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Un Fronte Pop

23/02/2015

Come possiamo costruire in Italia una forza politica analoga a Syriza e Podemos? Iniziamo da una cornice che tenga insieme forze politiche e mobilitazioni sociali, una reinvenzione del Fronte popolare. Con cinque campagne: contro l’austerità e il Jobs act, per i diritti, la pace, l’ambiente

La durissima trattativa tra la Grecia e Berlino-Bruxelles ci ricorda quanto sia urgente rompere con l’Europa dell’austerità e aprire una politica di cambiamento. Ma ci ricorda anche quanto siamo in ritardo, in Italia, lungo questa strada. Sappiamo tutto di come in Grecia Syriza, la Coalizione della sinistra, sia stata capace di vincere le elezioni del gennaio scorso, aggregando intorno a un partito aperto alla società i movimenti e le esperienze di auto-organizzazione emerse dalla crisi. Sappiamo di come Podemos in Spagna abbia saputo trasformare la protesta degli indignados in una forza politica radicalmente nuova, che non vuole nemmeno usare la definizione di “sinistra” e che è ora arrivata in testa ai sondaggi del paese. Sappiamo che in Italia le lotte della Fiom e lo sciopero generale di Cgil e Uil del dicembre scorso hanno ridato rappresentanza e spazio a una protesta sociale troppo a lungo frammentata e soffocata in questi sette anni di crisi. Ora siamo in una nuova fase dell’offensiva del governo contro il lavoro, con i primi decreti attuativi del Jobs Act che ne peggiorano gli effetti - sino ai licenziamenti collettivi senza nessun diritto universale per i precari - e l’attacco vergognoso e strumentale di Matteo Renzi a Maurizio Landini sulla Fiat. Una novità importante è l'apertura da parte della Cgil a una mobilitazione che a partire da una legge di iniziativa popolare ricostruisca in modo partecipato e inclusivo lo statuto delle lavoratrici e dei lavoratori, fino alle necessarie azioni per cancellare le parti peggiori delle nuove leggi sul lavoro. Possiamo puntare a una moltiplicazione di mobilitazioni, vertenze locali e di categorie, intrecciate alle manifestazioni contro gli F35, lo Sblocca Italia, la Tav, le trivelle nell’Adriatico, le mafie, la crisi ambientale.

Sono segni di risveglio sociale, che tuttavia sono ancora frammentati, senza una cornice che trasformi le mobilitazioni in risposta politica. Sul piano sociale pesano anni di silenzi - con la Fiom spesso sola - e pesano movimenti che – almeno dopo la vittoria ai referendum contro la privatizzazione dell’acqua nel 2011 – sono stati incapaci di produrre egemonia. La società italiana ha reagito alla crisi piegandosi su se stessa, per difendere standard di vita e dignità individuali, usando le risorse economiche disponibili – i risparmi, le reti familiari – ma non le risorse politiche, un tempo così importanti in Italia, della solidarietà e della protesta fino alla proposta politica.

E sappiamo che la trasformazione politica introdotta da Matteo Renzi ha dato la "scalata” al governo del paese completando la mutazione genetica del Pd in un partito del leader, con le bandiere della governabilità a tutti i costi e una concezione agonistica della politica che privilegia la velocità delle decisioni al merito e alla rappresentanza dei soggetti sociali, senza mai esplicitare "a chi giova". Matteo Renzi ha assunto buona parte del progetto berlusconiano e ne sta ereditato il blocco d’interessi – la finanza, la rendita, le imprese - abbandonando lavoratori e sindacato, scegliendo nella crisi i più forti. Ha aperto agli affaristi e smarrito le forme di partecipazione, dissolvendo così l’eredità socialdemocratica. Governa con il centro destra e trova oggi al suo interno, nel Pd, un’opposizione molto critica.

Questa trasformazione politica ha rotto l’orizzonte dell’alleanza di centro-sinistra che aveva caratterizzato il panorama italiano per vent’anni e che oggi può sopravvivere solo in qualche amministrazione locale o regione in cui il modello del "renzismo" fatica ad affermarsi. Quella rottura ha aperto un enorme spazio per la costruzione dell’ opposizione. La scelta di Sel di condurre una rigorosa opposizione al governo Renzi – compreso l’inganno degli 80 euro – e di contribuire alla nascita della Lista Tsipras alle europee è stata una svolta importante in questa direzione. Certo, nello spazio della protesta e dell’opposizione si sono lanciati in molti. In questi anni il successo del Movimento Cinque Stelle è stato un diversivo che ha dirottato energie e voti verso un populismo incapace di incidere sulla politica. E ora abbiamo la Lega di Matteo Salvini che imita il Front national francese con pericolose derive fasciste e razziste. Paradossalmente sono queste le forze che provano a intestarsi la rappresentanza popolare, la voce della protesta, la tutela degli esclusi.

