Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito
alter
capitali
italie
globi

«Il Fiscal compact è una scelta scellerata»

12/12/2014

Sciopero/Le decisioni del direttorio Merkel-Sarkozy hanno impedito alla Ue di uscire dalla recessione. È la sola zona al mondo a non esserci riuscita. Intervista a Benjamin Coriat dell'Università Parigi XIII, membro degli Economistes atterrés

PARIGI. Sciopero generale in Italia oggi, il 15 sciopero nazionale in Belgio. In Europa, qualcosa si muove. Ma i governi dei paesi Ue, in particolare nella zona euro, restano sordi, si aggrappano soltanto all’applicazione del Fiscal Compact come Tina (there is no alternative). Il lavoro è diventata la variabile di aggiustamento in Europa. Per capire cosa succede – e cosa potrebbe succedere – parliamo con Benjamin Coriat, professore di scienze economiche all’Università di Paris XIII e membro del collettivo di animazione degli Economistes atterrés.

L’economia europea è bloccata, la disoccupazione schiaccia le vite, ma ci sono alcuni segnali di protesta. Come vede la situazione?

“Per capire cosa succede bisogna partire dalla crisi del 2008 e dalle risposte date dalla Ue, con il trattato del Fiscal Compact. L’Ue ha scelto una via particolarmente catastrofica di fronte alla crisi. Le basi di questo approccio difettoso sono istituzionali: impossibilità per la Bce di comprare debito di stato, economia nella mani dei mercati finanziari, assenza di coordinamento sociale e fiscale nella Ue. E invece di affrontare la crisi e di approfittarne per trovare una soluzione, l’Europa ha solo irrigidito il Fiscal Compact, ha trasformato la clausola del 3% di deficit in quella dello 0%, ha imposto scadenza infernali per il rientro nei parametri. In altri termini, ha tolto l’intelligenza dalle deliberazioni politiche per imporre dei meccanismi automatici. Siamo stati presi in ostaggio dalla crisi del 2008: i deficit pubblici sono esplosi, mentre nel 2007 solo la Grecia era sotto procedura per deficit eccessivo. La crisi, invece di condizionare azioni contro la finanza, è servita per attaccare il lavoro e trasformarlo in variabile di aggiustamento”.

Perché?

“È stata la scelta folle dell’accordo tra Merkel e Sarkozy. Ha impedito alla Ue di uscire dalla recessione, sola zona al mondo a non esserci riuscita, mentre Usa, Giappone, emergenti almeno hanno evitato di uscire a pezzi. Con la scelta assurda del Fiscal Compact come risposta alla crisi, la Ue ha creato una situazione impossibile, dove la sola via d’uscita è l’attacco al lavoro. Non si tocca la concorrenza fiscale, quella sociale, il potere finanziario, quello delle banche”.

Il problema è che questo non funziona, con una disoccupazione e un precariato che stanno minando le basi della società.

“In Germania, in Francia, anche in Italia sono passate solo delle parti di questo programma, c’è una resistenza. Mentre in Grecia, Spagna e Portogallo il piano è stato portato a termine. Il problema è che non funziona: non assicura la ripresa economica per uscire dalla crisi e l’Europa rischia di affondare nella deflazione. Persino Draghi ha capito che è una scelta catastrofica. Il presidente della Bce ha esaurito le possibilità di politica monetaria. Adesso tocca alle scelte politiche. Ci parlano di trappola di liquidità, nozione di Keynes che spiega che anche tassi di interesse bassi non permettono di rilanciare la crescita. In realtà siamo di fronte a una trappola della finanza: tutti i soldi – che ci sono – servono alla finanza, sono utilizzati per continuare i giochi speculativi. Non è possibile investire, perché nessun investimento darà un rendimento comparabile a quello finanziario. Siamo di fronte a una falla istituzionale e a una trappola della finanza, che in realtà sono convergenti: bisogna rompere questo circolo vizioso.

Come?

