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Una “Bretton Woods” per l’eurozona

14/10/2014

La decisione della Francia di rimandare di due anni il pareggio di bilancio non fa che sancire uno stato di crisi del sistema. È tempo di dare all'Europa nuove regole ma a scriverle non possono essere i funzionari che a Bruxelles applicano un codice della strada obsoleto. Un appello sottoscritto da decine di economisti

La decisione dell’attuale Presidente francese Francois Hollande di ignorare i vincoli di bilancio europei annunciando di voler rimandare il ritorno del rapporto deficit/PIL sotto il 3% di due anni potrebbe mettere la parola fine al sistema dell’austerità europea fondato sul Fiscal Compact.

La decisione della Francia non fa che sancire uno stato di crisi del sistema (e una violazione diffusa delle regole) che perdura da tempo. I paesi sopra il tre percento nella UE sono molti (oltre alla Francia, Spagna, Grecia, Portogallo, Croazia, Slovenia e persino la virtuosa Polonia) e la Germania da tempo viola il limite superiore del surplus di bilancia commerciale.

Alcuni dei paesi in deficit, nonostante si siano sottomessi alla ricetta rigorista (anzi proprio a causa di essa) si trovano oggi con i conti pericolosamente fuori controllo e con un rapporto debito/PIL in forte crescita tendenziale. È questa la situazione di Grecia, Spagna, Portogallo ma anche dell’Italia. E la colpa non è soltanto quella dell’errore nelle ricette nazionali ed europee applicate, ma anche del fallimento da parte della BCE (nonostante i suoi meriti nel salvataggio dell’euro nella tempesta speculativa) dell’obiettivo di evitare la deflazione e garantire un’inflazione attorno al 2%. In generale è tutta la politica post-crisi finanziaria globale dell’UE che è fallita producendo un buco nella domanda aggregata (consumi più investimenti) l’arresto della crescita, la deflazione, l’approfondirsi degli squilibri tra Nord e Sud e, paradossalmente, un peggioramento della situazione del debito che rappresentava l’ossessione e la ragione della severità della terapia del rigore.

Il problema di questa fase di declino è che mentre la situazione macroeconomica è profondamente cambiata l’UE continua ad essere nella mano di solerti funzionari-vigili che applicano un codice della strada obsoleto. Non si tratta dunque di dare pagelle a chi rispetta più o meno le regole di questo codice. Bisogna scrivere nuove regole e non possono certo farlo i vigili.

Ci aspettiamo pertanto che il governo italiano capisca la gravità del momento e non si accontenti di negoziare deroghe ma proponga con forza un momento di verità chiedendo la convocazione di una conferenza per una nuova “macroeconomia civile” nell‘Unione Europea.

I temi fondamentali di discussione su cui costruire un nuovo accordo dovrebbero essere i seguenti:

  1. Un ruolo molto più attivo della BCE sul modello di quanto fatto dalle banche centrali di Stati Uniti e Regno Unito che si spinga fino alle politiche di acquisto di titoli pubblici e privati;
  2. È inutile costruire un’unione monetaria se non si sfrutta e capitalizza appieno il potere della sua banca centrale che è potenzialmente superiore a quello delle banche centrali nazionali. Da questo punto di vista si dovrebbero seriamente discutere progetti come il piano PADRE (politically acceptable debt restructuring in the Eurozone) proposto da Wyplosz che prevede un’operazione di ristrutturazione dei debiti dei paesi membri dove la BCE ne acquista la quota eccedente il 60% convertendola in titoli senza interesse che saranno ripagati negli anni dalle risorse da signoraggio spettanti a ciascun paese. Liberando di fatto importanti risorse oggi destinate al pagamento degli interessi e producendo un formidabile stimolo alla domanda interna di tutti i paesi. Con vantaggi per tutti, Germania inclusa, che vedrebbe aumentare l’acquisto dei propri beni importati dagli altri paesi membri. Piani di questo tipo potrebbero essere avviati in via sperimentale su porzioni più piccole dei debiti pubblici per verificarne gli effetti;
  3. A fronte di questi vantaggi macroeconomici i paesi membri devono essere posti nelle condizioni di poter realizzare riforme di struttura sui principali assi di modernizzazione delle loro economie (infrastrutture digitali, politica industriale e di innovazione tecnologica ed organizzativa del lavoro, efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione e della amministrazione della giustizia, protezione sociale per coloro che sono esclusi dal lavoro, contrasto alle disuguaglianze economiche e sociali divenute insostenibili e che compromettono la crescita dei sistemi economici). La realizzazione di queste riforme di struttura è essenziale per accrescere i benefici di cui al punto i) e ii) e deve essere portata avanti seguendo gli stimoli provenienti dall’Europa, ma attraverso un processo di scelta democratica interno a ciascun paese membro;
  4. Si procede nel frattempo alla costruzione di meccanismi in grado di contrastare le asimmetrie dell’area euro. In primis penalità non solo per paesi in deficit ma anche per paesi in surplus con obbligo a realizzare politiche di rilancio della domanda interna per contrastare le asimmetrie. In secondo luogo un sussidio europeo di disoccupazione come forma di stabilizzatore automatico che preveda in cambio prestazioni sociali o formazione per la rioccupazione per i beneficiari e sospensione in caso di non accettazione di posto di lavoro;
  5. Varo di una concreta e non solo annunciata politica fiscale UE espansiva per realizzare su scala europea investimenti pubblici e realizzare infrastrutture fisiche e digitali nei paesi membri, puntando ad un bilancio comunitario con risorse proprie ben oltre l’1% attuale (tra il 3% ed il 5%);
  6. Un forte impegno verso l’armonizzazione fiscale e la riduzione delle forchette eccessive nelle aliquote nazionali sulle imprese che producono elusione fiscale ed spostamento dei profitti alterando le stesse statistiche sulla crescita. Paradisi fiscali interni all’unione non potranno essere più tollerati e le pratiche più aggressive andranno considerate alla stregua di aiuti di stato (come sembra iniziare ad essere l’orientamento comunitario in alcuni recentissimi casi);
  7. Un forte impegno verso forme di unificazione politica e di partecipazione attiva dei cittadini europei alla nomina democratica dei propri rappresentanti nelle istituzioni europee non più esclusivamente su base nazionale, in maniera tale che il benessere di tutti i cittadini europei e non dei cittadini di ciascun paese membro sia posto al centro del processo decisionale in sede europea.

 

Un libro dei sogni? No. Piuttosto l’unica direzione di marcia possibile nell’interesse di tutti per realizzare crescita e sostenibilità e arrestare la rotta di collisione che porterebbe inevitabilmente all’aggravarsi degli attuali squilibri ed alla fine cruenta dell’euro. Meglio che i leader europei facciano un’operazione di verità convocando una fase costituente con l’obiettivo di realizzare un sistema nuovo fondato su questi sette punti. La mancanza di un accordo porterebbe quasi inevitabilmente alla fine dell’euro e al ritorno alle valute nazionali.

 

L’appello si può sottoscrivere (indicando nome, cognome e università o ente di ricerca di appartenenza) su:

https://www.change.org/p/presidente-di-turno-nel-semestre-europeo-l-italia-chieda-una-bretton-woods-per-l-eurozona?recruiter=163631344&utm_campaign=mailto_link&utm_medium=email&utm_source=share_petition

Comitato promotore

Leonardo Becchetti (Università di Roma Tor Vergata), Roberto Cellini (Università di Catania), Paolo Pini (Università di Ferrara), Alberto Zazzaro (Università Politecnica delle Marche)