La ricostruzione di una politica del cambiamento in Italia deve forse partire da qui, dalla capacità di parlare con le persone, stare tra la gente, interpretarne le inquietudini provocate dalla crisi e costruire un senso comune diverso, uscendo dall’individualismo e dall’ubriacatura del mercato di questi trent’anni liberisti. Serve innanzi tutto una politica che sia popolare, che costruisca un argine al populismo –a quello di Grillo e Salvini, come a quello “dall’alto” di Matteo Renzi.

L’espressione politica delle spinte sociali al cambiamento – sappiamo bene anche questo – è stata bloccata in Italia anche dalla frammentazione e dalle divisioni tra le forze politiche del paese – le varie opposizioni dentro il Pd, Sel, Rifondazione, l’esperienza importante ma non sviluppata appieno della Lista “Un’altra Europa con Tsipras” alle elezioni europee del 2015, la dispersione dei verdi tra Green Italy e altre organizzazioni. Le proposte più recenti – quella di Nichi Vendola a Human Factor, le iniziative di allargamento sociale e sindacale proposte dalla Fiom, la discussione proposta da Stefano Rodotà – sono segnali importanti di disponibilità a mettere in comune energie e progetto politico. Ma fanno fatica a convergere in una cornice comune, effettivamente condivisa, capace di diventare un nuovo soggetto di cambiamento. Quale può essere la “via italiana” a una politica del cambiamento che ci avvicini ai risultati di Syriza e Podemos?

La risposta dev’essere un processo di convergenza che coinvolga allo stesso tempo i comportamenti e il senso comune popolare, l’impegno delle organizzazioni sociali – sindacati e associazioni – e l’azione politica. Serve ricomporre la divisione che abbiamo ereditato tra “coalizione sociale” e “coalizione politica”, tra sinistra sociale e sinistra politica, senza scorciatoie leaderistiche. Syriza vince anche perché ha trasformato l'azione e le sedi di partito in una mensa dei poveri e in un ambulatorio per chi non può curarsi. Chi lavora nel sociale e nei movimenti deve avere la stessa dignità politica di chi sta nelle istituzioni o nelle strutture di partito. Le forme di organizzazione devono andare ben al di là del coordinamento tra leader politici e dar vita a una struttura che sappia accogliere – con pari dignità - tutti quelli che lavorano contro l’austerità, per i diritti, la solidarietà, l’ambiente.

Quello che può offrire una cornice a tutto questo è un nuovo modello di aggregazione politica e sociale: potremmo chiamarlo “Fronte Pop”. La cosa che gli assomiglia di più è il Fronte popolare che nell’Europa degli anni trenta resse l’urto dei fascismi e anticipava il progetto di welfare che si affermò poi nel dopoguerra. Ora un “Fronte Pop” - ma qualunque altro nome va bene - può offrire la convergenza necessaria per far sentire dentro lo stesso progetto di cambiamento chi vota contro Renzi in Parlamento e organizza la mensa della Caritas, l’ecologista che lavora alla prossima conferenza sul clima di Parigi e chi si oppone alle guerre intorno e dentro l’Europa, chi difende i diritti del lavoro e quelli dei migranti, chi organizza le partite Iva, le donne discriminate e i giovani senza futuro.

Questo percorso potrebbe nascere da una convenzione di tutte le organizzazioni, forze politiche, sindacati e gruppi di base che assumono un progetto comune di cambiamento e potrebbe essere guidato da un gruppo dirigente in cui siano rappresentate tutte le componenti. Chi vi partecipa mantiene la propria autonomia d’azione nei rispettivi ambiti di lavoro, ma si unisce in una forza di cambiamento della politica. Proprio come sono riuscite a fare – in forme diverse - Syriza e Podemos. E come si faceva alle origini del movimento socialista, con partito, sindacato, società di mutuo soccorso che erano espressioni su fronti diversi di una stessa identità collettiva.

Il “Fronte Pop” potrebbe muoversi e crescere sulle gambe di cinque campagne comuni a tutti. L’Europa da cambiare: fine dell’austerità, limiti alla finanza, le persone prima dei mercati, accoglienza dei migranti al posto del razzismo. Il lavoro da difendere e i diritti del lavoro da ricostruire: la lotta contro il Jobs Act di Renzi è appena iniziata. L’ambiente da salvare: non c’è più tempo se vogliamo evitare i danni irreversibili del cambiamento del clima. I diritti civili e il welfare: la scuola, la cittadinanza civile e sociale per tutte e per tutti. La pace da costruire: i conflitti si risolvono con la politica e non con le armi. Potrebbe essere un’agenda entusiasmante, non credete?

