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Il sogno chiuso in bunker

22/04/2015

Saskia Sassen aveva portato l’attenzione sulle “espulsioni” che si verificano a livello mondiale in un libro in cui si mettono in luce logiche e procedure, ma soprattutto emerge un processo ormai in atto: via via si ridefiniscono, stravolgono anche, confini, rapporti, “margini” tra sistemi ed economie “nazionali” come tradizionalmente intesi.

Da parecchio tempo – sui media e nel dibattito politico – si parlava molto poco dei “profughi”: di quanti, e come, quelli che arrivano, e di quelli che non ce la fanno. Cosa si trovano ad affrontare una volta qui; come si vive nelle strutture di accoglienza. Del loro “dopo”, non si sa nulla. Con i drammatici sbarchi di questi giorni torniamo a sapere dei morti in mare, delle operazioni di salvataggio: e di numeri altissimi. Uno spazio di attenzione si è aperto.

Abbiamo sentito di persone che sono oggetto, prima di essere imbarcate, di pesanti trattamenti. Che alcuni vengono “selezionati”, esclusi. E però in qualche modo era emerso già nei mesi scorsi che dietro a queste “operazioni” potesse esserci un sistema “internazionale” di illegalità. Ci troviamo di fronte a processi, e alla loro complessa problematicità, che non si potranno più lasciare ai margini della comunicazione mediatica e del dibattito pubblico: anche a livello internazionale.

In un libro uscito lo scorso anno Saskia Sassen aveva portato l’attenzione sulle “espulsioni” che si verificano a livello mondiale: Expulsions, appunto (Harvard University Press, 2014). Si mettono in luce logiche e procedure, ma soprattutto emerge un processo ormai in atto: via via si ridefiniscono, stravolgono anche, confini, rapporti, “margini” tra sistemi ed economie “nazionali” come tradizionalmente intesi.

“Espulsi”, appunto, da paesi dove le condizioni rendono impossibile che si continui a viverci: si guarda alla Grecia negli anni scorsi; in molte parti dell’Africa danni ambientali, e iniziative “internazionali” di sfruttamento del territorio, costringono settori consistenti della popolazione ad andarsene: questa la sola strategia possibile per sopravvivere. I numeri: alla fine del 2011 – l’ultimo anno per il quale erano disponibili dati – si parla di 42 milioni di displaced, persone in fuga da guerre; da territori colpiti da eventi climatici gravemente dannosi; per condizioni di estrema povertà.

Dunque, le vaste parti del mondo dove è impossibile trovare lavoro, mezzi di sussistenza; dove il vivere è sconvolto da operazioni belliche, bombardamenti. Sono pesanti anche i dati disponibili per il decennio precedente; ed è scontato un forte aumento negli anni successivi. Nel quadro mondiale sono sempre più pesanti le condizioni in zone segnate da guerre, episodi di terrorismo, stragi, e altre forme di violenza.

Il libro analizza processi finora portati all’attenzione solo occasionalmente, e come eventi “locali”. L’analisi ricostruisce il quadro di processi e logiche, a livello “globale”, fino ad ora non messi in luce e Saskia Sassen ne parla come di una forma di “capitalismo estremo”: che si realizza “attraversando i confini”, appunto.

Imprenditori internazionali – sconvolgendo i sistemi esistenti e sfruttando le risorse locali – utilizzano in varie parti del mondo l’acqua, i terreni, e altre risorse per realizzare progetti “innovativi”, e profitti. Anche in ambito industriale, e nello sviluppo delle “nuove tecnologie”, si realizzano iniziative in parti del pianeta che in passato erano caratterizzate da usi tradizionali. La rilevanza economica di queste operazioni è considerevole, e certo è destinata ad aumentare. Certo, non se ne parla.

Dunque, rendere visibili le strategie alla base di questi processi, che sono componenti in parte inedite – e però fondamentali – per sviluppi futuri dell’“economia globale”: questo l’obiettivo del libro. Operazioni che sono tenute il più possibile nascoste; e però programmate, organizzate, finanziate con considerevoli risorse; e in crescita, a livello mondiale.

Si tratta “di dinamiche che si realizzano in differenti condizioni e con molteplici meccanismi, e che prendono corpo in varie parti del mondo… percorsi e progetti trasversali rispetto ai territori e ai confini tradizionali”. Questo il quadro che nel libro si delinea: la dimensione è “globale”. Ancora: “Gli ambiti interessati sono molti, crescono, si diversificano… è necessario che questi processi vengano nominati, concettualizzati”. “Pesano sul futuro”; certo. E “che gli espulsi siano resi visibili…”

È un prospettiva inconsueta, quella proposta – con analisi, dati, riferimenti complessi, in un libro di oltre duecento pagine –; una prospettiva che certo ci riguarda.

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