Primi firmatari

Alessandrini Piero (Università Politecnica delle Marche), Ardeni Pier Giorgio (Università di Bologna), Bagella Michele (Università Roma Tor Vergata), Baglioni Angelo Stefano (Università Cattolica del Sacro Cuore), Baravelli Maurizio (Università Roma La Sapienza), Belussi Fiorenza (Università di Padova), Boitani Andrea (Università Cattolica del Sacro Cuore), Bollino Andrea (Università di Perugia), Brondoni Silvio (Università Milano Bicocca), Camagni Roberto (Politecnico di Milano), Capasso Salvatore (Università Napoli Parthenope), Cappellin Riccardo (Università Roma Tor Vergata), Carillo Maria Rosaria (Università Napoli Parthenope), Ciciotti Enrico (Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza), Corniani Margherita (Università Milano Bicocca), Corsi Marcella (Università Roma La Sapienza), Costabile Lilia (Università di Napoli Federico II), Cozzi Terenzio (Università di Torino), D'Adda Carlo (Università di Bologna), Danielis Romeo (Università di Trieste), De Arcangelis Giuseppe (Università Roma La Sapienza), Del Monte Alfredo (Università di Napoli Federico II), Destefanis Sergio (Università di Salerno), Dosi Giovanni (Scuola Superiore S. Anna Pisa), Ferri Giovanni (Università Roma LUMSA), Fratianni Michele (Università Politecnica delle Marche), Frey Marco (Scuola Superiore S. Anna Pisa), Gallegati Mauro (Università Politecnica delle Marche), Giannola Adriano (Università di Napoli Federico II), Giunta Anna (Università Roma Tre), Gnesutta Claudio (Università Roma La Sapienza), Granaglia Elena (Università Roma Tre), Leon Paolo (Università di Roma Tre e CLES, Roma), Lucarelli Stefano (Università di Bergamo), Marelli Enrico (Università di Brescia), Mutinelli Marco (Università di Brescia), Paci Raffaele (Università di Cagliari), Papi Luca (Università Politecnica delle Marche), Pareglio Stefano (Università Cattolica Sacro Cuore), Perrotta Cosimo (Università di Lecce), Piga Gustavo (Università Roma Tor Vergata), Porta Pierluigi (Università Milano Bicocca), Rizzi Paolo (Università Cattolica del Sacro Cuore), Romano Roberto (CGIL Regionale Lombardia e Università di Pavia), Roncaglia Alessandro (Università Roma La Sapienza), Rullani Enzo (Venice International University), Saltari Enrico (Università Roma La Sapienza), Salvadori Neri (Università di Pisa), Salvati Michele (Università Statale di Milano), Santarelli Enrico (Università di Bologna), Saraceno Francesco (OFCE, Observatoire français des conjonctures économiques - Sciences Po, Parigi), Scalera Domenico (Università Sannio Benevento), Simonazzi Annamaria (Università Roma La Sapienza), Stirati Antonella (Università Roma Tre), Terzi Andrea (Franklin University, Switzerland e Università Cattolica del Sacro Cuore), Travaglini Giuseppe (Università di Urbino), Valente Marco (Università dell’Aquila), Valletti Tommaso (Università Roma Tor Vergata), Vitale Marco (Fondo Italiano d’Investimento e Università Cattaneo LIUC)

 

 

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Commenti

Neppure l'UE conosce lo statuto della BCE

PS:
Incredibile, mi sono accorto ora che il terzo link è dell'UE. Vuoi vedere che anche l'UE, come (quasi) tutti, non conosce lo statuto della BCE (art. 2)?

Allegato 3

Allegato 3

Terzo (!!!) link delle funzioni della BCE

Nei giorni scorsi, avendo lanciato una petizione su Change.org diretta alla Corte di Giustizia Europea per la messa in stato di accusa della BCE per violazione statutaria, ho contattato via e-mail il Centro di contatto EUROPE DIRECT (che vale anche per la Corte di Giustizia Europea), che al termine di uno scambio epistolare mi ha comunicato una serie di link e di istruzioni. Tra questi, c’è anche un link della BCE che riporta gli obiettivi/compiti/funzioni della BCE. Con mia grande sorpresa, degli obiettivi statutari della BCE (art. 2), ne viene riportato uno solo, al singolare, mentre il secondo, quello subordinato, viene espunto e relegato nel link della Lista completa dei compiti.
Ecco il testo dell’obiettivo ed il (terzo per me!) link:
“Obiettivo
La Banca centrale europea (BCE) è una delle istituzioni dell'UE. I suoi obiettivi principali sono:
• mantenere la stabilità dei prezzi (tenendo sotto controllo l'inflazione) specialmente nei paesi dell'area dell'euro
• mantenere stabile il sistema finanziario, assicurandosi che i mercati finanziari e le istituzioni siano controllati in modo appropriato”.
http://europa.eu/about-eu/institutions-bodies/ecb/index_it.htm

Allegato 2

Allegato 2

Strana modifica sul sito della BCE concernente gli obiettivi della BCE (art. 2).

Ho già segnalato qui che, pochi mesi fa, nel sito della BCE, c’è stata una strana modifica e del link e del testo delle funzioni della BCE. La nuova versione, da una parte, cancella le frasi che evidenziano l’obiettivo subordinato e dall’altra enfatizza anche per l’UE il controllo dei prezzi.

