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Promemoria

Il Cavaliere piangente

07/08/2013

È stato assai benevolo l’ascolto dello show di Berlusconi sabato scorso da parte del Colle e di Palazzo Chigi, Napolitano e Letta, seguiti da tutta la stampa hanno sentito solamente che il Cavaliere non intende far cadere il governo. Sono stati incredibilmente sordi su tutto il resto, i soli a non aver sentito che egli ha definito l’attuale Repubblica un regime, una dittatura, insultando non solo la magistratura ma tutto l’assetto istituzionale, considerando la magistratura semplicemente il braccio armato della sinistra che sta mettendo a rischio la libertà di tutti.

Il cavaliere piangente ma insolente ha dunque ripetuto che “boia chi molla”, lui non mollerà e che per ora regge il governo come la corda regge l’impiccato. Lo regge finché eseguirà i due o tre ordini che gli ha dato, abolire Imu e Iva e riscrivere la Costituzione in tema di giustizia.

In un altro paese, queste parole dette da un cittadino condannato in terzo grado per reati comuni, ne avrebbero prodotto l’arresto da parte dei carabinieri, da noi le più alte cariche dello stato ne hanno elogiato la moderatezza. Il Capo dello stato ha ricevuto immantinente i luogotenenti del Pdl alle Camere, che gli sono andati a chiedere di annullare l’inagibilità politica che a Berlusconi è stata comminata, mentre un ex leader del ’68, Mario Capanna – preso dice da umana pietà per il povero vecchio condannato a un anno di detenzione da passare nelle sue dorate pareti domestiche – gli ha offerto di occuparsi invece di una sua opera pia.

Si capisce che di fronte a questa cura che di Berlusconi si prendono destra e sinistra, la presidenza della repubblica e il governo temano che una consultazione elettorale potrebbe far emergere la collera di due terzi degli italiani o magari porterebbero il residuo terzo, per ora espresso dal Popolo delle libertà, a riafferrare le bandiere di Forza Italia e a gonfiarsi. Perché la confusione è immensa ed enfatizzata da una Rai che sembra tutta una filiale di Mediaset.

La sola voce alternativa è quella di Stefano Rodotà sul manifesto e sul Corriere. L’esercito di Silvio ha una maggioranza alla Camera e al Senato, specie al Senato? Non l’ha; e allora che cosa impedisce di cambiare rapidamente la legge elettorale, prendendo tale e quale il Mattarellum, che non sarà il miglior testo possibile ma, per usare le parole di Letta, “mette in sicurezza” le elezioni dalle porcherie immobilizzanti del Porcellum? Chi impedisce al Pd di lanciare questa sfida? La si avanzi al più presto e poi si vada alle elezioni.

Se poi risultasse che anche votando con una legge non truffaldina l’Italia si rivelerebbe ingovernabile tale e quale ora, vorrebbe dire che siamo alla nostra repubblica di Weimar, i toni altrettanto drammatici ma più bassi, come ha osservato Vendola, e non resterebbe che guardarci in faccia: nascondere una così vasta crisi, morale ancora prima che politica, non servirebbe che ad incancrenirla.

Analogamente a Stefano Rodotà, io non credo che sarebbe così: ci sono nella società italiana ancora molti anticorpi, anche non istituzionali, vivi ancorché incapaci di unirsi su un fronte comune. Il maggior difetto delle nostre anime politiche, dentro e fuori il palazzo, è il non ascoltare che se stesse. Ma non si è democratici da soli.

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