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Le ragioni del nostro sostegno alla manifestazione della Fiom Cgil per i diritti, la democrazia e il lavoro, nell'editoriale dell'inserto “Democrazia al lavoro” de il manifesto e Sbilanciamoci!

Far arrivare la democrazia nel lavoro non è mai stato facile. Quando i rapporti di forza tra capitale e lavoro erano diversi da quelli di oggi, una spinta di base aveva «imposto» l’unità ai sindacati dei metalmeccanici e costruito una democrazia nei luoghi di lavoro fondata sui delegati eletti dai lavoratori; ad essi era affidata una rappresentanza, revocabile qualora non avessero onorato queste funzioni.

Si chiamava «democrazia di mandato» e la si voleva estendere nella società intera: una pratica di democrazia diretta da diffondere nel corpo del paese. Quarant’anni più tardi, ai lavoratori viene tolto diritto di parola e rappresentanza, i sindacati sono divisi, si cancellano i contratti di lavoro nazionali e si procede alla privatizzazione del diritto del lavoro con una delega totale alle parti sociali.
Le leggi fondamentali – lo Statuto dei lavoratori e la Costituzione – sono sul banco degli imputati per il principio da cui partivano: la necessità di tutelare il lavoro di fronte al potere delle imprese. Di fronte all’asimmetria tra capitale e lavoro, tra ricchi e poveri, la politica un tempo interveniva per riequilibrare i rapporti, far funzionare il sistema. Oggi la politica pensa che basti lasciar fare al mercato, anche se la merce che si scambia è il lavoro umano. Un mercato del lavoro presentato come neutrale, dove le parti – imprese e lavoratori – appaiono libere e uguali: nessun bisogno quindi di regole, tutele, sindacati con una visione diversa della giustizia.
Anche questo modello è nato in una fabbrica laboratorio, la Fiat di Pomigliano d’Arco, appena un anno e mezzo fa. Si è cominciato con la sospensione della democrazia a Pomigliano, poi è arrivata a Mirafiori, poi a tutti gli stabilimenti Fiat, poi al settore dell’auto; ora la sfida è per tutti i metalmeccanici e, in prospettiva, per tutti i posti di lavoro. La democrazia è il modo in cui si confrontano posizioni diverse, anche in conflitto, rappresentative di soggetti, classi, persone, in un sistema di regole certe e condivise, sulla cui base effettuare le scelte. Oggi si vuole rimpiazzare tutto questo con accordi di mercato, scambi ineguali tra la forza delle imprese e la debolezza di lavoratori sempre più precari. Questo modello lo si vuole poi stendere a tutta la società, sostituendo gli uguali diritti con il gioco di interessi asimmetrici. E, in un contesto di straordinaria crisi istituzionale e della rappresentanza, la tentazione sarà di estenderlo anche alla politica, cancellando lo spazio per forze che non siano assorbite dal “pensiero unico” e da una visione della politica come pura “tecnica” di governo.
Con l’Italia e l’Europa in recessione, con oltre 800 mila posti di lavoro a rischio, con un declino produttivo iniziato vent’anni fa, con disuguaglianze record, pensare che il mercato possa far ripartire il paese è un’illusione, pensare che l’occupazione si crei perché si cancella la tutela dai licenziamenti è un inganno. Ma di illusioni e inganni si nutrono le operazioni politiche. La crisi di oggi – come quella degli anni trenta – mette alla prova la democrazia e, come sempre, va affrontata con una pratica più larga della democrazia: nei conflitti di lavoro, nelle proteste dei movimenti sociali, nella partecipazione a livello locale, nelle pratiche che ricostruiscono relazioni sociali e progetti di cambiamento. Ai principi e alla pratica della democrazia vanno poi date le gambe di un’economia diversa, di un lavoro meno precario, più qualificato, con salari dignitosi, utile alle persone e non solo ai profitti delle imprese, capace di proteggere l’ambiente, invece di devastarlo.
Difendere diritti e dignità dei lavoratori, praticare la democrazia e progettare un’economia diversa sono una responsabilità di tutti. Per questo la manifestazione nazionale della Fiom è la nostra manifestazione.

 

• Intervista a Gallino: tutti gli esuberi del finanzcapitalismo di Giuliano Battiston

 

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