Cosa sta succedendo al mercato dell'auto? Da un lato la crisi di Psa, Fiat, Opel; dall'altro il successo della Vw: che vende i due terzi delle auto fuori dall'Europa
Cosa succede alla PSA
La notizia non è di quelle che riempiono di felicità: la società PSA ha annunciato il taglio entro il 2014 di 14.000 posti di lavoro, di cui ben 10.000 in Francia, in particolare, tra l’altro, con la chiusura di un impianto di produzione in territorio metropolitano; sono peraltro toccate dai licenziamenti non solo le linee di montaggio, ma anche la ricerca e sviluppo e gli uffici centrali dell’azienda. Come è stato già sottolineato, dal momento che ogni posto di lavoro diretto nel settore dell’auto ne sostiene indirettamente altri tre o quattro, la perdita netta nel paese transalpino potrebbe arrivare sino a 50.000 unità lavorative; certamente una tragedia.
Il presidente Hollande e il governo francese, le cui prime dichiarazioni sono state molto dure nei confronti dell’azienda – è stato così, tra l’altro, sottolineato come negli ultimi anni la società abbia ottenuto circa 8 miliardi di euro di denaro pubblico sotto varie forme –, cercheranno probabilmente di fare tutto il possibile per ridimensionare l’evento, ma le leve di cui essi dispongono non sembrano essere alla fine molte. In ogni caso il governo ha da tempo annunciato per la fine di luglio un piano di sostegno al settore.
Così la nuova presidenza della repubblica incontra subito un grande problema sul suo cammino – il sospetto è, anzi, che l’annuncio ufficiale dei guai, di cui si sussurrava da tempo, sia stato rimandato di proposito a dopo le elezioni –; questo in un momento in cui l’economia del paese non sembra presentare prospettive molto brillanti, anche se esse appaiono certamente migliori di quelle italiane e in cui l’altro grande costruttore, Renault, sembra invece godere di migliore salute.
Alle origini delle difficoltà
Quali sono i fattori che sembrano essere all’origine della crisi?
• pesa intanto certamente sulla PSA la caduta del mercato francese ed europeo, indotto, tra l’altro, dalle politiche di austerità che si diffondono e si approfondiscono quasi dappertutto nel nostro continente, anche se la perdita di vendite in Francia appare certamente meno drammatica di quella che si verifica da noi; in effetti in Italia, rispetto ad una punta massima di 2.400.000 auto vendute qualche anno fa, assisteremo nel 2012 probabilmente ad un calo di circa 1.000.000 unità, almeno secondo le previsioni, mentre in Francia la riduzione sarà di alcune centinaia di migliaia di pezzi, collocandosi intorno all’8-9% nel 2012 rispetto all’anno precedente. Comunque la PSA soffre anche per la caduta del mercato, oltre che in Francia, in Italia e in Spagna, paesi nei quali essa ha una presenza di rilievo. In ogni caso, il segnale che viene dalla società appare preoccupante anche perché quella annunciata potrebbe essere in Europa la prima di una lunga serie di chiusure e ristrutturazioni in vari settori, oltre a quello dell’auto. Intanto Arcelor Mittal, il numero uno mondiale della siderurgia, fa intravedere la prossima riduzione di 6.000 posti di lavoro nel continente.
• quasi ovviamente il presidente del direttorio della PSA, Ph. Varin, ha dato la colpa dei guai al costo del lavoro che in Francia, secondo lui, sarebbe il più elevato di tutto il continente europeo. Ma i dati mostrano in realtà (Camaert, 2012) che il costo orario nel settore dell’auto è pari in Germania a 43, 14 euro, contro i 33,38 euro della Francia.
Pesa sulla crisi anche, se non soprattutto, la troppa dipendenza del costruttore transalpino dal mercato europeo. Mentre il gruppo Volkswagen realizza i due terzi delle sue vendite al di fuori dell’Europa e la Renault il 47%, la PSA si colloca intorno al 40%. Tra l’altro, sul mercato cinese la società, pur essendovi presente da moltissimi anni, vende meno di 400.000 vetture (peraltro la Fiat non vi vende quasi nulla) contro una cifra di 1.700.000 per Volkswagen. Ma la casa francese ha puntato, in Cina come altrove, su modelli sostanzialmente obsoleti, mentre i produttori tedeschi vi collocano da tempo le loro vetture di avanguardia.