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Commenti

Fronte pop: dalla società dello spettacolo allo spettacolo della resistenza?

Fronte pop: dalla società dello spettacolo allo spettacolo della resistenza?

Senza troppi giri di parole: se c’è proprio qualcosa di cui non se ne sente il bisogno, a mio modesto parere, è l’ennesima rappresentazione pop di nuove forme organizzative.
Ho letto con interesse la proposta a firma Giulio Marcon e Giorgio Airaudo, unirsi in nome di una nuova forma di fare politica prendendo ad esempio l’esperienza di Podemos e Syriza. Allora, anzitutto per un approccio “scientificamente” corretto prima di parlare di un caso di successo bisogna avere i risultati, risultati che non si misurano sulla base del consenso (il M5S è innegabile che abbia avuto il consenso popolare), oggi se c’è una cosa in Europa che è facile avere è proprio il consenso popolare utilizzando le formule classiche No Troika, No Austerity, quanto piuttosto se i proclami diventano realtà, e allo stato attuale non lo possiamo dire, seppur tutti ce lo auspichiamo, né per il caso di Podemos né per Syriza.
Andiamo avanti, ammetto personalmente di avere reticenze per formule da marketing accattivanti come i giochi di parole Pop/Popolare, e non è semplicemente una questione di giudizio personale, è piuttosto quello che trascina con sé l’utilizzo di strumenti da cui bisognerebbe uscire fuori. Linguaggi, pratiche e rappresentazioni nelle forme che vengono utilizzate indistintamente come controllo, appiattimento culturale vestito da social network e, soprattutto, la conseguenza di una comunicazione superficiale e ridotta all’osso ma dalla forte carica nelle immagini d’impatto è un modello che bisogna abbandonare o lasciare a chi si vuole combattere. Evitiamo che alla società dello spettacolo faccia da contrasto lo “spettacolo della resistenza”, il nuovo che ha da venire deve uscire fuori da schemi che appartengono già alla politica e all’economia.
Senza soffermarsi sul rischio della creazione, oltre ai numerosi già esistenti, di nuovi eroi su twitter.

Un primo ministro che twitta è già una causa ragionevole e sufficiente per fuggire da tutto questo.
Una profusione di teoria economica basato su un approccio positivista di osservazione contingente della realtà, ignorando le cause originali e variabili occulte, e di una produzione teorica sconfinata che si esprime su tutto, vedi il caso della Grecia, un’infinità di articoli che variano dalla rappresentazione dell’immagine, grazie al phisyque du role, di un Varoufakis in lotta contro la Troyka (con pochi che sono entrati nel merito delle sue condivisibili opinioni), ad un ormai classico “perché la Grecia non…” incipit di quella parte scrivente che “essere sempre e comunque contro fa tanto figo e non mainstream….”.

Andando avanti, non ci stiamo inventando nulla di nuovo, forse sarebbe opportuno rafforzare strumenti per permettere che pratiche di advocacy per le molte campagne già in essere diventino realmente efficaci. Non ci facciamo certo una bella figura nell’ultimo Report di Transparency International: lobbying ad personam, assenza di una legge in materia (unici nel mondo occidentale) e allarmanti statistiche sull’etica pubblica.

Tra l’altro non vedo perché la necessità di questa commistione politica e movimenti, non ho capito: la politica, già rappresentata in Parlamento, scende in piazza per difendersi da sé stessa? Ha già un luogo dove dovrebbe difendere i diritti dei cittadini che l’hanno votato con quell’impegno che dovrebbe essere regolato da contratto di mandato marxista che tanto farebbe la differenza! Lo strumento delle campagne dovrebbe rimanere in capo all’iniziativa dei cittadini in quanto espressione diretta del libero agire politico e semmai agevolato dalla politica, cos’è la Politics vuole fare la Policy? va bene, ma deve rinunciare alle sue posizioni comunque privilegiate e scendere a pari dei cittadini.

