza si pressione delle due aziende permetta loro a tutt'oggi di aggirare le norme è ancora un'altra questione.

riflessioni

Scandali di questo tipo ci sono sempre stati (tanto che questi casi hanno fatto nascere corsi di etica di business in alcune università, anche se di etica in università si parla poco e niente, tanto meno se ne riflette meglio è ) ed è lecito chiedersi se esplodano casualmente o se siano piuttosto carte da giocarsi tra pari al momento opportuno della partita.

Diverso è, a mio parere, il ruolo di nuovi modelli di business come Airbnb, Huber, etc. che operano sì al di sopra delle leggi, ma solo perchè glielo consente un vuoto normativo, dovuto all'arretratezza delle leggi (in alcuni Paesi più, in altri meno, così come detto nell'articolo) rispetto alle nuove forme di organizzazione del commercio che si creano naturalmente nella società. Non sono forse nati così anche i mercati finanziari ? Per soddisfare necessità precedentemente non presenti? Se l'economia reale si evolve, di pari passo dovrebbe andare il diritto. E se si evolve col web, beh che anche i giuristi si adeguino nei giusti tempi.

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