“Per cominciare, cambiando le regole della finanza. L’Europa non ha osato farlo. In questo, la Francia ha una grande responsabilità: qui l’industria finanziaria è molto potente, la Francia è bloccata su questo fronte, al servizio delle banche. Non c’è altra soluzione che il rilancio dell’investimento pubblico: liberazione dal vincolo del debito, la Bce deve comprare debito pubblico; i deficit pubblici non devono più essere la priorità, ma al primo posto devono essere poste disoccupazione, povertà, recessione. L’alternativa tra politica dell’offerta e della domanda è un falso problema: non ci puo’ essere una politica a favore delle imprese senza un rilancio degli investimenti pubblici. In Francia c’è stato un trasferimento di 40 miliardi alle imprese, ma gli imprenditori sono scesi in piazza. Per la piccola e media impresa, l’effetto di questi trasferimenti sui margini è piccolo, visto che non c’è domanda”.

Bisognerebbe anche definire quale crescita, non solo un aumento dei consumi generalizzato.

“Certo, il progetto esiste: la transizione energetica, ecologica, l’industria delle energie rinnovabili, la diminuzione di Co2. Su questo fronte, l’Europa è in ritardo. La Germania, addirittura, ha rimesso il carbone al posto del nucleare. Ci sono investimenti anche nel digitale e nell’economia collaborativa, di condivisione, più economa in risorse”.

C’è una crescente dicotomia nord-sud in Europa. A che cosa porta?

“Dalla Germania è arrivato un colpo di freno. Nell’ultimo decennio, i salari sono aumentati del 12%, mentre la media europea è stata un aumento del 70%. C’è stata una crescita di competitività anche grazie ai salari. Ma contemporaneamente i salari nell’ex Germania est sono aumentati dell’80%. Si dimentica sempre questo: la Germania ovest ha fatto concessioni per l’est, che adesso rifiuta di fare verso l’Europa. La Germania è pero’ obbligata a muoversi un po’, come per esempio il salario minimo previsto per il 2016”.

L’estrema destra, che propone l’uscita dall’euro, ha successo, soprattutto nella classi popolari. Cosa proporre in alternativa?

“La grande questione economica è la concorrenza fiscale e sociale. Si puo’ progredire restando nell’euro o uscendo? Ci sono passi avanti, come per esempio il Lussemburgo, obbligato a fare concessioni sui paradisi fiscali. Uscendo dall’euro non arriveremo a nulla. L’ipotesi è la creazione di un serpente fiscale europeo, come c’era stato il serpente monetario, cioè una tassa sulle società intorno al 28-30%, con una divergenza del 4-5%. La stessa cosa sarebbe possibile sul salario minimo. Non solo del tutto pessimista. La soluzione neo-liberista sta fallendo. Nel 2008, c’era una finestra di possibilità che non è stata sfruttata. Ce ne sarà un’altra, perché l’attacco contro il lavoro non sta funzionando. Ci sarà un secondo tempo in Europa. Il vulcano esploderà, anche sul piano elettorale. In Grecia e Spagna è esploso, ma dalla nostra parte. In Francia, c’è il rischio Fronte nazionale. La soluzione neo-liberista sembra vittoriosa, ma sta fallendo nei fatti, persino la Gran Bretagna si è resa conto che con salari cosi’ bassi il deficit aumenta e quindi ha deciso di tassare multinazionali e banche”.

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

Struttura dell’UE, assenza di democrazia o di legalità?

Come ho già rilevato qui (cfr. http://old.sbilanciamoci.info/Sezioni/capitali/Il-potere-di-Draghi-si-ferma-a-Karlsruhe-27447 ), “il mio assunto, che mi ha indotto a lanciare una petizione per la messa in stato di accusa della BCE, prima alla Corte di Giustizia Europea (ma essa non può ricevere che ricorsi legali tramite un avvocato, se si è ricevuto un danno diretto da atti o omissioni della BCE) e poi obtorto collo al Parlamento Europeo – e mi sorprende che neppure un giurista come Agustìn José e i promotori degli inefficaci appelli e i tanti commentatori lo colgano – è che, pur nel fisiologico divenire dei rapporti di forza nel contesto di un organismo giovane come Unione Europea/Euro/BCE, senza legalità (cioè un sistema di riferimento giuridico codificato certo e rispettato) prevale il più forte”.

