Renzismo alla prova/Con la guida di Renzi la macchina Italia saprà affrontare tutte le curve, ha scritto il Sole24Ore. Sempre che il motore non si ingrippi
La voce più critica che gira su Matteo Renzi è che il presidente-segretario non sopporta le critiche. Egli chiede e ottiene la rimozione dei giornalisti che gli appaiono contrari. Non manda il Kgb, ammesso che ne abbia uno a disposizione; si serve piuttosto, sempre stando al sentito dire, di un avvertimento ai direttori dei giornali: «Quello lì non lo invitiamo più». I direttori capiscono e si affrettano a cambiare inviato e ad attenuare i toni. D'altro canto Renzi si muove con una tale rapidità, agisce a ogni ora del giorno, tutti i giorni, che un quotidiano non può permettersi di essere tagliato fuori. Non invitato, privo quindi di servizi di attualità politica, per l'assenza del proprio reporter, avrebbe l'impressione di non avere niente da dire il giorno dopo: solo furti in appartamenti e, ben che vada, incidenti stradali, con grave scontentezza dell'editore.
Renzi non le manda a dire. Il fatto è che, in senso proprio, non si fida di nessuno. Così è lui stesso che avverte l'Unità: «Non serve avere due giornali» e tutti capiscono che è vicina la fusione dei due quotidiani del partito: l'Unità ed Europa. Quello fondato da Antonio Gramsci e l'altro. «Dobbiamo metterci in sicurezza – ha spiegato Renzi – non possiamo permetterci due giornali diversi, due storie diverse, dobbiamo tutelare quello che è un brand. Le nostre feste devono tornare ad essere quelle dell'Unità». In sottofondo, applauso dell'assemblea. Si può capire: Renzi parla direttamente al popolo e lo raggiunge con le sue brevi frasi tempestive, tipo su Twitter; i giornali e i notiziari televisivi moltiplicano e ripetono i suoi messaggi. Gli avversari vi si aggrappano, i comici ne fanno un successo. Le brevi frasi servono ai capi, come servivano a Mussolini che mancando di altro aveva l'abitudine di scriverne di simili sui muri. Inoltre ci sono le presenze in scena, in pubblico o nella più ristretta sede della conferenza politica, tutte magnificate dalla televisione e dai media. Altri capi di Stato e di governo si sono accontentati dei cinegiornali e più tardi delle prime incerte trasmissioni televisive. Rivisitarli, a distanza di decenni, fa sorridere. Sembra di tornare dal mare oscuro alla chiara sponda della democrazia.
Renzi è molto serio: «Trovo sorprendente che tutte le volte che c'è un tentativo di fare una battaglia in Europa, uno prende l'aereo e non fa in tempo ad atterrare che una parte del suo partito, ancorché minoritaria, riapre discussioni che sembravano chiuse. Un atteggiamento che si giudica per quello che è e che non ha bisogno di parole ulteriori». (Renzi e le riforme: «L'accordo terrà», Barbara Fiammeri, Il Sole 24 Ore, 28 giugno 2014). «Il Sole» sa quello che vuole e quello che si vuole dalle sue pagine. Così domenica 29 giugno titolava «Il pilota e il motore». Chi sia il pilota lo sappiamo. Roberto Napoletano, il direttore, a scanso di dubbi, ce lo ripete: «Siamo sicuri che la forza politica e l'energia di Renzi assicurano alla macchina italiana una guida capace di affrontare tutte le curve». Ci permettiamo di suggerire la massima attenzione al motore della macchina, perché non perda i giri, o, peggio, si ingrippi. Del resto il giorno prima Giorgio Squinzi presidente di Confindustria ed editore sostanziale del quotidiano ha anticipato la metafora: «Il governo ha un motore di F1 di altissima potenza, mi auguro poi riesca a scaricarla per terra, perché questo è quello che conta; io resto fiducioso». Ma il motore cos'è?
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