Salgono a tre le cause contro l’Italia mosse da investitori esteri tramite i meccanismi di arbitrato internazionale per la risoluzione delle dispute sugli investimenti. La clausola Isds è da mesi uno dei punti caldi del negoziato Ttip e su entrambe le sponde dell’Atlantico ha sollevato numerose critiche
Nel pieno dell’estate sono arrivati il secondo e terzo caso contro l’Italia mossi da investitori esteri tramite i famigerati meccanismi di arbitrato internazionale per la risoluzione delle dispute sugli investimenti, noti in inglese con l’acronimo ISDS (che sta per Investor-to-State Dispute Settlement). La clausola ISDS è da mesi uno dei punti caldi del negoziato Ttip, l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti, e su entrambe le sponde dell’Atlantico ha sollevato le critiche di numerose parti politiche, di tutta la società civile, dei sindacati e anche di una parte dell’industria.
L’Italia ha da sempre la clausola ISDS inserita nei suoi accordi bilaterali sugli investimenti con i paesi in via di sviluppo, giustificandola con la necessità di garantire agli investitori italiani tribunali imparziali in paesi dal vacillante stato di diritto. Ma con i cambiamenti della geografia economica mondiale la clausola ISDS è stata anche azionata da investitori dei paesi emergenti contro i governi dei paesi ad economia avanzata. Il nostro paese ha avuto la prima citazione nel 2014 da parte di alcuni investitori nord-europei che si ritenevano svantaggiati dal taglio dei sussidi statali a favore dell’energia fotovoltaica. Una riduzione per altro contestata anche da alcuni investitori italiani, perché considerata un cambio di legislazione retroattivo.
Nel secondo caso registrato il 7 luglio scorso alla Camera di commercio di Stoccolma sono la danese Greentech Energy Systems e il fondo lussemburghese Novernergia ad accusare il governo italiano per la stessa riduzione dei sussidi alle rinnovabili. Il terzo caso, datato 11 agosto e a cui dovrà rispondere l’Avvocatura dello Stato in un tribunale nominato ad hoc nel forum dell’ICSID della Banca mondiale, ha risvolti ancora più inquietanti.
Infatti se nei primi due casi suscita perplessità il fatto che investitori registrati nell’Unione Europea si rivolgessero ad opachi arbitrati internazionali e non alle corti italiane, ed in caso alla Corte europea di giustizia se non soddisfatti dell’esito processuale, nel terzo caso troviamo un investitore americano che muove la sua accusa tramite una società di comodo registrata in Europa. Il sito dell’ICSID – https://icsid.worldbank.org/apps/ICSIDWEB/cases/Pages/casedetail.aspx?caseno=ARB/15/37 – ci dice che gli uffici legali Dentons Europe, Francia, e l’italiano Pavia ed Ansaldo rappresenteranno la presunta parte lesa, che è la letterbox company Silver Ridge Power BV registrata in Olanda. Società di comodo numero 24421209 registrata l’11 settembre 2007 ad Amsterdam – ironia della sorte! – nell’italianissima Barbara Strozzi Laan 201. La Silver Ridge Power, ex AES Solar, è di fatto una multinazionale con base negli Stati Uniti specializzata in impianti ad energia solare.
E’ giusto ricordare che tutti e tre i casi impugnano il dettato dell’Energy Charter Treaty, trattato internazionale da cui il governo italiano ha deciso di uscire a sorpresa – unico dopo la mancata ratifica della Russia di Putin – ad inizio del 2015. Purtroppo, anche se la decisione di lasciare il trattato sarà confermata ufficialmente entro fine anno, il meccanismo di arbitrato rimarrà in vigore per ben venti anni! E’ lecito a questo punto chiedersi se l’escalation di casi contro l’Italia di investitori internazionali, fuori dalle corti nazionali, continuerà.
Visto come l’ISDS sta diventando una clausola capestro che si ritorce contro il nostro paese, sarebbe il caso di rifletterci più di una volta prima di sostenere che un ISDS, seppur riformato, debba essere incluso nel Ttip.
Articolo pubblicato su www.recommon.org
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