Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito
alter
capitali
italie
globi

Il doppio volto della Germania

16/01/2015

Continente Grecia/Dichiarazioni a favore della Grecia nell’euro ma anche preparativi a far fronte a un’uscita

«Vogliamo che la Grecia resti nell’euro»: la posizione ufficiale di Berlino non è cambiata. La più recente conferma è arrivata ieri, nel corso di un dibattito al Bundestag, voluto dalla Linke, dedicato al futuro del Paese ellenico nella moneta unica: tutti gli oratori della grosse koalition al governo hanno tenuto il punto. Non è un mistero, tuttavia, che al di là delle dichiarazioni ufficiali esista un altro piano della discussione, emerso dalle rivelazioni del settimanale Spiegel di un paio di settimane fa: il governo di Angela Merkel non vedrebbe come una catastrofe l’addio di Atene all’euro. Svaniti i rischi di «contagio» grazie al miglioramento della situazione in Irlanda, Portogallo e Spagna, perdere la Grecia sarebbe sostenibile: questo il convincimento che sarebbe maturato nella Cancelleria.

È ovvio che sia in corso una partita a poker. I messaggi che vengono fatti filtrare dai palazzi del potere in Germania, dunque, devono essere ambigui, anche contraddittori. Da un lato, toni concilianti e nessun atteggiamento apertamente anti-greco, in modo da non urtare la suscettibilità dell’elettorato ellenico e non mettere ancora più in difficoltà il premier uscente Samaras. Dall’altro, segnali che hanno un preciso significato: «Caro Tsipras, non hai margini di ‘ricatto’, perché ora possiamo tranquillamente scaricarvi». C’è anche chi lo dice esplicitamente senza riguardo alla diplomazia. A complicare il quadro, le divergenze in seno al governo: i socialdemocratici non seguono su questo terreno la cancelliera democristiana, ma sottolineano in ogni occasione che l’eventuale uscita della Grecia dalla divisa unica esporrebbe i Paesi «deboli» e l’intera eurozona nuovamente a pesanti attacchi speculativi.

Una cosa è certa: nella classe dirigente politica tedesca, indipendentemente dalle valutazioni sull’eventuale «Grexit», nessuno apre spiragli per una ristrutturazione del debito ellenico attraverso una ridefinizione del memorandum firmato da Atene e dalla troika (Bce, Commissione Ue e Fmi). Nonostante si levino voci di autorevoli economisti mainstream, come lo stesso consigliere del governo Marcel Fratzscher, a sostegno di quell’ipotesi. Il leitmotiv della Berlino politica, immutabile, è quello ribadito ieri dal deputato Cdu Norbert Barthle al Bundestag: «La solidarietà presuppone solidità: noi offriamo aiuto a fronte dell’auto-aiuto dei greci stessi». L’auto-aiuto consiste, naturalmente, in quelle «riforme strutturali» che – affermano all’unisono democristiani e socialdemocratici – «qualunque governo uscirà dalle urne dovrà necessariamente continuare ad attuare». Non solo perché pacta sunt servanda, ma anche perché il «corso riformatore sta cominciando a dare risultati». Quali, non è dato sapere: ma i dirigenti governativi tedeschi lo ripetono come un mantra in ogni intervista e intervento pubblico.

Le schermaglie con Tsipras non sono solo a distanza: esiste anche un «fronte interno» in cui il nemico è l’opposizione di sinistra. L’episodio più emblematico una settimana fa: un deputato Cdu, Klaus-Peter Willsch, ha chiesto le dimissioni dell’esponente della Linke Gesine Lötzsch dal ruolo di presidente della commissione bilancio del Bundestag (la prassi vuole che vada all’opposizione). Il motivo: le (moderate) critiche di Lötzsch alle ingerenze tedesche nella politica greca. L’argomento dell’onorevole democristiano: «Secondo l’antica tradizione comunista, Lötzsch tradisce i suoi connazionali e si schiera al fianco dei suoi fratelli comunisti di Syriza».