Come al solito, in Francia come in Italia, gli errori delle imprese ricadono poi sostanzialmente sui suoi dipendenti, mentre il management e gli azionisti alla fine in qualche modo se la cavano quasi sempre.
• pesano sul gruppo, come sulla Fiat, le ridotte dimensioni, che si traducono oggi intorno alla cifra di 4 milioni di vetture prodotte ogni anno (come grosso modo nel caso Fiat-Chrysler), contro una Renault-Nissan che ne colloca 8 milioni, per non parlare di Toyota, di Volkswagen o di General Motors che superano tranquillamente tale barriera. Solo da poco la società ha annunciato un importante accordo di partnership con la General Motors, i cui effetti si faranno peraltro sentire solo tra quattro anni.
• al contrario del gruppo Fiat, invece, la società francese ha portato avanti nell’ultimo periodo una politica di rinnovamento costante della sua gamma di modelli, gamma che oggi sembra almeno in parte adeguata alla domanda dei consumatori – peraltro essa si presenta debole, come per la Fiat, sulla fascia alta del mercato, di gran lunga la più redditiva.
La freschezza dei modelli evidentemente non è bastata, anche se bisogna ricordare che la presenza di PSA in Europa ha un ben altro rilievo di quella della Fiat; in effetti, la casa di Torino si è oggi ridotta ad ottenere appena il 6% di tale mercato, mentre PSA è pur sempre il secondo produttore del continente, con circa il 13%. Le due società francesi controllano in ogni caso ancora circa il 55% del loro mercato nazionale, contro soltanto uno scarso 30% della Fiat in Italia.
La Fiat e gli altri produttori
La notizia è in ogni caso un bruttissimo segnale, in prospettiva, anche per il nostro paese. Marchionne, a questo punto, si sentirà forse politicamente e psicologicamente riconfortato nel perseguire la già minacciata politica del taglio di un altro stabilimento, tanto più che una strategia apparentemente suicida di scarso rinnovamento della gamma dei modelli sta portando l’azienda ad essere una attore sempre più marginale del mercato, almeno nel nostro continente. Alla fine dell’anno la Fiat avrà poi prodotto in Italia soltanto circa 400.000 vetture – a questo punto altro che il milione e quattrocentomila pezzi promessi per il 2014 –, che potrebbero essere tutte approntate in un unico sito produttivo.
Intanto, sul mercato brasiliano, che era molto redditivo per il gruppo torinese, si addensano nubi potenzialmente minacciose, dal rallentamento di quella economia e in particolare dalle crescenti difficoltà del credito al consumo all’accentuarsi della lotta concorrenziale. Anche la vicina Argentina vede crescere i pericoli di rallentamento.
La ventilata chiusura del quartier generale di Torino e il suo spostamento a Detroit appare a questo punto anch’esso un evento ancora più plausibile.
Alla Opel, l’altro grande malato di questa partita, l’amministratore delegato K.-F. Stracke, è costretto alle dimissioni, dopo solo un anno dal suo insediamento, a motivo del cattivo andamento delle vendite e dei risultati economici della società. Si tratta del quarto responsabile che viene liquidato in tre anni. Anche Stracke aveva fatto intravedere la chiusura di un’unità produttiva in Germania.
Nel frattempo non solo la Volkswagen, ma anche la Daimler Benz e la BMW annunciano risultati record per l’anno in corso e per quelli a venire per quanto riguarda vendite e profitti ed anche la Renault sembra dormire sonni abbastanza tranquilli. Certamente più tranquilli di quelli dei dipendenti del gruppo Fiat.
Contemporaneamente sia a livello di Unione Europea che del nostro paese si varano dei molto improbabili piani per la crescita.
Testo citato nell’articolo
• Camaert S., Cout du travail: les exagerations du patron de PSA, www.lemonde.fr, 13 luglio 2012
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