Mobilitazioni, manifestazioni, spazi sociali condivisi, unire forze frammentate, ok, va bene, belle parole e concetti ma finché saremo chiusi nei format da articoli da condividere che ci mettono a posto la coscienza potremo inventarci sigle accattivanti ma il cambiamento sarà nella rappresentazione e mai nella realtà, ossia l’opera perfetta del capitale. Ahh visionario Debord! Intanto i ragazzi No Tav stanno in carcere con accuse assurde e direi che c’è poco da discutere su chi ha il potere, nonostante tutti quanti abbiamo condiviso la notizia, gli incontri fatti negli spazi autogestiti, i più audaci un badge nella foto profilo e le lotte dei centri sociali e occupati. Che giusto per metterci una piccola nota polemica cominciano a diventare luoghi di sfilate delle solite facce “noi siamo i buoni” che leader già ci si sentono da tempo, dietro tavoli le cui foto verranno condivise ( e che solo Renzi e i sui tweet?!) mentre sgranano il rosario di tanti bei concetti che restano sulla carta, o pardon, sullo schermo del pc.
Nulla è cambiato, lo sdegno popolare è ben contenuto nei metadati del nuovo controllo capitalista, l’economia è soffocata nella politica, perché sia chiaro oggi facciamo una critica economica che in realtà è riserva di caccia della politica, e non se ne esce dalla rappresentazione del capitale, anche quando è anticapitalista.
Il tempo dell’entusiasmo pop è finito, è finito il riporre in forme di protopolitica (?) le nuove speranze del futuro, possiamo pure occupare ma tanto poi ci sgombrano, essere solidali con una valle che comunque non si discute, un jobs act che ha intrapreso il suo cammino senza grossi ostacoli, un processo di liberalizzazione selvaggia che non sembra arrestarsi, un mercato che la fa da leone, l’assenza di ammortizzatori sociali per le nuove forme lavorative (reddito di cittadinanza ad esempio) che magari non hanno voglia di sentirsi chiamare precari e rifiutano la retorica di una certa sinistra e sindacati che non li rappresentano da tempo. E poi questa cornice all’interno del quale si inseriscono materie tra le più svariate (perché i 5 punti vanno poi tradotti, parlare di cittadinanza civile e sociale per tutti è mera demagogia) come politiche del lavoro, della casa, diritto alla salute e allo stesso tempo lotta alla criminalità, ambiente, etc etc. non rischia di avere certo un buon consenso popolare ma di essere un calderone dove ci si mette di tutto, e quindi, difficile da gestire per arrivare a risultare concreti? Mi chiedo.
Non è per essere pessimista è semplicemente per affermare: ma non è che forse stiamo sbagliando qualcosa visto che non arriviamo mai da nessuna parte? Atto d’umiltà che potrebbe essere salvifico
Il vero pericolo oggi non è l’assenza di forme di rappresentanza popolari (semmai mancano gli strumenti) ma il fatto che quando un amico o collega annuncia di trasferirsi all’estero non lo si guarda più con la compassione per un emigrante costretto ad abbandonare il Bel Paese ma con l’invidia di chi stacca finalmente da tutta questa “società pop” e inizia a fare sul serio.

FRonter Pop!?!

Costruire un Fronte Pop dove il solo punto in comune è essere contro qualcosa mi pare singolare. Più che un Fronte mi parrebbe un'armata Brancaleone.
Forse occorre qualche idea in più!

Monete complementari

Ad integrazione della risposta di Sylos Labini, aggiungo che le monete complementari sono quasi sempre esistite anche prima dell'euro (anche nella Germania del marco! e negli USA del dollaro esistono da almeno venticinque anni) e hanno spesso avuto una funzione compensatrice e moderatrice rispetto agli effetti della politica monetaria mainstream, che tende a mettere a dura prova con i suoi meccanismi la tenuta delle piccole economie locali, soprattutto se rette su schemi di economia di vicinato o informale. Non a caso molte esperienze di moneta complementare in Italia (ne esistono già diverse) si sono sviluppate nel Mezzogiorno.
Per chi vuole approfondire: http://www.aequilibra.it (tra i tanti siti che ci sono in rete)

moneta parallela e uscita dall'euro

La moneta parallela non esclude affatto l'uscita dall'euro, anzi potrebbe prepararne le condizioni evitando un'uscita "al buio". Nello stesso tempo la moneta parallela potrebbe anche permettere di rilanciare l'economia e l'occupazione il che non ci spingerebbe ad uscire dall'euro. Insomma, io vedo la moneta parallela come una soluzione intermedia tra l'uscita e la permanenza nell'euro.

