Con la vendita di quattro centrali nucleari all'Italia, il piazzista Sarkozy ha avuto la meglio sull'imbonitore Berlusconi. Tutte le falle della tecnologia EPR
Molti in Francia e in Finlandia ne sono certi. Parigi ha fatto l’affare del secolo. Il furbo presidente Nicolas Sarkozy è riuscito a vendere a Silvio Berlusconi addirittura quattro centrali nucleari EPR, cosiddette di terza generazione. Le ha spacciate per tecnologia nuova e appetita. In realtà sono impianti vecchi e costosi, che nessuno vuole.
L’annuncio del ritorno al nucleare dell’Italia con l’accordo tra Sarkozy e Berlusconi per la costruzione di quattro centrali entro il 2020 è stato accolto da molte critiche. Alcune sono, per così dire, generali: di rifiuto della fonte nucleare in quanto tale. Altre sono invece puntuali: riguardano proprio la specifica tecnologia degli European pressurized water reactors, gli impianti EPR che la Francia, finora, era riuscita a vendere solo a se stessa e alla Finlandia, generando in entrambi i casi molte perplessità e qualche malumore persino nei più convinti sostenitori della fonte nucleare.
Non ci poteva essere critica peggiore, per le centrali EPR. Perché sono state progettate e realizzate proprio con lo specifico scopo di vincere le resistenze degli antinucleari più scettici, promettendo altissima sicurezza ed efficienza e una produzione inferiore di scorie. Nessuno mette in dubbio che le centrali francesi siano tra le più sicure mai realizzate. Molti, invece, sostengono che hanno molti problemi sia in termini di efficienza che nella produzione di rifiuti. Vendiamo perché.
Tutte le circa 400 centrali nucleari che operano nel mondo hanno un reattore a fissione: ovvero un nucleo dove con una reazione nucleare a catena avviene, in maniera controllata, la divisione (fissione) del nucleo di un atomo (di uranio o di plutonio), con enorme liberazione di energia. Per tenere sotto controllo la reazione e impedire che avvenga un’esplosione, il combustibile viene “refrigerato” e “moderato” con varie tecniche. Le centrali francesi EPR di terza generazione usano della normale acqua come refrigerante. Ciò consente di aumentare la sicurezza della reazione, perchè in queste centrali ci sono ben quattro sistemi indipendenti di refrigerazione ciascuno dei quali, in emergenza, basta da solo a “spegnere il nocciolo” in maniera passiva e a impedirne una disastrosa fusione con conseguente esplosione. La sicurezza, inoltre, è assicurata da contenitore metallico che contiene il reattore e da una doppia parete esterna in calcestruzzo armato ciascuna spessa 2,6 metri. Il tutto è progettato per resistere all'impatto di un grosso aereo di linea.
Una centrale EPR, dunque, è stata progettata sia per impedire (o, almeno, in modo da rendere altamente improbabile) una disastrosa fusione del nocciolo, sia per contenere comunque all’interno delle sue pareti ogni eventuale fuoriuscita importante di materiale radioattivo e impedire un incidente come quello di Chernobyl. Questa promessa, a detta dei tecnici, è mantenuta dalle centrali EPR.
Ma la storia dimostra che per mantenerla, questa promessa, il prezzo diventa piuttosto alto. La centrale EPR realizzata a Flamanville, in Francia, ha subito una costellazione di piccoli incidenti che, anche se non hanno messo a repentaglio la sicurezza ambientale e sanitaria, hanno ridotto l’efficienza del sistema, facendone lievitare i costi.
E proprio il conto economico sta creando malumore in Finlandia: l’unico paese straniero cui i francesi sono finora riusciti a vendere una centrale EPR. Si tratta della centrale in costruzione a Olkiluoto che doveva diventare operativa proprio quest’anno. Autorizzata nel 2002, ha visto i lavori iniziare solo nel 2005 e andare incontro a una serie di intoppi che se ne prevede la consegna solo nel 2012, con tre anni di ritardo e con un costo salito da 3,2 a 4,5 miliardi. Insomma, i finlandesi sono piuttosto delusi e anche pentiti.
Anche perché nel frattempo hanno scoperto che esiste un imprevisto problema scorie. Un paio di rapporti indipendenti redatti rispettivamente dalla Posiva, l’azienda finlandese che gestisce le scorie radioattive, e dalla svizzera Nagra – ripresi dalla stampa inglese (The Independent) e americana (The International Herald Tribune) – sostengono che in una centrale EPR vi potrebbe essere una maggiore produzione di scorie ad alto livello di radioattività. Una tipologia di rifiuti che neppure il più attrezzato impianto europeo di trattamento, quello francese di La Hague, sarebbe attrezzato per smaltire e la cui gestione farebbe ulteriormente lievitare i costi.
È per queste ragioni che, a differenza di quanto affermato dal presidente Sarkozy, la Francia non è riuscita a vendere a nessun altro le centrali EPR. Né alla Cina, né all’India, né Al Sud Africa, nè a una serie di paesi africani che pure sembravano interessati ad acquistare. Alcuni di questi paesi hanno firmato a un generico memorandum d’intesa: ma, finora, nessuno ha assunto concreti impegni all’acquisto.
Per questo ha suscitato una certa meraviglia il fatto che Berlusconi abbia deciso di comprarne ben quattro. Forse il presidente del Consiglio italiano non ha calcolato che l’Italia dovrà staccare un assegno di circa 20 miliardi senza avere alcuna certezza che le centrali cominceranno a produrre davvero energia a partire dal 2020.
Tenuto poi conto che anche a regime le 4 centrali soddisferanno appena il 4 o 5% della domanda di energia complessiva del paese, che continueremo a dipendere dall’estero per l’approvvigionamento del combustibile (l’uranio), che l’investimento andrà quasi tutto a beneficio dell’industria francese con scarsa ricaduta (sia in termini economici sia in termini di acquisizione di un know-how autonomo) e che comunque da qui al 2020 l’investimento non aggredirà nessuno dei problemi energetici ed ecologici del nostro paese, ci chiediamo se non abbiano davvero ragione gli ambientalisti francesi quando dicono che il piazzista Sarkozy ha rifilato un bidone al piazzista Berlusconi.
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