Ri-riporto il passo della vecchia versione (ormai introvabile): “L’obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali [...] è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Inoltre, “fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nella Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti nell’articolo 2 (articolo 105, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea). Gli obiettivi dell’UE (articolo 2 del Trattato sull’Unione europea) sono un elevato livello di occupazione e una crescita sostenibile e non inflazionistica”.
Nella nuova versione modificata, viene enfatizzata anche per l’UE l’esigenza della stabilità dei prezzi.
http://www.ecb.europa.eu/ecb/tasks/html/index.it.html

Allegato 1

Allegato 1 (al mio commento del 15 ottobre 2014 alle 00:29):

PROTOCOLLO SULLO STATUTO DEL SISTEMA EUROPEO DI BANCHE CENTRALI E DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
Articolo 2
Obiettivi
Conformemente all’articolo 105, paragrafo 1, del trattato, l’obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, esso sostiene le politiche economiche generali della Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti nell’articolo 2 del trattato.[*] Il SEBC agisce in conformità del principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un’efficace allocazione delle risorse, e rispettando i principi di cui all’articolo 4 del trattato.

[*] Secondo l’articolo 105, paragrafo 1, del Trattato sull’Unione europea, oltre all’obiettivo principale del mantenimento della stabilità dei prezzi il SEBC “sostiene le politiche economiche generali nella Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità” agendo “in conformità del principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza”.
Tali obiettivi (definiti dall’articolo 2 del Trattato di Maastricht) sono:
• uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell’insieme della Comunità
• una crescita sostenibile, non inflazionistica, che rispetti l’ambiente
• il raggiungimento e il mantenimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale
• la coesione economica e sociale
• la solidarietà tra stati membri.
https://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/it_statute_2.pdf

Appelli o misure forti?

Sono mesi che sto scrivendo qui le stesse proposte per reperire le risorse, incentrate, in Italia, su una corposa imposta patrimoniale sui ricchi (5% delle famiglie), a bassa propensione al consumo; e, in UE, sugli EuroUnionBond (proposta Prodi-Quadrio Curzio) ed un intervento congruo della BCE, volto ad acquistare la parte eccedente il 60% del debito pubblico, sostituendolo con titoli nuovi a tasso zero o quasi e a lunga scadenza, quindi sono d’accordissimo con le proposte contenute nell’appello.
Faccio però tre osservazioni-promemoria e termino con una conclusione franca e diretta.
- La prima è che tali titoli nuovi non siano emessi dai singoli Stati – poiché i trattati vietano alla BCE di acquistarli - ma dall’Eurozona, nel qual caso, secondo il prof. Andrea Terzi, nulla osterebbe, per cui non servirebbe chiedere modifiche dei trattati alla Germania e satelliti.
- La seconda è la composizione della subentrante Commissione Europea. C’è stata una débacle del PSE nell’assegnazione degli incarichi (intelligenza col nemico?). Il PSE ha pochi parlamentari europei meno del PPE, ma i commissari socialisti sono solo 8 su 27; i popolari 13 oltre al presidente. Il governo danese (guidato dalla socialista Helle Thorning-Schmidt) ha proposto una liberale. Il socialista francese Moscovici ha avuto gli Affari Economici, ma la Merkel ha ottenuto da Juncker che la supervisione economica fosse affidata al suo fedelissimo falco finlandese Katainen, nominato vice presidente, che avrà diritto di veto. In sostanza, la Commissione Europea sarà controllata per i prossimi 5 anni dal PPE e dalla Germania.
- La terza riguarda le necessarie alleanze. La Francia è debole, il presidente socialista Hollande è un mediocre irretito dal potere, che ha sostituito subito il ministro dell’Economia Montebourg quando questi si è permesso di criticare la Germania e l’austerità; ed ora, pur avendo deciso di non rientrare dal deficit, gli converrà fare il doppio gioco con la Germania. La Spagna, retta dal popolare Rajoy, è in buoni rapporti con la Germania, ha avuto gli aiuti per salvare le banche, senza pagare pegno; ha già fatto la riforma del lavoro liberista come gli chiedeva l’UE. Il presidente della BCE Draghi, per non inimicarsi la egemone Germania, che lo ospita, sta disattendendo da tempo entrambi i suoi obiettivi statutari, senza che quasi nessuno meni scandalo, ed è dedito alla pantomima delle azioni concrete che contraddicono le dichiarazioni ufficiali. In questo quadro e considerati i rapporti di forza, l’Italia è sola ed affidata per giunta ad un Ministro dell’Economia ex funzionario dell’OCSE, che non avrà il coraggio di decisioni eterodosse ed intanto ha “addomesticato” il tosto Renzi.
La quarta concerne le soluzioni. Torno a dire, le mezze misure – o gli appelli - con l’arrogante ed egoista Germania non servono, occorrono minacce forti, come l’uscita dall’Euro o la denuncia della BCE alla Corte di Giustizia Europea ed al Parlamento Europeo per violazione statutaria. Pena una lenta agonia.

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