I veri nemici da combattere sono i ricchi (finanza e multinazionali), che hanno ora i Tedeschi che gli fanno il lavoro sporco. Tuttavia, i Tedeschi sono talmente arroganti da rasentare l’ottusità e perciò pericolosi per tutti. Come insegna il caso Tsipras (pare che la Merkel abbia detto che è disposta a trattare se vincerà le prossime elezioni greche), il modo peggiore per contrastare gli arroganti è l’acquiescenza. Draghi è colpevolmente acquiescente. Padoan è colpevolmente acquiescente. L’ex tosto Renzi è colpevolmente acquiescente. Oggi i rapporti di forza sono favorevoli alla Germania, perché la Spagna retta dal popolate Rajoy è aggiogata per interesse al carro tedesco e, per il terzo anno consecutivo, sforerà il limite del 3% senza essere sanzionata; la Francia del mediocre e amico dei banchieri Hollande è debole e starà al gioco finché viene trattata con un occhio di riguardo sullo sforamento del limite del deficit; mentre i Paesi che prima si appoggiavano alla Gran Bretagna ora si stanno anch’essi avvicinando alla Germania. Questa situazione potrebbe cambiare sostanzialmente se, alle prossime elezioni, in Spagna vincesse Podemos e in Grecia Syriza. Sempre che l’Italia a quel punto, dopo aver attuato le riforme strutturali, prendesse l’iniziativa per attuare, come suggerisce Prodi da 2 anni, una piattaforma alternativa all’austerità assieme alla Francia e alla Spagna (e alla Grecia). Nel frattempo, occorrerebbe seguire la via dell’affermazione della legalità, in primis contro la BCE, come ha fatto perfino l’arrogante Corte Cost. tedesca nel caso degli OMT, e intentare un ricorso legale contro la BCE alla CGUE per inadempimenti statutari.

Merkel, Sarkozy e Barroso

Sig. Presidente Manuel Barroso,
Lei termina oggi il Suo mandato, durato 10 anni, di Presidente della Commissione Europea.
Ritengo necessario, in questa occasione, evidenziare con grande enfasi il ruolo esercitato in negativo dai protagonisti politici (Merkel, Sarkozy e Barroso, in ambito UE), nella gestione di una crisi economica che per gli effetti è equivalsa ad una guerra con migliaia di morti e feriti e dalla quale, dopo 6 anni, si stenta ancora ad uscire a causa dell’incapacità e dell’ostinazione colpevole di alcuni di Voi leader nell’applicazione di ricette economiche rivelatesi sbagliate, inique e fallimentari.
Alla quale se ne deve aggiungere un’altra: che la Germania, oltre ad avere uno strapotere economico, industriale e commerciale, per l’acquiescenza e talvolta la connivenza degli organi dell’UE, ha anche uno strapotere nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati. In particolare della BCE, il cui Consiglio direttivo, per ubbidire alla Germania, sta violando da tempo il suo statuto (art. 7 - Indipendenza) e disattendendo entrambi i suoi obiettivi statutari (art. 2 - Obiettivi); anche se – molto stranamente - sul sito dell’UE, ne viene menzionato - al singolare (sic!) - soltanto uno: il primo, quello del controllo dei prezzi, omettendo ad arte il secondo, di, raggiunto il primo ("inflazione sotto il 2% ma vicino", ed ora l'inflazione dell'Eurozona è prossima allo zero, ed in alcuni Paesi, come l'Italia, siamo in deflazione) “sostenere la crescita economica e un alto livello di occupazione”.
Sig. Presidente Barroso (ma bisognerebbe aggiungere anche il Vice Presidente e Commissario all’Economia Olli Rehn), al di là dei vincoli dei trattati, Lei è stato forse il peggiore presidente della storia della Commissione Europea, sia per l'asservimento sostanziale al Consiglio Europeo (lèggi: Germania), venendo meno al Suo compito istituzionale di equilibrare lo strapotere del Consiglio, sia per i risultati. Meno male che Lei oggi finalmente se ne va.
Distinti saluti

Lettera a José-Manuel Barroso
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2820971.html

Pareggio di bilancio in Costituzione

Non inserire il pareggio di bilancio in Costituzione: sarebbe un pericoloso elemento di rigidità
Conti pubblici: Prodi, non inserire pareggio di bilancio in Costituzione
4 luglio 2013
http://www.romanoprodi.it/notizie/non-inserire-il-pareggio-di-bilancio-in-costituzione-sarebbe-un-pericoloso-elemento-di-rigidita_6955.html

eZ Publish™ copyright © 1999-2015 eZ Systems AS