A Sylos Labini

Egregio Sylos Labini, sa dirmi qual è la motivazione (ma una solida, anzi solidissima motivazione) per cui bisognerebbe ricorrere ad una moneta "parallela", con tutte le complicazioni che ciò comporterebbe, invece di uscire semplicemente dall'eurozona? Per natura preferisco le cose semplici a quelle complicate.
Ammette che, per lo meno (io ritengo da prima, ma mi accontento almeno di questa ammissione) dallo scoppio della crisi, l'euro abbia portato solo danni ai paesi del Sud Europa ma, scrive, forse gli italiani non vorrebbero questa soluzione. Vorrei informarla che uno degli ultimi eurobarometri ha valutato che il 47% degli italiani sia favorevole ad un'uscita contro il 43% che vorrebbe la permanenza. E questo risultato è giunto nonostante il terrorismo mediatico che tutti i mezzi di comunicazione, nessuno escluso, hanno impiegato a mani larghe in questi anni.
Non crede che sia un compito primario di un politico o di chi si candida ad esserlo discutere coram populo in maniera obiettiva e trasparente vantaggi e svantaggi dell'uscita e delle modalità con cui uscire? Quanto diventerebbe del 47%? 80, 90? Probabile
Non glielo dico in maniera offensiva: ma questo Fronte Pop (che nome terrificante!) sa che fine farà se non si libererà del fardello dei ferri vecchi e continuerà a fare le solite chiacchiere? Penso che intuisca la risposta

Risposta a @ezio tomelleri

@ezio tomelleri
Citazione: “lotta contro la riforma delle pensioni Fornero.per permettere a qualche giovane in più di lavorare,qualche vecchio di andarsene prima del funerale e per costruire un sistema che dia realmente la possibilità di avere pensioni decenti”.
Ti segnalo allora che sbagli bersaglio per 2/3. La legge Fornero ha solo completato ciò a cui per 2/3 aveva già provveduto Sacconi, nel 2010 e 2011 (e prima di lui in piccola parte Damiano, nel 2007).

un fronte pop

La vostra proposta è necessaria urgente e matura almeno tra le persone di sinistra. L'unico limite che vedo sta nelle timidezze di alcuni dei soggetti politici che dovrebbero aggregarsi : in particolare la sinistra del P.D che non riesce ancora a sganciarsi dall'abbraccio mortale di Renzi e delle sue politiche , e le organizzazioni a sinistra che ancora non vedono l'urgenza di abbandonare steccati spesso insignificanti.Tra i punti dell'agenda che voi proponete penso che meriti un posto particolare la lotta contro la riforma delle pensioni Fornero.per permettere a qualche giovane in più di lavorare,qualche vecchio di andarsene prima del funerale e per costruire un sistema che dia realmente la possibilità di avere pensioni decenti.

risposta a Saverio

Caro Saverio,

tu mi dai troppa importanza, l'idea della moneta parallela non l'ho inventata io ma risale addirittura al periodo del nazismo quando H. Schacht lanciò le cambiali MEFO. Credo che l'Euro sia stata una scommessa che valeva la pena di tentare, purtroppo da quando è scoppiata la crisi del 2008 ha iniziato a produrre dei disastri. Adesso è probabile che l'euro crolli anche se non credo che la maggioranza della popolazione italiana abbia l'intenzione di uscirne, per questo bisogna cercare di fare qualcosa e la moneta complementare all'euro può essere una possibilità.

Fronte del Pop - 2

Gentile mifa, se vuole posso darle una mano: nel senso che la prendo per mano e la utilizzo per attutire la caduta dal ponte.
Credo di esprimermi in maniera chiara, ma evidentemente mi sbaglio. Per evitare equivoci: ho sempre votato comunista e se potessi voterei nuovamente comunista.
Ma vede: quando leggo i commenti qua sotto e noto, che eufemismo potrei usare?, la fuffa ed il politichese (il soggetto collettivo....) con cui i ferri vecchi sperano di riciclarsi mi viene da dire: se costretto a scegliere tra i ferri vecchi e Salvini, non c'è dubbio: voto Salvini. Sperando che la situazione si aggravi a tal punto da avere un'insurrezione popolare.
Le è più chiaro così?
Cosa dovrei pensare di un figlio di papà che, pur di non dire: sì, in effetti l'euro è incompatibile con la democrazia, scusate: mi ero sbagliato, se ne esce fuori con l'idea balorda di una "moneta fiscale parallela" per recuperare almeno parte della sovranità perduta?
Che se ci fosse questo figlio di papà in una ipotetica lista avrei un motivo in più per votare Salvini

I tempi sono maturi

Credo che Airaudo e Marcon ben rappresentino l'urgenza che è nell'aria, e che sente chiunque abbia ancora un contatto con la realtà di questo paese.

La soluzione federativa può funzionare se, come ha detto qualcuno sopra, chi vi aderisce mette in conto l'abbandono delle forme di rappresentanza autoreferenziale e promuove anche al suo interno un ricambio delle leadership "storiche".

E' questione di coerenza interna e di credibilità nel presentarsi ad un popolo, quello italiano, e quello della sinistra in particolare, sempre più scettico e cinico, stremato nella sua passione politica dal gioco di chiacchiere politicanti-tv-stampa.

