La zona euro non uscirà dalla crisi quest’anno e neppure il prossimo. Le previsioni pessimistiche sono dell’Osservatorio francese delle congiunture economiche (Ofce) e fanno seguito a un analogo pessimismo dell’Fmi
PARIGI. Dalla Grande Recessione alla Deflazione. Nel giorno in cui la Francia ha trasmesso a Bruxelles le previsioni economiche e le misure del cosiddetto consolidamento di bilancio (cioè gli sforzi di bilancio per rientrare nei parametri di Maastricht), l’Ofce www.ofce.fr mette in guardia contro la persistenza sulla strada del rigore per la zona euro. “I paesi sviluppati rimarranno impantanati nel circolo vizioso di un aumento della disoccupazione, di una recessione che si prolunga e di dubbi crescenti sulla sostenibilità delle finanze pubbliche”. L’Fmi ha espresso già da mesi dubbi sulla possibilità di applicare la scelta del rigore ad ogni costo, ma la Commissione europea non cambia posizione.
“Il proseguimento di questa strategia di bilancio – dice l’Ofce – porta in sé il germe della deflazione salariale nei paesi più colpiti dalla disoccupazione”. Gli aggiustamenti messi in atto nella zona euro negli ultimi anni sono i più alti mai realizzati al mondo: l’esempio limite è la Spagna, che dal 2011 ha perso 8 punti di Pil e che con 6 milioni di disoccupati è ormai vicina alla rottura sociale. Quest’anno, nella zona euro il Pil cederà lo 0,4% mentre nel 2014 dovrebbe esserci una crescita minima dello 0,9%, “insufficiente per permettere un calo della disoccupazione”.
Per l’Ofce, se la zona euro non cambia politica, cioè non allunga i tempi per rientrare nei parametri aspettando che i moltiplicatori – oggi alti nella maggioranza dei paesi, Germania esclusa – tornino alla normalità, ci sarà “una pressione deflazionista”, sul modello di quello che succede già ora in Grecia e in Spagna: per guadagnare produttività, i paesi in crisi saranno costretti ad abbassare i salari e di conseguenza anche gli stati non in deflazione saranno spinti sulla stessa strada. In altri termini, la deflazione rischia di contagiare tutti i paesi della zona euro. Con il risultato, che a prima vista può sembrare paradossale, di far aumentare il debito, la cui diminuzione era invece all’origine delle politiche di rigore.
“I debiti, che si cerca di diminuire dall’inizio della crisi, si apprezzeranno in termini reali – spiega Xavier Timbeau dell’Ofce – la deflazione attraverso il debito diventerà il nuovo vettore della trappola della crisi”. Per l’Ofce, in altri termini, la crisi attuale, più che essere originata dal debito è accentuata dalla politiche di restrizione dei bilanci. Se in Francia non ci fosse l’austerità – negata dal primo ministro, Jean-Marc Ayrault e dal ministro delle finanze Pierre Moscovici – il potenziale di crescita sarebbe del 2,6%. Ma la produzione industriale è in calo per mancanza di domanda e, peggio ancora – mette in guardia l’Ofce – se queste politiche continuano sarà la capacità produttiva a venire distrutta, come è già successo in alcuni paesi della periferia della zona euro. Allora il paese entrerebbe in un tunnel drammatico. Dopo una stretta di 36 miliardi quest’anno, la Francia proseguirà nel 2014 con un altro aggiustamento di 20 miliardi, per far accettare da Bruxelles l’aver rimandato al prossimo anno il rientro sotto il 3% (2,9%) del deficit pubblico, quest’anno del 3,7% per il governo (o 3,9% secondo l’Fmi, che per il 2014 prevede comunque uno sfondamento intorno al 3,4-3,5%).
Nel giorno del funerale di Margaret Thatcher, siamo ancora ancorati a Tina: “There is no alternative”? Dire che non si può fare altrimenti, che il consolidamento è la sola alternativa, “fa dimenticare i rischi che vengono presi oggi – analizza Timbeau – la deflazione, il persistere della disoccupazione di massa, la disgregazione dello stato sociale, il discredito sulla politica, la diminuzione del consenso all’imposizione fiscale portano in sé delle sorde minacce le cui conseguenze possiamo solo intravvedere”. Ma “un’alternativa esiste – conclude l’economista – passa per la mutualizzazione dei debiti pubblici della zona euro; richiede un salto verso un trasferimento di sovranità, chiede di completare il progetto europeo”.
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