Il documento che illustra i negoziati finali e la rottura avvenuta tra Grecia e Europa preparato da Euclid Tsakalotos, coordinatore della delegazione del governo greco
Presentiamo qui il briefing che illustra i negoziati finali e la rottura avvenuta la scorsa settimana tra Grecia e Europa preparato da Euclid Tsakalotos, coordinatore della delegazione del governo greco
Solitamente, il naufragio di un negoziato non ha mai una sola causa. Nel caso del negoziato greco, poi, la situazione era ulteriormente complicata dal fatto che stavamo negoziando con tre istituzioni che spesso avevano opinioni diverse anche sui dettagli più piccoli dell’accordo, per non parlare delle questioni più grandi, come la sostenibilità del debito greco o la necessità o meno di una sua ristrutturazione. Tutte le parti hanno dichiarato di aver dato prova di grande flessibilità nel corso dei negoziati. Ma nel caso delle istituzioni, questo è veramente difficile da sostenere.
Obiettivi e misure fiscali
Il governo greco aveva acconsentito a conseguire degli avanzi primari piuttosto recessivi per i prossimi anni, soprattutto se consideriamo che negli ultimi cinque anni il paese ha perso il 25% del prodotto interno lordo e ha visto la disoccupazione salire alle stelle. Alla luce di ciò, sarebbe stato lecito aspettarsi un po’ di “flessibilità” – una delle loro parole preferite – dalle istituzioni sulle misure per raggiungere questi obiettivi. E invece i creditori:
Hanno insistito sulla necessità di decomprimere la distribuzione dei salari nel settore pubblico – di per sé una cosa condivisibile – in entrambe le direzioni, continuando a tagliare i salari dei lavoratori più poveri del settore pubblico.
Riforme strutturali
Le istituzioni non hanno mai accettato che i greci, nello spirito della decisione dell’Eurogruppo del 20 febbraio, potessero proporre delle riforme basate su una logica diversa dalla loro. Per questo hanno insistito affinché fosse estesa la lista degli asset da privatizzare e fossero ulteriormente ridotti i salari reali (parallelamente ad un aumento dei contributi sociali). Inoltre:
Non hanno mai accettato che il governo greco, stavolta in collaborazione con l’OCSE, proponesse un programma di riforme per il mercato dei prodotti che andasse in una direzione alternativa a quella dei precedenti governi. Al contrario, hanno insistito sulla necessità di liberalizzare le farmacie e i forni per colmare il “gap competitivo” dell’economia greca, mentre noi proponevamo di iniziare dai pesci grossi, spezzando i cartelli esistenti in certi settori e migliorando le norme anti-corruzione e per gli appalti pubblici.
Necessità di finanziamento dello Stato
I creditori hanno insistito affinché qualunque estensione del programma continuasse sulla base del vecchio modello riforme-esborso-pagamento, intervallato da esami continui. Questi accordi di finanziamento erano dipendenti dalla partecipazione – tutt’altro che certa – del FMI. Inoltre, non prevedevano nessuna misura per risolvere il problema delle imposte arretrate o quello dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti dei privati, o per far fronte ad eventuali imprevisti. In definitiva, questo non avrebbe concesso al governo lo spazio di manovra necessario per attuare il suo ambizioso programma di riforme. Per quello che riguarda il debito, abbiamo proposto di affrontare la questione dopo l’estate sulla base di una versione leggermente migliorata dell’impegno assunto dall’Eurogruppo nel 2012. La nostra modesta proposta consisteva nel passare il debito attualmente in mano alla BCE al MES (Meccanismo europeo di stabilità), prolungandone la scadenza. Non era previsto un euro in più per le esigenze di finanziamento del governo. Ma questa proposta non è masi stata presa seriamente in considerazione.
Conclusioni
Difficilmente le proposte dei creditori avrebbero risolto la crisi greca o messo da parte una volta per tutte la minaccia di Grexit. Al massimo avrebbero rinviato di un po’ la discussione intorno al debito e alla necessità di un nuovo programma. Alla luce di ciò, è difficile immaginare che queste proposte avrebbero stimolato la domanda e rimesso in moto l’economia, convincendo i cittadini a depositare nuovamente i loro soldi nelle banche e gli investitori a tornare nel paese. Di conseguenza, è difficile immaginare che saremmo riusciti a conseguire gli avanzi fiscali richiesti dai creditori. Per fare ciò, serve maggiore flessibilità da parte delle istituzioni. In questo senso, il referendum non intende sostituirsi al processo negoziale ma piuttosto contribuire ad una sua risoluzione positivi, inducendo i creditori ad una maggiore flessibilità.
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