C'è da prendere il meglio dall'esperienza che ha fatto crescere il M5S e portarlo dentro un progetto senza leader profetici e facili semplificazioni. C'è da riaffermare la complessità - e la necessità - del prendere decisioni di interesse generale all'interno di un corpo sociale dialettico e plurale. C'è da affermare un modo di comunicare responsabile.

Non credo sarebbe premiante battere troppo sul tasto del "leader". Il leader serve se hai un corpo da guidare. Qui c'è da costruire il corpo, e perchè sia solido e non effimero, come quasi tutti i corpi politici degli ultimi anni, e se l'ipotesi federativa ha una prospettiva, occorre arrivare ad una pluralità di leader, ad una collegialità di persone che già nella sua rappresentanza all'esterno affermi la diversità della formula, esprima una forza intrinseca del progetto (che deve essere destinato a sopravvivere a 4-5 persone, altrimenti non è nulla).

Percepisco che forse la gravità della situazione sta finalmente facendo maturare il tempo perchè questo possa accadere realmente. Spero di non sbagliare.

Sono d'accordo, infine, con Stefano Sylos Labini rispetto al tema della moneta complementare (fiscale) come modo per riappropriarsi di una parte di sovranità monetaria ceduta all'Europa. Potrebbe essere uno dei progetti centrali di un nuovo soggetto politico del "cambiamento": fattibile, evocativo, concreto.
Insieme al Reddito di cittadinanza, che continuo a considerare uno dei perni della redistribuzione ai tempi della grande finanza globale e della precarizzazione del lavoro (che il Jobs act esaspera).

5 osservazioni

1. Citazione: “Possiamo puntare a una moltiplicazione di mobilitazioni, vertenze locali e di categorie, intrecciate alle manifestazioni contro gli F35, lo Sblocca Italia, la Tav, le trivelle nell’Adriatico, le mafie, la crisi ambientale”.
Io, dopo oltre 40 anni di PCI-PDS-DS-PD, alle scorse elezioni europee ho votato per “L’Altra Europa per Tsipras”, ma non voterei mai per un nuovo partito che basasse il suo programma su sciocchezze sesquipedali come l’opposizione ideologica, a prescindere, ad un buco in una montagna come la Tav o anche alle trivelle nell’Adriatico, visto che in quest’ultimo caso lo farebbe comunque – ma interamente ed esclusivamente – la Croazia.

2. “uscendo dall’individualismo e dall’ubriacatura del mercato di questi trent’anni liberisti”
Neo-liberisti, poiché ardisco pensare che anche il padre del liberismo, Adam Smith, avrebbe da ridire sul neo-liberismo.

3. “Quale può essere la “via italiana” a una politica del cambiamento che ci avvicini ai risultati di Syriza e Podemos?”
La via italiana non può che basarsi, prima di tutto, su un motto socialista come “Libertà e giustizia sociale”.

4. “Serve ricomporre la divisione che abbiamo ereditato tra “coalizione sociale” e “coalizione politica”, tra sinistra sociale e sinistra politica, senza scorciatoie leaderistiche”.
Questo è il vero punto debole di qualunque partito di sinistra italiano e la cartina di tornasole per prevederne l’esito: il rapporto psicologico con la leadership. Primo, perché qualunque organizzazione – e il partito è un’organizzazione di uomini accomunati da ideali ed obiettivi concreti - per il suo successo ha bisogno di un leader. Secondo, perché non esiste – come anche Syriza e Podemos (e M5S e PD) dimostrano plasticamente – un grande partito di sinistra senza un leader forte, ben visibile, concreto, empatico, capace di comunicare (anche il sorriso fa parte di una buona comunicazione, per questo un Landini è escluso). Terzo, perché la scelta politica è anch’essa frutto della struttura psicologica, e l’elettore di sinistra (in misura crescente man mano che si procede verso il limite estremo) ha “strutturalmente” un rapporto conflittuale con l’autorità paterna. E quindi con la leadership.

5. Infine, il nome e il programma sono importanti. Quelli proposti nell’articolo a me sembrano inadeguati. Ma è una carenza ovviabile, molto più del leader e dei luoghi (reali e virtuali) in cui potersi incontrare e partecipare democraticamente, concretamente ed umilmente, smettendo la presunzione saccente, il benaltrismo e soprattutto l’“assassinio” quotidiano del proprio padre (o madre). Vasto programma.

