Tra le raccomandazioni per la crescita, quella di spostare il carico fiscale verso l'imposta sui consumi: ma questo farà aumentare le diseguaglianze tra i cittadini
Il 30 maggio la Commissione Europea ha pubblicato la "Communication on Action for Stability, Growth and Jobs". Al suo interno si individuano due pilastri di azione, uno a livello comunitario e uno a livello nazionale, e raccomandazioni specifiche sono state emesse in tal senso paese per paese [2]. L'obiettivo dichiarato è guidare la strategia di consolidamento fiscale, operando un riallineamento con gli obiettivi delineati nell’agenda Europa 2020 (i principali documenti si trovano qui).
Ci sono una serie di elementi ampiamente condivisibili: ad esempio si parla di processi democratici che diano legittimità a ulteriori processi di unificazione e di nuovi strumenti economici quali project bond e riorientamento dei fondi di coesione verso ricerca e innovazione. Si parla anche di tassazione ambientale, che è evidentemente una saggia decisione.
Tuttavia, non si possono non fare due rilievi, uno di carattere generale e uno più tecnico.
Iniziamo da quest'ultimo. A più riprese si parla di spostare il carico fiscale, obiettivo legittimo visto il peso della tassazione sul lavoro. Tuttavia, non è nemmeno necessario leggere tra le righe per intuire che quello che si sta delineando è uno spostamento del carico fiscale verso l’Iva: le raccomandazioni ai paesi della periferia sono abbastanza chiare in tal senso.
Un simile spostamento avrà un effetto molto chiaro ed evidente: farà aumentare le disuguaglianze nel reddito disponibile delle famiglie, visto che si passa da un’imposta progressiva a una proporzionale. Come sempre accade, di disuguaglianza ci si riempie la bocca a ogni occasione, salvo poi sacrificarla ogni volta che si prende una decisione economica.
Vorrei anche sottolineare che non si tratta necessariamente di una decisione coerente: 1) non è necessariamente in coerenza con l’alleggerimento del peso fiscale sul lavoro, questo avverrebbe in un ambiente economico dove l’imposta non possa essere scaricata sulle domande dei fattori di produzione, un caso abbastanza astratto, 2) non brilla per coerenza nemmeno con l’obiettivo di riduzione dell’evasione fiscale, visto i tassi astronomici di evasione dell’Iva.
A livello più generale, poi, l’impianto mi sembra soffrire della solita miopia sull’origine dei problemi attuali. Si parla di efficienza, di sfruttare il potenziale di crescita in relazione a nuove direttive dei servizi, nuovi trattati di libero commercio e del fondamentale brevetto unico europeo.
Eurostat ha dichiarato a maggio che nell’Europa a 27 a quella data c’erano 25 milioni di disoccupati, di cui 17 nell’area Euro. Inoltre, Grecia a parte, nessuno dei paesi in crisi aveva bilanci pubblici fuori controllo prima del suo scoppio, in effetti per anni, nel mondo avanzato, una parte dell’economia ha drenato sistematicamente le risorse mettendole in utilizzo in cose che non servono o sono dannose (dalla cementificazione oscena ai derivati finanziari iper complessi), lasciando che a curare le conseguenze dei suoi errori fosse la collettività. Forse è il caso di riflettere su cosa rientra e cosa non rientra tra lo spreco di risorse.
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