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"Il No di Atene ha sconfitto l’arroganza dell’austerità"

07/07/2015

«Il referendum greco sancisce il fallimento totale dell'Europa degli arroganti e dei mediocri. Questo coraggio dà umanamente i brividi. In Europa non ci sarà mai una crescita senza un piano massiccio di investimenti pubblici che aumentino la produttività e creino lavoro». Intervista a Mariana Mazzucato

Un popolo, stra­ziato dalla crisi e dalle ricette impo­ste dalla Troika, vota e scrive la sto­ria con un «No». Il corag­gio vince sulla paura, ma la bat­ta­glia sarà dif­fi­ci­lis­sima e neces­sita di una chiara visione di breve e lungo periodo. Chi ha perso è l’Europa dell’austerità. Ne par­liamo con Mariana Maz­zu­cato, eco­no­mi­sta e autrice de Lo Stato Inno­va­tore (Laterza).

Come inter­preta il «No» greco all’austerità?
Dalle inter­vi­ste in Gre­cia, emer­geva che chi avrebbe votato sì diceva di farlo per paura, chi «No» per corag­gio. Uma­na­mente dà i bri­vidi. Il risul­tato poli­tico però è il fal­li­mento totale di que­sta Europa. Siamo oggi cir­con­dati e gover­nati da troppe figure medio­cri, che hanno per­messo all’arroganza di pre­va­lere sulla soli­da­rietà e sulla ragione. Se l’eurozona deve aver un futuro, spero sia fon­data su que­sti ultimi principi.

Con il «No» ha vinto una pre­cisa agenda eco­no­mica. Quali sono i suoi punti prin­ci­pali?
Ancor prima di diven­tare Mini­stro dell’Economia, Yanis Varou­fa­kis ha soste­nuto l’adozione di un piano degli inve­sti­menti euro­pei su cui ha lavo­rato fin dal 2010. La pro­po­sta era quella di con­sen­tire alla Banca Euro­pea degli Inve­sti­menti di emet­tere obbli­ga­zioni (acqui­state dalla BCE) per finan­ziare inve­sti­menti pro­dut­tivi. Una forma di quan­ti­ta­tive easing diretto, cioè crea­zione di nuova moneta per favo­rire la cre­scita dell’economia reale e non per rima­nere nei for­zieri delle banche.Per que­sto è stato spesso accu­sato di essere troppo acca­de­mico e poco «scal­tro poli­ti­ca­mente». Invece è ciò di cui abbiamo biso­gno: poli­tici che abbiano idea di come tenere insieme una visione di lungo periodo e una solu­zione delle crisi a breve ter­mine. Fin­tanto che la Ger­ma­nia non ammet­terà che pro­blemi di sol­vi­bi­lità non sono uguali a pro­blemi di liqui­dità, e che que­sti non si risol­vono con cre­dito ma con un aumento degli inve­sti­menti stra­te­gici, non si andrà da nes­suna parte nean­che nel resto della «periferia».

Non solo la Gre­cia ma molti paesi euro­pei devono tor­nare a inve­stire altri­menti non ci sarà cre­scita. L’Europa dei trat­tati, del Fiscal Com­pact e dell’austerità lo per­met­terà?
La crisi dei nego­ziati greci e il refe­ren­dum hanno fatto emer­gere, se ce ne fosse ancora biso­gno, che in Europa è assente un piano di cre­scita comune. Il con­cetto di cre­scita di lungo periodo è rima­sto finora un arti­fi­cio mera­mente reto­rico e la dia­gnosi fatta finora è com­ple­ta­mente sba­gliata. Quel che conta non è l’entità del defi­cit, ma la sua com­po­si­zione. In Gre­cia come in Ita­lia, il defi­cit rap­pre­senta la con­se­guenza e non la causa del pro­blema, che invece risiede nella bassa cre­scita e nell’elevata disoc­cu­pa­zione. Que­sti ultimi due fat­tori dipen­dono quindi dagli scarsi inve­sti­menti, quindi bassa pro­dut­ti­vità e non dal fatto che i lavo­ra­tori gua­da­gnano troppo. Si può libe­ra­liz­zare, pri­va­tiz­zare e rifor­mare strut­tu­ral­mente ciò che si vuole, ma la cre­scita non ci sarà senza un piano mas­sic­cio di inve­sti­menti, attra­verso nuove forme di col­la­bo­ra­zione tra il set­tore pub­blico e quello pri­vato, che aumenti la pro­dut­ti­vità e crei lavoro. Certo, ser­vono anche riforme per ridurre gli spre­chi, ma da sole non bastano.

Se la banca cen­trale non dovesse sbloc­care già da oggi la liqui­dità di emer­genza per le ban­che gre­che, l’abbandono della moneta unica appare quasi ine­vi­ta­bile (a meno di finan­zia­tori last minute). Come può la Gre­cia affron­tare al meglio que­sta situa­zione?
Non è pos­si­bile avere un’unione mone­ta­ria con dif­fe­ren­ziali di com­pe­ti­ti­vità così ele­vati tra i Paesi che ne fanno parte. Il pro­blema è che pare man­care la con­sa­pe­vo­lezza del per­ché e come que­ste asim­me­trie si ali­men­tate. Se la Gre­cia uscirà dall’euro, la sola spe­ranza è che il piano di inve­sti­menti, pro­po­sto da Varou­fa­kis, trovi spa­zio almeno sul piano nazio­nale, a par­tire dalla costi­tu­zione di una banca di svi­luppo che avvii fin da subito inve­sti­menti stra­te­gici di lungo periodo.