Fronate Pop

Proposta condivisibile, le cinque campagne sono un obbiettivo minimo. Ma con le ambiguità tuttora presenti nella sinistra: difficoltà a rompere con PD (che non è sinistra), disponibilità al compromesso su questioni tipo lavoro precario, no tav, combattere i cambiamenti climatici. In concreto le cinque campagne propongono: 35 ore lavorative, statutto dei lavoratori, pensione a 40 anni, nessuna trivella a terra e in mare, no tav, no ponte e no grandi opere, riassetto del territorio sfasciato, blocco del consumo di suolo, rifiuti 0 inceneritori come ultima risorsa, chiusura delle centrali termo-elttriche a carbone, risparmio energetico con coimbentazione fonti energetiche e di calore rinnovabili, senza compromessi? Visti i comportamenti di molti amministratori di sinistra presenti nelle regioni e comuni non mi sembra presente questa disponibilità, in Piemonte Sel sta in giunta, quella che sostiene la Tav, che taglia i trasporti locali, la sanità i servizi sociali, a Milano stanno con chi sta sfasciando territorio agricolo con l'espo. Non da ultimo risolvere l'ambiguità di molti a cercare il posto anche con compromessi con il PD. Questi esempi bastano.. Se vogliamo vincere come Syriza dobbiamo dimostrare nei fatti che questi comportamenti sono finiti ovunque anche nel comune di 1000 abitanti. Purtroppo i tempi sono lunghi dobbiamo recuperare anni di ambiguità. saluti

in-credibili

Marcon e Airaudo sanno tante cose. Dimenticano che sono in parlamento grazie ad un'alleanza con il PD, che solo un anno e mezzo fa Tsipras era troppo radicale e allora meglio una terra di mezzo tra Schultz e Tsipras, che SEL guardava all'internazionale socialista... e tante altre cose.
ma con quale credibilità parlano?

Fronte del pop

E io mi chiedo perché mai uno che ha intenzione di votare Salvini debba venire a commentare questo articolo. Tanto peggio tanto meglio? Ma perché si è fermato a Salvini? Ha pensato alla eventualità di librarsi in volo lanciandosi da un ponte sull'autostrada? Essendo sicuramente peggio, può essere che per lei, Saverio, sia decisamente meglio.

Il “Fronte Pop”: Europa-lavoro-ambiente-diritti civili e welfare. La pace da costruire

Il "cambiamento" ha una caratteristica: tutti lo vogliono, e nel senso di quanto auspica il "Fronte Pop". Poi, ciascuno ha la sua singolare ricetta e il cambiamento resta una splendida utopia. Ora, se mi mettessi a dire qualcosa sul cambiamento, non farei altro che incorrere nella ulteriore singolarità espressiva che ne impedisce il compiersi. Da qui, il silenzio appare una virtù da autolesionista ed allora navigo, rifletto, scrivo e...non succede mai nulla. Così, non mi resta che continuare ad esprimere, in questo caso, un pensiero "organizzativo" sul cambiamento possibile e una "ricetta" che pone al centro interventi in grado di fornire alimento per gli obiettivi del "Fronte Pop".
SUGGESTIONI
1. Sul piano della leadership basata su cognizione e autorevolezza etica, ci vuole Landini.

2. Poi, sul piano "organizzativo" si fonda un movimento politico: "Italia dei Cittadini" (?) e un portale: "Energie in Comune" (?) come nodo di Rete sull'unico tema di sintesi essenziale (il valore e i valori espressi da Landini e Altri, lo consentono): il Manifesto del Cambiamento fondato sul rispetto e l'intangibilità della Costituzione della Repubblica Italiana e su pochissimi punti (è indubitabile che il manifesto tocchi i temi del Fronte Pop). Poi, tutti quelli che sulla rete parlano di cambiamento a modo loro, o perchè già convengono con il manifesto del cambiamento (se Fronte Pop fosse un movimento presente in rete, ci troveremmo nell'ipotesi qui trattata) sono nodo "di rete" della Rete "Energie in Comune". In questo modo la "Rete di Reti" manterrebbe viva l'ipotesi di in movimento politico in grado di condividere il cambiamento con il "voto" (in tutte le occasioni in cui è richiesto a scadenze di mandato locale, regionale, europeo, nazionale) sulla vivacità delle singolarità espresse nei "nodi di Rete". Le primarie costantemente aperte a chi ha intenzione di misurarsi nella politica di governo ai vari livelli, definirà al meglio la democrazia partecipativa espressione di democrazia diretta nello spirito della Costituzione come espressione autentica della "sovranità popolare".