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

Massoneria

La Merkel è massone?

MASSONI 5/ MERKEL E PUTIN SONO STATI ENTRAMBI INIZIATI PRESSO LA UR-LODGE GOLDEN EURASIA
Francesco Maria Toscano
30/12/2014
http://www.ilmoralista.it/2014/12/30/massoni-5-merkel-e-putin-sono-stati-entrambi-iniziati-presso-la-ur-lodge-golden-eurasia/

E draghi e Weidmann risultano iniziati presso la stessa loggia massonica, che ha come attuale Maestro Venerabile Wolfang Schauble?

LE RECITE DI JENS WEIDMANN E MARIO DRAGHI, ENTRAMBI AFFILIATI PRESSO LA UR-LODGES “DER RING”
Giusto per fornire al lettore qualche strumento in più per demistificare le pantomime messe abilmente in scena dalla colomba Draghi e dal falco Weidmann, è bene che sappiate che entrambi risultano iniziati presso la stessa Ur-Lodges di ispirazione vagamente neonazista, la “Der Ring”, officina latomistica che esprime come attuale Maestro Venerabile un altro “galantuomo” del calibro di Wolfang Schauble, famigerato ministro delle finanze nel governo Merkel (leggi “Massoni”, pagina 452).
Francesco Maria Toscano
15/12/2014
http://www.ilmoralista.it/2014/12/15/le-recite-di-jens-weidmann-e-mario-draghi-entrambi-affiliati-presso-la-ur-lodges-der-ring/

Germania

I politici, in primis la Merkel e Schauble, e la Buba (Weidmann) sono cani da guardia degli interessi dell’establishment politico-industriale-finanziario teutonico, che costituisce un corpo unito, monolitico. Tutti sono educati da decenni alla scuola dell’ordoliberismo, anche i socialdemocratici. Si salva solo Die Linke. Che infatti, rispetto all’UE e all’Euro, è più affine a Podemos e Syriza.
La Germania si comporta così perché è arrogante a dismisura ed inclina anch’essa alla furbizia egoistica e questa le provoca una lunga coda di paglia, che risolve – succede sempre così a tutti - con una maggiore severità verso gli altri, in primis l’Italia, la cui ricchezza privata è maggiore di quella tedesca, per cui sta cercando di addossarle, dopo il costo del risanamento, l’onere della crescita.
La Germania (surplus commerciale di 280 mld) è la responsabile degli squilibri infra-Eurozona e mondiali e la principale beneficiaria. La Germania è il Paese 1) che lucra di più dall’attuale assetto monco dell’UE, dell’Euro e della BCE; 2) che lucra dall’attuale livello dell’Euro; 3) che ha deflazionato i salari (dumping salariale) nel momento propizio e lo ha fatto beneficiando di 2 trattamenti di favore: sforare il tetto del 3% del deficit, senza subire alcuna sanzione, e integrare i bassi salari dei 7-8 mln di mini job (prima 400€, ora 450€/mese) col suo robusto welfare (rmg, sussidio all’affitto, ecc.) che in sostanza sono aiuti di Stato alle imprese (vietati); 4) che viola impunemente la soglia del 6% del surplus commerciale (limite peraltro sovradimensionato, fatto a sua misura dalla prona Commissione europea) senza pagare pegno, con gravi conseguenze sui partner Eurozona, impossibilitati a reagire svalutando, e si rifiuta arrogantemente di contribuire al riequilibrio, che addossa interamente sui Paesi-partner, imponendo loro, tramite la controllata Commissione europea, politiche deflazionistiche; 5) che, infine, ha la necessità di reinvestire l’enorme surplus commerciale e lo fa anche finanziando le bolle e le spese dei Paesi-partner, che poi accusa di essere spendaccioni.
La Germania è un Paese leader egoista e arrogante, incapace di assumersi le relative responsabilità, perché pensa di poter fare da solo nella competizione planetaria, e questo è il suo più grave errore.

eZ Publish™ copyright © 1999-2015 eZ Systems AS