Oltre al ruolo di «inve­sti­tore di prima istanza», rie­merge nel dibat­tito la neces­sità per il set­tore pub­blico di assu­mere un ruolo di «datore di lavoro di prima istanza», almeno nel breve periodo. Cosa ne pensa?
Nell’immediato, soprat­tutto in periodi di crisi, è impor­tante che il set­tore pub­blico sti­moli l’economia attra­verso la domanda, creando lavoro, non solo distri­buendo un po’ di wel­fare. Que­sto va fatto per­ché effi­cace per gli obiet­tivi che ci si è dati. Tut­ta­via, non basta per­ché lo Stato dipende anche dal get­tito fiscale che può essere garan­tito solo dalla cre­scita, e la cre­scita può avve­nire solo se si rico­min­cia ad inve­stire in modo stra­te­gico, creando buona occu­pa­zione. In un con­te­sto del genere, il governo si dota di risorse che può rein­ve­stire e distri­buire, ma è anche il set­tore pri­vato che deve rein­ve­stire i pro­pri pro­fitti in inno­va­zione per il futuro.

In che modo, come eco­no­mi­sti e cit­ta­dini, pos­siamo con­tri­buire a rove­sciare il pen­siero unico e le poli­ti­che neo­li­be­ri­ste?
Innan­zi­tutto serve dotarsi di una nuova visione, soprat­tutto eco­no­mica. Abban­do­nare l’idea che la cre­scita possa avve­nire solo «libe­rando» il mer­cato da varie «rigi­dità» (pen­sioni, mer­cato del lavoro, sti­pendi degli impie­gati pub­blici). La cre­scita è un risul­tato di inve­sti­menti di lungo-termine in aree stra­te­gi­che. Sia nel pub­blico che nel pri­vato. Oggi in Europa il set­tore pri­vato è inerte e governi hanno paura di gui­dare come ci sarebbe biso­gno. Lo Stato deve essere anti-ciclico. Invece oggi abbiamo stati che si com­por­tano come farebbe una fami­glia. Ciò vuole dire non capire gli ultimi 70 anni di teo­ria eco­no­mica da Key­nes. Quello che poteva essere una reces­sione breve, è oggi una depres­sione totale. Sia eco­no­mica che visionaria.

L'intervista è stata pubblicata su www.ilmanifesto.it

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Commenti

UE, classifica (personale) dei mediocri

In rapporto al ruolo, la più mediocre di tutti - e ribadisco un giudizio che esprimo da almeno 3 anni [1] - è la cancelliera Merkel, una "bottegaia" incapace. A capo di un popolo di bottegai egoisti e arroganti. Ella è soltanto il cane da guardia, assieme a Schaeuble e Weidmann, degli interessi dell'establishment finanziario-industriale-commerciale tedesco. Che molto probabilmente la terrà lì soltanto finché sarà capace di svolgere questo ruolo.
Il secondo più mediocre è il presidente francese, il sedicente socialista Hollande, il quale, dopo aver vinto le elezioni promettendo la lotta all’austerità economica tedesca, si è rimangiato tutto, si è dimostrato un amico dei banchieri e si accontenta di fare da chaperon alla Merkel, per poter violare impunemente la regola del 3% per il terzo anno consecutivo.
Il terzo è l’ex tosto Renzi, il capo del maggiore partito europeo sedicente di centrosinistra, finanziato da banchieri, che, dopo aver promesso sfracelli contro l’austerità tedesca, si è fatto "addomesticare" dal burocrate prudente Padoan ed è ora ridotto a mendicare uno 0,1% di flessibilità.
Gli altri, a cominciare dal presidente della Commissione europea, il conservatore non immacolato Juncker, per passare al presidente del Parlamento europeo, il sedicente socialdemocratico Schulz, al presidente del Consiglio europeo, il conservatore Tusk, e al presidente dell’Eurogruppo, il nevrotico e inesperto sedicente socialista Dijsselbloem, mero strumento del duo massonico reazionario Merkel-Schaeuble, sono soltanto dei comprimari, nella mediocrità.

Nel novero dei mediocri, attenendosi strettamente ai risultati, va aggiunto il presidente della BCE, il massone reazionario Draghi, che, per ubbidire alla Germania (violando così il suo statuto, art. 7-Indipendenza), sta disattendendo da tempo entrambi i suoi obiettivi statutari (art. 2) [2]: la stabilità dei prezzi (sotto, ma vicino, al 2%) e sostenere gli obiettivi dell’UE fissati dall’art. 3 del TFUE, tra cui “una crescita economica equilibrata”, “la piena occupazione” e “la solidarietà tra gli Stati membri”).[3]

Uno degli ostacoli maggiori a combattere la mediocrità è la presenza in Italia e in UE di milioni di UTILI IDIOTI pro Germania, spesso a sproposito, vedi, in particolare, il suo egoismo e la sua ottusità nell'imporre in recessione una politica economica austeritaria, prociclica anziché anticiclica, e pro Draghi, che invece andrebbe denunciato alla Corte di Giustizia europea per inadempimenti statutari (art. 35 Statuto BCE).

[1] Le promesse da marinaio della “bottegaia” Merkel
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2739381.html

[2] https://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/c_32620121026it._protocol_4pdf.pdf

[3] http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/08/st06/st06655-re07.it08.pdf




crisi greca è stati nazionali

e se la crisi greca e l'attacco all'euro fosse il grimaldello per tornare agli Stati nazionali onde evitare il trasferimento di sovranità al parlamento e al governo europeo ?

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