3. Sul piano operativo (per una strategia europea) invito a riflettere su due interventi "centrali" per la situazione di "crisi" in cui viviamo con poche prospettive di uscirne non rotti del tutto. Si tratta di corrispondere con la stessa "moneta" la dittatura soft in cui ci dibattiamo caratterizzata dalla separazione tra pochi ricchi e moltissimi poveri per le politiche di governo e finanziarie attuali e future, su cui occorre intervenire con l'unica foza possibile della "mediazione".
La mediazione politica è possibile, in prospettiva, con l'intervento organizzativo dei punti precedenti e con il cambio delle governance che sarà reso possibile dai risultati delle elezioni democratiche.
La mediazione potenzialmente possibile sulla forza rappresentativa di democrazia diretta del Movimento della "Rete di Reti", sul piano dell'economia reale potrebbe già intervenire, se esistesse, su due fronti: la revisione del sistema fiscale e del sistema finanziario, entrambi possibili e sotenibili, sull'unica condizione, oggi, e per poco tempo, che il Movimento politico sia riconoscibile come espressione dei cittadini italiani. Sul come, se qualcuni fosse interessato, sarei ben lieto di condividere un progetto possibile: gtomei@advocacy.it. Buona vita
.

considerazioni

La proposta di Giulio Marcon e Giorgio Airaudo per una convenzione di tutte le organizzazioni, forze politiche, sindacati e gruppi di base che lavori su un progetto comune di cambiamento è assolutamente condivisibile. E’ necessario, però, che questa iniziativa si sviluppi in modo originale e non venga percepita come l’ennesimo tentativo di vecchi gruppi dirigenti di riconquistare una propria visibilità politica. Questa è stata la forza del Movimento a 5 Stelle che è riuscito realmente a costruire una forza non invischiata nel vecchio sistema di potere. Poi il M5S ha mostrato tutti i suoi limiti strategici e organizzativi sia a livello nazionale che europeo.

Per quanto riguarda l’agenda proposta da Marcon e da Airaudo, sicuramente si deve cambiare questa Europa a guida tedesca che non funziona, però, bisogna prendere anche delle iniziative autonome a livello nazionale come quella di una nuova moneta statale di natura fiscale a circolazione interna, complementare all’euro. Si tratta di una proposta che qui in Italia è stata lanciata da Luciano Gallino, Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Enrico Grazzini, Guido Ortona e dal sottoscritto

http://monetafiscale.it/#

e che a livello internazionale è stata recentemente portata all’attenzione da Wolfgang Munchau sulle colonne del Financial Times, il quale ha citato un articolo di John Cochrane di Chicago

http://johnhcochrane.blogspot.it/2015/02/beware-of-greeks-bearing-bonds.html#more

e un lavoro di Rob Parenteau del Levy institute.

http://www.nakedcapitalism.com/2015/02/robert-parenteau-get-tan-yanis-timely-alternative-financing-instrument-greece.html

Non possiamo puntare tutto su un cambiamento dell’Europa che probabilmente potrebbe richiedere anni, ma dobbiamo prendere iniziative rapide e concrete qui in Italia per riportare finalmente l’economia alla piena occupazione.

Fronte Pop???

Già solo aver voluto intitolare l'intervento "Fronte Pop" rende la misura della ridicolaggine di chi ha avanzato la proposta. Fronte Pop con chi? Con i rottami e i ferri vecchi della ex sinistra arcobaleno? Quelli che hanno fatto la figura di m. con la "lista Tsipras"? Quelli che un minuto dopo le elezioni comincerebbero a guardare quali posti sono liberi dentro il PD (ogni riferimento a SEL è volutamente intenzionale)? No grazie.
Preferisco Salvini: tanto peggio tanto meglio

Fronte Pop

L'articolo di Marcon e Airaudo è, nel suo complesso, assolutamente condivisibile. Soprattutto, nell'individuazione delle cause che ci hanno portato a questa situazione.
Resta però un punto di ambiguità: tra le righe sembra di intravedere un auspicio, quello di ricostruire il centro-sinistra.
A mio parere, si tratta di una prospettiva che va ormai definitivamente abbandonata. La stessa Syriza ha costruito il proprio successo anche sulla coerenza mantenuta su un semplice punto: nessun accordo con chi è stato responsabile, quanto e più della destra, del disastro in cui ci sì è venuti a trovare.
Renzi non è un fulmine a ciel sereno: è semplicemente il punto finale di un percorso che il post-PCI ha intrapreso da oltre 20 anni. Chi come me ha attraversato la stagione straordinaria del movimento altermondialista, si ricorda bene i pidiessini che cantavano le lodi della globalizzazione e si tenevano ben lontani dalle mobilitazioni contro il G8...
Concludendo, penso che qualsiasi ipotesi di accordo politico non possa prescindere dalla messa in discussione radicale del modello neoliberista, senza ambiguità e compromessi.
Grazie e scusate se sono stato un po' lungo.

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